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R Recensione

8/10

The Evpatoria Report

Maar

Difficile credere che un gruppo di una tale levatura non abbia ancora un distributore italiano. Abbiamo ingurgitato quintali di post-rock di ogni salsa, per ogni situazione, per ogni evenienza. Troppo spesso inutile, ridontante, ingabbiato in schemi invecchiati precocemente. Ma questa formazione svizzera è sfuggita via, nell’invecchiamento precoce dell’arte a cui il nostro tempo presente induce, senza possibilità di dimostrare quanto profondo poteva essere il loro solco sonoro.

Si può sempre recuperare, visto che la band è viva e vegeta. Certo a tentare di descrivere solamente la loro musica si finirebbe per usare tutti i classici termini che da sempre sono stati tirati in ballo per definire il post-rock. Anche nei The Evpatoria Report si riscontra una sontuosità costantemente in crescendo, così irrimediabilmente, drammaticamente affascinante, e altrettanto irrimediabilmente, costantemente identificabile come “post-rock”, che nei quattro lunghissimi movimenti del disco (dai dieci ai diciannove minuti) rivela tutta la sua (non)identità. Ma nel loro caso il “post-rock”, intendo la “scatola post-rock”, la scatola con sopra scritto “post-rock”, non diviene metonimicamente il contenuto. Mi spiego. Spesso ascoltare musica post-rock, ammesso che ne esista “una”, diventa come quando dici mi bevo una lattina di Coca: è ovvio che non ti bevi una lattina (ossia il contenitore) ma quello che c’è al suo interno (appunto la Coca, anche quando forse è una Pepsi). Le derive post-rock, come le derive progressive, come le derive di qualsiasi altro genere, sono solo una metonimia, un contenitore che assurge al ruolo di simbolo di una musica che forse neppure esiste.

Inoltrarsi in Maar (neanche a dirlo, interamente strumentale), significa certamente scendere a patti con determinati schematismi sonori, ma significa anche regalarsi enormi momenti di inedita emozione, di una purezza espressiva non ancora cristallizzata, non ancora definitiva. Inoltrarsi in Maar richiede tempo, molto più della sua ora di durata. C’è un lungo processo di scrittura dietro i quattro pezzi e gli interventi del violino (di Daniel Bacsinszky), ben lontani dal risultare stucchevoli, sottolineano due volte le abilità degli svizzeri. La ritmica poi, nel suo elaborato incedere (ad opera del bassista David Di Lorenzo e dell’inventivo batterista Fabrice Berney), si pone poi decisamente al di fuori del genere che sin troppo abbiamo citato in questa recensione.

Chi già nel proprio cammino ha conosciuto le delizie del precedente album Golevka (2005) sa bene a cosa mi riferisco e a loro dico soltanto che in Maar, se possibile, le strutture (seppur sempre rispettose dell’armonia) sono ancora più complesse. All’estensione delle composizioni fa da contraltare un abbandono dei passaggi magniloquenti che di tanto in tanto emegrevano in Golevka. Non ci sono ingombranti impalcature e nonostante qualche riferimento al progressive più lirico e ai Pink Floyd più sospesi (a cura della suggestione suggerita dalle chitarre), i The Evpatoria Report non sentono il bisogno di saturare ogni minuto disponibile con esercizi di stile. Tutto sembra costruito all’insegna di una maturità espositiva e dominato da un senso di misura raramente rinvenibile in band del loro analogo (alto) livello di preparazione tecnica.

Il fascino non svanisce dopo pochi giorni o nell’arco di qualche mese. Il valore di questo album saprà accompagnarvi nei frangenti in cui vorrete concedervi un po’ di sana suggestione dell’anima e vedere un po’ di luce attraverso gli occhi chiusi. E il buio diverrà il luogo nel quale, invece di non scorgere nulla, si vede tutto.

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Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

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Filippo Maradei alle 20:38 del 18 maggio 2010 ha scritto:

Sembra interessante. Purtroppo ho sempre una gran paura ad avvicinarmi a una nuova post-rock band, specie di questi tempi. Conoscendomi, finirò col fidarmi ciecamente dello Stefano di turno (a proposito: ottima rece) e accattarmi anche quest'altro album, sperando nel "nuovo" e nel "fresco".

skyreader, autore, alle 16:12 del 19 maggio 2010 ha scritto:

I The Evpatoria Report sono un gruppo a mio avviso "superiore", specialmente se valutato nell'angusto ambito del post-rock. In realtà questo lavoro è a ben più ampio respiro... il termine "fresco" che usi tu non rende lo "spessore" della loro portata musicale.

moonwave99 (ha votato 8 questo disco) alle 19:39 del 28 maggio 2010 ha scritto:

Imo Golevka è uno dei dischi più belli e meglio riusciti nel genere, e Maar non è affatto da meno.

Il paragone con i GY!BE [che hai saggiamente evitato] è scontato e banale - non bastano temi sulla ventina e violini per accomunare le due produzioni; gli Evpatoria Project sono una realtà splendida nella sua essenza: la loro è sinfonia moderna nei suoni e classica nella struttura, è musica che si fa ascoltare ma soprattutto riascoltare.

Insomma trovate sto paio d'ore per ascoltare questi due album perché hanno pochissimi rivali nell'ambito.

Utente non più registrato alle 14:51 del 15 settembre 2012 ha scritto:

Certo è post-rock, ma di quello "buono"...privo di nenie tediose o appesantimenti metal.