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R Recensione

6/10

The Workhouse

The Coldroom Sessions

Riemergono gli oxfoardiani The Workhouse dopo il silenzio di cinque anni che è seguito all'apprezzato secondo lavoro "Flyover": le sonorità non sono grandemente mutate rispetto alla loro tradizione, che li vede legati a doppio filo con una ipotesi di post-rock (sulla direttrice che attraversa tanto i Bark Psychosis quanto i Mogwai), sottomesso ad una ispirazione post-punk prettamente inglese (non si può non tirare in ballo il nome degli Interpol o dei The National meno enfatici e ancora una volta scomodare il fantasma di Ian Curtis). Gli arpeggi, le ritmiche elaborano strutture sonore geometricamente sobrie e inquiete, che tentano di stagliarsi, opponendoglisi, contro un cielo grigio schiacciante: Drag Queen con il suo incedere pare davvero il manifesto della loro decadente poetica. La predilezione è ancora una volta per architetture prevalentemente strumentali, ma quando queste cedono il passo a vaporose ballad in odor (pre)new-wave dal retrogusto shoegaze, allora la voce del bassista Chris Taylor (che proprio non smette di rievocare quella del frontman dei Joy Division), sospira paesaggi certamente non inediti ma dal ragguardevole gradiente emotivo. Se solo non fossero così cocciutamente misurati avrebbero potuto trasformare alcune di queste composizioni in cavalcate elettriche dalla veemenza psichedelica portentosa. E invece, ad esempio, una And We Watched The Waves, così squisitamente scandita dal piano, deve rimanere relegata alla dimensione di un acquerello strumentale svagatamente post-rock, nonostante avesse le carte in regola per trasformarsi in un epico affresco, magari un inno da cantare ai concerti. Stesso discorso per la pur poderosa Stalker, che proprio non ne vuole sapere di aprirsi alle sue potenzialità anthemiche. Anche The Last Time We Saw The Stars, che nell'album assume il valore quasi di un singolo, avrebbe potuto espandersi proprio quando giungono le note finali. Per fortuna ci sono momenti di grande intensità come Over The Prairie e una suggestiva chiusura affidata a Rock'n'Roll, uno dei pezzi più significativi di questo "The Coldroom Sessions". In generale comunque i The Workhouse lavorano per sottrazione, scavando un solco nell'anima, scarificandola. E davvero non sentono il bisogno di aggiungere un canto, un sintetizzatore, una chitarra più liquida o un qualsiasi altro elemento decorativo fra le trame larghe delle loro composizioni: preferiscono dare l'opportunità di seguire ogni filo emozionale, di aggrapparsi ai rami e di discendere fino alle radici, senza distrarsi. Questo è il loro modo di concepire la musica. Maliconia e riverberi, battiti marziali e distanti, invocazione e preghiera: certamente insieme agli iLiKETRAiNS restano gli esponenti più credibili fra i raminghi di questo strano limbo oscuro nel quale si incrociano tante modalità di rock, tutte post-qualcosa. Nei momenti cardinali la chitarra gira e rigira in turbinii spiraleggianti in modo così inguaribilmente Mogwaiano e dunque così inesorabilmente alla Cure e quindi così inequivocabilmente alla Joy Division (perché i “migliori” Cure sono stati inequivocabilmente alla Joy Division). Tuttavia, nel caso dei The Workhouse, il riferimento alla British New-Wave è in grado anche di incorporare l’ispirazione proveniente dai The Chameleons e, specialmente nelle sezioni più pindariche ed astratte, dai Felt del capolavoro “The Splendour Of Fear” (1984)

Purtroppo laddove la parte strumentale tende a dilungarsi, per le modalità di reiterazione prescelte e tipiche di un certo post-rock, l’inserimento del cantato avrebbe giovato, mentre invece le canzoni, talvolta troppo minimali, avrebbero tratto beneficio da uno ulteriore sviluppo strumentale. E manca forse un brano d’eccellenza come fu la magnetica Boxing Day sul precedente lavoro, o una Paper Plane, dall’esordio “The End Of The Pier” del 2003, ma nonostante ciò e nonostante alcune remore, “The Coldroom Sessions” può essere definito il più coeso e coerente album dei The Workhouse. E cominciare da qui per conoscerli è cosa più che mai consigliabile.

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