No-Man
Schoolyard Ghosts
Dei vari side-project tenuti in piedi da Steven Wilson dei Porcupine Tree, sicuramente quello No-Man è il più prolifico e sostanzioso. Attivo sin dalla prima metà degli anni novanta il duo è costituito dal tuttofare Wilson (oltre a suonare la maggior parte degli strumenti provvede a missaggio e produzione) con Tim Bowness a curare vocals & lyrics.
Cinque anni di distanza dal predecessore non spostano di molto le coordinate nelle quali si sono mossi i No-Man sino ad oggi, mood meditabondo e agrodolce, tra penetrazioni slowcore ed il post rock assorto dei Talk Talk, fino al pop progressivo di David Sylvian.
Se è pur vero, quantomeno per chi scrive, che l’album non raggiunge le vette d’ispirazione dell'ottimo Returning Jesus del 2001, il nuovo Schoolyard Ghosts consolida la reputazione cult del duo inglese, offrendo svariati momenti di densa emotività, le melodie dilatate di All Sweet Things regalano brividi voluttuosi a profusione, la seguente Beautiful Songs You Should Know, che ospita il basso fretless di Colin Edwin ed un violoncello di gradevole effetto, evidenzia la fascinosa timbrica vocale di Bowness, in grande spolvero per l’intera durata dell’album.
Non mancano ospiti illustri quali Pat Mastelotto, purtroppo impiegato con il contagocce, sue le fragorose percussioni nella sinistra Pigeon Drummer, e soprattutto Theo Travis, sassofonista/flautista tra i più quotati della recente British Jazz scene, figura di spicco in tre delle migliori tracce dell'album; la tormentata Wherever There Is Light sorretta dalla pedal steel guitar di Bruce Kaphan, la conclusiva Mixtaped in cui suoni e parole sono distillati con scrupolosa disciplina, e la lunghissima Truenorth, gioiello assoluto, autentico emblema del sound No-Man, peraltro impreziosita dagli archi della London Session Orchestra.
Certo, come sottinteso in precedenza, probabilmente non sarà questo il miglior lavoro in assoluto del duo inglese, una cosa però è certa: chi non si è mai ritrovato con la svolta prog-metal/hard/grunge dei Porcupine Tree degli ultimi anni, chi ha ancora nel cuore e nelle orecchie il quartetto inglese fino a Coma Divine, o al massimo Stupid Dream, potrà verosimilmente trovare soddisfazione in un disco dei No-Man, a patto che sia pronto a rinunciare ai virtuosismi di Mr. Steven Wilson.
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