This Will Destroy You
Tunnel Blanket
Lavorare di pura sottrazione è un concetto astratto, matematico sino al midollo, che svela tutta la sua intrinseca difficoltà quando si cercano scappatoie per applicarlo. Isolare note, ridurre il parco strumenti, semplificare lo schema della canzone o ricercare sistemi altri per giungere al tanto agognato obiettivo: la strada non è, alla fin fine, così affollata. Per lunghi tratti, tuttavia, si ha quasi la sensazione di perdere di vista il significato delloperazione, per cui le iniziali prospettive affondano sotto il peso di una sperimentazione sonora che si emargina consciamente dal tessuto da essa stessa creato: e la detrazione, a quel punto, diviene solo il pretesto per rompere ogni possibile schema comunicativo con lascoltatore. Rinnovarsi sottraendo, poi, implica un quoziente di complessità ancora maggiore. Si tratta di perdere parti di sé, o di mutuare semplicemente il linguaggio di base da forme più essenziali, arrivando nel contempo ad inquadrare la privazione dentro un dinamico diagramma evolutivo che riesca a fornire continuità con il proprio passato.
Arriviamo al dunque. I This Will Destroy You si erano imposti prima nel 2005, con un ormai celebre EP dalle belle speranze (Young Mountains), ed infine tre anni più tardi, grazie ad un esordio omonimo capace di assimilare la lezione chitarristica degli Explosions In The Sky (tornati anchessi di recente sulle scene) e di trapiantarla, successivamente, in uno tra i più classici ed un po logori campi post rock, non apportando nessuna sostanziale innovazione ma riuscendo, nel contempo, a far smaltire la delusione di quanti avevano individuato in All Of A Sudden I Miss Everyone la chiusura (im)perfetta di un ciclo. Tunnel Blanket, seconda pietra distante dalla prima altri trentasei mesi, riprende solo la circolarità degli avamposti melodici e, per quanto concerne tutto il resto, riparte da zero. Una tabula rasa delle distorsioni shoegaze frammischiate agli arpeggi di scuola Mogwai (era ora), una totale e complessiva rivisitazione del giochino di accumulo e rilascio a tratti ormai seriamente irritante (siamo nel 2011, perdio, non nel 1996). Un atto di coraggio che non è detto possa venire davvero apprezzato.
Nella sua ansia di modificare quanto già scritto, liniziale Little Smoke cerca addirittura di confinare in coda i pochi scampoli armonici sopravvissuti alluragano noise delle chitarre, presenza monopolizzante del blocco direttivo di una vera e propria mini-suite, con profondissime insenature gotiche che, a sprazzi, possono far tornare in mente i Long Distance Calling deprivati della durezza metal che li ricopre da sempre. Si sentirà ancora grattugiare e ferire le sei corde, ma one time only, nel passo pesante e cadenzato di Black Dunes. Poi, il silenzio. Il nulla. Deconstruction reconstruction. La ricostruzione inizia dai droni e finisce dai droni. Una scelta radicale che potrebbe fare annoiare molti, ne convengo. Eppure Tunnel Blanket non è un disco facile perché non si svela facilmente e non permette nemmeno una semplice decodifica dei propri assi portanti, tantè che poco ma sicuro al primo giro è una noia mortale. La cruda schiettezza dello svelarsi progressivo di una musicalità disgregata, impalpabile, raffinata è qualcosa che entra sottopelle ascolto dopo ascolto, cercando un contatto (più fisico che etereo) con lambient neoclassico di scuola post-Duemila (le tortili sovraincisioni di Glass Realms sono lesempio più vicino a quanto detto).
I This Will Destroy You si dimostrano, per lennesima volta, incapaci di aprire nuovi percorsi. Nonostante ciò, il loro post rock merita eccezionalmente attenzione. Lo merita, perché non ha paura di mettersi in discussione e di sporcarsi le mani, anche se questo comporta modificare le coordinate della consolidata tradizione (Killed The Lord, Left For The New World). Lo merita, perché non nutre grossi timori reverenziali e non inciampa in grossi errori di rivalutazione (salvo forse gli insistiti richiami ai Mono di Communal Blood). Lo merita, infine, perché ha confermato di essere sincero, vivo, emozionante. Questa parabola sha da seguire.
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