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R Recensione

7/10

Wrong

Wrong

Dei delitti, delle pene e delle legnate sui denti in quantità tale da ricordarsene a vita. Curriculum sintetico, perché lo sappiate senza dovervi affaticare troppo: nella formazione dei “novellini” Wrong suonano ex membri di Kylesa (il batterista Eric Hernandez, qui voce e chitarra), Torche e Capsule (ancora Hernandez, lì al basso, e il secondo chitarrista Ryan Haft). Che è un po’ come scrivere: metal, sludge e hardcore old school tutti insieme a far combriccola. Li si conosce, questi ritrovi: una birra dietro l’altra, una parola di troppo, e la rissa è servita. Ecco, l’urlo di Begbie in faccia al motociclista che si ritrova la fidanzata grondante sangue da cima a piedi per un boccale di vetro di troppo casualmente infrantosi sulla sua testa (pausa: respiro), proprio quell’urlo fa da collante ai dieci, rumorosissimi brani del s/t d’esordio del quartetto di Miami (primo vagito ufficiale, dopo l’EP del 2014 “Stop Giving” uscito per Robotic Empire).

Per chi, vent’anni fa, ha seguito con adorazione e trepidazione le epopee della gentaglia che contava (non serve stare qua a specificare i nomi), il disco dei Wrong sarà un piacevole ceffone in pieno volto, un’esplosione in grado di riportare alla memoria tutti i più bei ricordi dell’epoca. Di cocci, voragini e bruciature è disseminato il sentiero di “Fake Brains”, che apre con una head à la Big Black, si inventa dal nulla un intermezzo post-core e deraglia in un’accozzaglia chitarristica che ridicolizza – in un delirio cacofonico di rara potenza – i duelli dei guitar heroes heavy metal. Il passo arcigno delle sei corde di “Boil” viene infranto ripetutamente da un feedback ostile, prima di indovinare il crescendo art-noise à la Psychic Paramount. C’è matematica e senso delle proporzioni, nella furia chirurgica dei 7/8 di “Read… Erase” (a un passo dai Converge) e nelle massicce volumetrie Unsane di “Humdrum”: un suono tentacolare, solo apparentemente monocromatico, in grado di passare dagli spasmi schizofrenici della “More Like” di apertura, alle bordate oxbowiane di “Mucilage”, al post-grunge in macerazione riletto dagli Helmet nell’intensa “High Chair” (quattro minuti che valgono quanto una suite di quaranta). Fino ad indovinare il singolo perfetto, una tellurica “Entourage” che, senza preavviso, si apre a splendide soluzioni melodiche degne dell’alt metal novantiano (con un occhio, e qualcosa di più, puntato dritto sull’emo).

Alla fine si contano i danni: gli occhi sono tumefatti, le labbra gonfie, i denti sbeccati, le orecchie saturate. Ma il sorriso sul volto, quello sì che è davvero reale.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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zagor 7,5/10

C Commenti

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zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 13:54 del 14 dicembre 2016 ha scritto:

bravo Marco, segnalazione interessante e recensione preziosa. I loro riferimenti si snodano chiaramente nei sentieri noise/metal della New York primi anni 90 ( Helmet, Prong, Unsane) come dici te, ma rileggono il tutto con discreto savoir faire.

Marco_Biasio, autore, alle 14:16 del 14 dicembre 2016 ha scritto:

Diamine zag, i Prong! Hai ragionissima, non so come ho fatto a non citarli. Grazie mille comunque del passaggio e dei complimenti!

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 22:23 del 14 dicembre 2016 ha scritto:

eheheh i Prong sono una mia vecchia passione, "beg to differ" del 90 disco fondamentale in ambito metal, chiude gli anni 80 sotto una gragnola di riff intricatissimi ed efferati aprendo nuove strade alle varie contaminazioni del genere. Tommy Victor rules!