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R Recensione

7/10

Port St. Willow

Holiday

Estensione del sé antlersiano, “Holiday”; sicché, il primo full length del progetto Port St. Willow, non poteva che adottare soluzioni estetiche prossime a quelle di Silberman e compagni - propagandosi, però, in direzione di ampie texture ambientali. Ciò non appare inusuale: ché Nick Principe condivide coi newyorkesi (lo è anch’egli) non solo un simbiotico ed esclusivo scorcio visionario, bensì anche un’amicizia di lunga data, così come un breve, ma ispirato, sodalizio artistico (Principe e il frontman degli Antlers, compagni di studi in passato; nonché di precoci esperienze chamber rock).

Se nell'ultimo “Undersea” si sprofonda negli abissi (marini), qui ci si eleva, da lì, fin nell’etere. E mantenendo, al contempo, quella purezza metafisica propria dei Sigur Ros: ossia, facendo leva su d’un connotato emotivo, epico e intimo insieme, di grande impatto; via cui, sovente, sopraggiungono nei flussi intarsi dreamy, tastiere come cristalli (“Hollow”), e un falsetto inviolabile, fragile (si stenta a credere che non sia Silberman). Ed è così che si avanza, spersi, in larghi spazi: scrutando i contorni solo a piccole dosi, tra tinte di dark sfumato (Cocteau Twins), distorsioni angeliche tra il brumoso e il terso (“On Your Side”, quasi da contraltare alle claustrofobie di “Hospice”), arpeggi screziati, ruvidi, solitudine (“Corners”, con rimandi sadcore). E costanti dissolvenze ambientali (Tangerine Dream) piacevolmente intervallate da aperture di ottoni (“North”), senza quasi mai raggiungere (l'eccezione, o la perfezione, è "Amawalk"), però, quella compattezza dream/ post rock che è stigma incontestabile degli Antlers.

Al crocevia tra attitudine dream pop, post rock e ambient, a eccellere sono, anche e soprattutto, le ritmiche: ora in marcia su di un background acquatico (”Orphan”), ora in movenze tribali di luce e ombra (dalla resa vicina agli ultimi Snowman). Come in “Tourist”, appunto (ed è, questo, il pezzo che più convince del disco), in cui la carica tensiva, di pathos, svapora in incredibili tessiture per tastiere. Si accelera nel finale, con cromatismi (“Consumed”) francamente inaspettati.

I difetti più esposti di "Holiday", a conti fatti, risiedo nella variabile lunghezza (che è medio alta, sempre), e in una certa monotonia/dispersione d'insieme (in contrasto, va detto, alla potenza estetica che rimanda la gestalt) a causa delle quali risulta problematico giungere, con naturalezza, in fondo al disco.

Epigone, e derivativo il progetto Port St. Willow, sì. Ma traboccante d'idee, senso estetico e personalità: per ora (per ora) può bastare.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

Ci sono 3 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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FrancescoB alle 15:46 del 15 settembre 2012 ha scritto:

Sono al primo approccio ed il disco mi suona interessante e piuttosto complesso, in generale condivido le impressioni del recensore. A tal proposito: Mauro sempre grandioso.

Jacopo Santoro (ha votato 7,5 questo disco) alle 4:07 del 15 giugno 2014 ha scritto:

A me pare sia un disco sottovalutato, perché oltremodo affascinante.

Ci sono vere divagazioni filmiche e "ambientali" profonde ("Tourist", "Amawalk", "Hollow"). Il vero scatto in avanti è l'utilizzo assai particolare delle percussioni, mi viene da dire "antiche", 'tribali' dice Mauro, quasi lontane eppure sempre molto presenti, alte nel missaggio. Notevole il falsetto in queste atmosfere costantemente ampie e distensive. Fin troppo, distensive: i pochi difetti sono tutti in questi ingressi e in queste chiusure enormi, fatte spesso di suono indistinto, superfluo, ad allungare stancamente il brodo (si veda anche il solo rumore di "On Your Side"). Ma forse è questa una consapevole e voluta cifra stilistica (a mio avviso poco interessante) del gruppo americano.

Neanche male gli episodi più minimali, come "Corners". Quando entrano anche i fiati ("North") e le tastiere diventano più maestose, il senso di pienezza è davvero raggiunto. E il pathos è sempre dietro l'angolo, più o meno intenso a seconda del momento.

Jacopo Santoro (ha votato 7,5 questo disco) alle 4:17 del 15 giugno 2014 ha scritto:

p.s. Continuo a ribadire: lunga, lunghissima vita al dream-pop e ai generi suoi affini. E' la musica del sentimento.