Port St. Willow
Holiday
Estensione del sé antlersiano, Holiday; sicché, il primo full length del progetto Port St. Willow, non poteva che adottare soluzioni estetiche prossime a quelle di Silberman e compagni - propagandosi, però, in direzione di ampie texture ambientali. Ciò non appare inusuale: ché Nick Principe condivide coi newyorkesi (lo è anchegli) non solo un simbiotico ed esclusivo scorcio visionario, bensì anche unamicizia di lunga data, così come un breve, ma ispirato, sodalizio artistico (Principe e il frontman degli Antlers, compagni di studi in passato; nonché di precoci esperienze chamber rock).
Se nell'ultimo Undersea si sprofonda negli abissi (marini), qui ci si eleva, da lì, fin nelletere. E mantenendo, al contempo, quella purezza metafisica propria dei Sigur Ros: ossia, facendo leva su dun connotato emotivo, epico e intimo insieme, di grande impatto; via cui, sovente, sopraggiungono nei flussi intarsi dreamy, tastiere come cristalli (Hollow), e un falsetto inviolabile, fragile (si stenta a credere che non sia Silberman). Ed è così che si avanza, spersi, in larghi spazi: scrutando i contorni solo a piccole dosi, tra tinte di dark sfumato (Cocteau Twins), distorsioni angeliche tra il brumoso e il terso (On Your Side, quasi da contraltare alle claustrofobie di Hospice), arpeggi screziati, ruvidi, solitudine (Corners, con rimandi sadcore). E costanti dissolvenze ambientali (Tangerine Dream) piacevolmente intervallate da aperture di ottoni (North), senza quasi mai raggiungere (l'eccezione, o la perfezione, è "Amawalk"), però, quella compattezza dream/ post rock che è stigma incontestabile degli Antlers.
Al crocevia tra attitudine dream pop, post rock e ambient, a eccellere sono, anche e soprattutto, le ritmiche: ora in marcia su di un background acquatico (Orphan), ora in movenze tribali di luce e ombra (dalla resa vicina agli ultimi Snowman). Come in Tourist, appunto (ed è, questo, il pezzo che più convince del disco), in cui la carica tensiva, di pathos, svapora in incredibili tessiture per tastiere. Si accelera nel finale, con cromatismi (Consumed) francamente inaspettati.
I difetti più esposti di "Holiday", a conti fatti, risiedo nella variabile lunghezza (che è medio alta, sempre), e in una certa monotonia/dispersione d'insieme (in contrasto, va detto, alla potenza estetica che rimanda la gestalt) a causa delle quali risulta problematico giungere, con naturalezza, in fondo al disco.
Epigone, e derivativo il progetto Port St. Willow, sì. Ma traboccante d'idee, senso estetico e personalità: per ora (per ora) può bastare.
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