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R Recensione

6/10

Eimog

Scenario

Agrigento non è Reykjavìk (Islanda), ma le vibrazioni non sono mai state così affini come in questo caso. Poi certo, attraversando mari e oceani, il suono (quello dei Sigur Ros, per chi non l’avesse capito) ha smaltito la sua boria glaciale, trovando conforto nel calore dello scirocco e abbracciando la vista di cannoli e frutta candita. Spetta quindi agli Eimog (e alla neonata Sudway) il compito di declinarne le movenze, integrando il discorso coi cromatismi di scuola Explosions In The Sky, le suggestioni cameristiche dei Rachel’s, qualche disadorna stranezza alla GYBE. Questi i riferimenti del gruppo siciliano, non si scappa. Eppure nei suoi flussi strumentali (sei pezzi, mai sotto i cinque minuti e con punte oltre i dieci), nelle dinamiche studiate al millimetro, in quelle geometrie di cristallo, si nasconde l’incostante grazia di un “desiderio d’amore”; si galleggia, più morti che vivi, in una placenta vermiglia (“Madre”) dove la regola è aprire (aprirsi) all’infinito e contemplare i rigagnoli di una gioia amara come la sconfitta.

A dispetto di un opening vagamente “labradfordiano”, tutto bordoni d’organo e nastri al contrario, “Saved By Thirteen” evolve in violino/violoncello, dosaggi misurati di chitarre, spazzole raggrinzite, e un coda di tom tom delicatissimi, sonnacchiosi quel tanto che basta per farti scivolare sul marzapane di un sogno. È in questa direzione che si dipana un po’ tutto lo “Scenario” di riferimento, sui sentieri untuosi di un fraseggio sentimentale (le rarefazioni timbriche e i duetti delle sei corde su “Building Empires Upon This Landscape”, l’episodio migliore del lotto) un dialogo amoroso tutto sospiri (i bassi gemelli in “Jana”), l’amore immaginato di due estranei che si fissano, giusto un secondo, separati dalla vetrina di un bar (“Until Death Do Us Part”). Lirismo a tratti sovrabbondante, barocco ma squisitamente “vocale”, anche laddove l’arpeggiare tende alla ridondanza e la compattezza strumentale corrode il velo di sottile poesia (“May Tries To Be June”).

Pecca d’eccessiva omogeneità, “Scenario”, così come di una forse eccessiva aderenza ai moduli tradizionali, quelli forgiati dalla seconda generazione di post-rockers. Però nella sua prostrazione emana una luce peculiare, distintiva; un tenero bagliore che gli Eimog e il producer Toti Valente (batterista degli Albanopower) incapsulano, sonorizzano e mandano in loop da qui all’eternità. Se sapranno emanciparsi – almeno in parte – dal loro background, faranno grandi cose.

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Roberto_Perissinotto alle 12:18 del 10 marzo 2010 ha scritto:

...ma perchè ogni volta che si parla dei Sigur Ròs ci si mette sempre in mezzo un termine negativo? non saranno il massimo della simpatia, ma musicalmente non mi pare che meritino tante critiche...

loson, autore, alle 15:54 del 10 marzo 2010 ha scritto:

D'accordissimo.

Bellerofonte alle 22:44 del 6 aprile 2010 ha scritto:

Ce ne Fossero come i Sigur Ròs