Wrong
Wrong
Dei delitti, delle pene e delle legnate sui denti in quantità tale da ricordarsene a vita. Curriculum sintetico, perché lo sappiate senza dovervi affaticare troppo: nella formazione dei novellini Wrong suonano ex membri di Kylesa (il batterista Eric Hernandez, qui voce e chitarra), Torche e Capsule (ancora Hernandez, lì al basso, e il secondo chitarrista Ryan Haft). Che è un po come scrivere: metal, sludge e hardcore old school tutti insieme a far combriccola. Li si conosce, questi ritrovi: una birra dietro laltra, una parola di troppo, e la rissa è servita. Ecco, lurlo di Begbie in faccia al motociclista che si ritrova la fidanzata grondante sangue da cima a piedi per un boccale di vetro di troppo casualmente infrantosi sulla sua testa (pausa: respiro), proprio quellurlo fa da collante ai dieci, rumorosissimi brani del s/t desordio del quartetto di Miami (primo vagito ufficiale, dopo lEP del 2014 Stop Giving uscito per Robotic Empire).
Per chi, ventanni fa, ha seguito con adorazione e trepidazione le epopee della gentaglia che contava (non serve stare qua a specificare i nomi), il disco dei Wrong sarà un piacevole ceffone in pieno volto, unesplosione in grado di riportare alla memoria tutti i più bei ricordi dellepoca. Di cocci, voragini e bruciature è disseminato il sentiero di Fake Brains, che apre con una head à la Big Black, si inventa dal nulla un intermezzo post-core e deraglia in unaccozzaglia chitarristica che ridicolizza in un delirio cacofonico di rara potenza i duelli dei guitar heroes heavy metal. Il passo arcigno delle sei corde di Boil viene infranto ripetutamente da un feedback ostile, prima di indovinare il crescendo art-noise à la Psychic Paramount. Cè matematica e senso delle proporzioni, nella furia chirurgica dei 7/8 di Read Erase (a un passo dai Converge) e nelle massicce volumetrie Unsane di Humdrum: un suono tentacolare, solo apparentemente monocromatico, in grado di passare dagli spasmi schizofrenici della More Like di apertura, alle bordate oxbowiane di Mucilage, al post-grunge in macerazione riletto dagli Helmet nellintensa High Chair (quattro minuti che valgono quanto una suite di quaranta). Fino ad indovinare il singolo perfetto, una tellurica Entourage che, senza preavviso, si apre a splendide soluzioni melodiche degne dellalt metal novantiano (con un occhio, e qualcosa di più, puntato dritto sullemo).
Alla fine si contano i danni: gli occhi sono tumefatti, le labbra gonfie, i denti sbeccati, le orecchie saturate. Ma il sorriso sul volto, quello sì che è davvero reale.
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