Explosions In The Sky
All Of A Sudden I Miss Everyone
La curiosità era tanta per questo nuovo album degli Explosions in the Sky. All Of A Sudden I Miss Everyone arriva infatti dopo quattro anni di silenzio e soprattutto dopo una sequenza di album ottimi che hanno probabilmente il proprio vertice in The Earth Is Not A Dead, Cold Place : uno standard qualitativo elevatissimo, difficile da sostenere in eterno, unito all’esigenza di svecchiare certi canoni ormai classici ma un pò stagnanti del post rock.
E va detto subito: il disco si fa ascoltare e presenta una qualità generale più che discreta.
La strutturazione in sei pezzi è una semplice convenzione: siamo in realtà siamo di fronte ad un unico, sterminato flusso musicale che vive di vita propria e si articola in diversi episodi e avventure musicali. La convenzione ci assiste però nell’individuare i picchi dell’album: primi tra tutti l’apripista The Birth And Death Of A Day (forse l’episodio più riuscito) e la successiva Welcome Ghosts.
Nella prima, divagazioni noise si intervallano con assolate note stampate in luoghi acronici e atemporali, rendendo magistralmente l’abilità del gruppo di passare da momenti di quiete desolante a stati di violenza sonora furoreggiante. La seconda, spicca, specie nella sua parte iniziale, per l’impasto di chitarre a creare un’atmosfera vagamente psichedelica.
Il resto dell’album prosegue più o meno sulla stessa lunghezza d’onda: accelerazioni e frenate chitarristiche, percussioni più o meno violente, bordate di feedback distorti prolungati e distensioni atmosferiche dalla vena acustiche e delicata, con vaghi rimandi ai Sigur Ròs. Gioco degli opposti, yin e yang, quiete e rumore, insomma, formula dell’alternanza che è ormai tipica del genere.
La cui riproposizione continua e reiterata rende però alla lunga l’ascolto scialbo e ripetitivo, divenendo limite, anziché peculiarità, dell’opera nel suo complesso.
E non è un limite esile. Che di fatto si paga dazio per una mancata evoluzione rispetto ai precedenti dischi, per un ripercorrere territori già esplorati a fondo da Mogwai, Godspeed You Black Emperor! e dalle altre colonne del post rock. Gruppi che hanno però nel frattempo tentato di evolvere il proprio sound e avventurarsi in nuovi lidi: si pensi a Mr.Beast dei Mogwai o alla metamorfosi dei nostrani Giardini Di Mirò con Dividing Opinions .
Non ci sono dubbi che il quartetto texano abbia le doti tecniche per effettuare svolte di questo tipo, o comunque di uscire, anche con piccole, abili manovre musicale, dalle secche inaridite di un post rock ormai eccessivamente codificato. Tutto sta a vedere se e quando ci sarà la volontà di rimettersi in discussione. Fino ad allora non resta altro da fare che suggerire per di volgere lo sguardo su iniziative musicali più coraggiose e stimolanti.
Tweet