Locrian
Return to Annihilation
I Locrian sono un trio di Chicago tenebroso ed inquietante, che si caratterizza per un sound caotico, rumoroso, spaventevole, in un crossover di black metal, noise e post-rock; eppure, accanto a questa tendenza metallica, accompagnano una vena più distesa che viene così a formare una nuance con la musica ambient. Nel 2012 avevano pubblicato un doppio album (The clearing / The final epoch), ricevendo molti apprezzamenti; son tornati un anno dopo con questo disco catastrofico, intento a distruggere ogni estetica musicale. Se diamo unocchiata alla strumentazione utilizzata in Return to annihilation ci rendiamo conto di come i tre americani si dilettino ad amalgamare i suoni più disparati: Steven Hess suona batteria e batteria elettronica Simmons SDS1, live electronics e timpani; André Foisy è laddetto alla chitarra elettrica ed acustica, al Moog Minitaur e al basso; Terence Hannum canta e suona sintetizzatori Arp e EDP Wasp, Moog Satellite e Little Phatty, MicroKorg, pianoforte e mellotron. Da un impasto tale di elettronica e rock dronico il risultato non poteva tradire le aspettative, che in realtà sono pressoché nulle.
Sin dal primo pezzo, Eternal return, i Locrian si fanno portatori di un metal molto poco metal, dove alle tipiche insofferenze dei Mayhem troviamo uninvidiabile sfumatura post-rock: il mood è quello frustrato e depresso del black metal, ma col placebo dei droni il risultato finale diventa molto più affascinante. Anche se siamo in presenza di unapologia della desolazione e del nichilismo, i Locrian riescono a rendere ogni traccia coinvolgente. In A visitation from the wrath of heaven il sentimento dominante è lossessione, con un martellamento ripetitivo di ben otto minuti; in Two moons abbiamo lidealtipo di post-rock di matrice statunitense, dove alle chitarre distorte si affiancano via via scampanii, infiltrazioni elettriche ed elettroniche, dilatando sempre più il ritmo della batteria; stesso discorso per Exiting the hall of vapor and light, in cui non cè traccia di concitazione, né di furia, né tantomento di violenza.
La title-track e Panorama of mirrors tornano invece al tema iniziale, miscelando il lato oscuro del metal con una certa rimembranza krautrock, fino a formare un pericoloso vortice di crudeltà sonora e mattanza infernale. Qui il trio di Chicago smonta pezzo a pezzo la struttura classica del rock per dar vita ad una creatura informe di chitarre infiammate, lontanissime voci urlanti e bordate di synth tali da creare un impatto sonoro senza precedenti. Infine, con Obsolete elegies (al violino qui cè Gretchen Koehler), i Locrian ci regalano un intensissimo quadrittico geologico: dallequilibrio gravitazionale di Isostasy alla vaporosa miscela ambientale di Digression of air, dallesoterismo scientifico di Thomas Browne di Hydriotaphia alla leggerezza del quarzo di In felsic splendor. Adesso è tutto più placido, la foga precedente è svanita per lasciare il posto ad una sorta di progressive in stile Tangerine Dream; lefferatezza dei Locrian sè piegata su sé stessa, sostituita da una profonda nostalgia delle cose che furono e non sono più.
Coerenti sino alla morte, nei quattro precedenti LP i Locrian avevano già sperimentato il mix di post-rock e scienze minerarie, ma con Return to annihilation si sono superati. Questo è un disco scontroso che comincia incendiario e finisce sfiancato, pur tra mille riverberi impetuosi; ed è proprio questa la sua forza: dimostrare che ogni entusiasmo umano deve fare i conti con lannientamento. Al pari, ogni opera musicale deve scontrarsi con la sua irrimediabile fugacità. Disco interessantissimo.
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