R Recensione

7/10

Weird.

A long period of blindness

Un prato alle porte della città ed una coltre di nebbia che lo sovrasta, a meno d’un metro dal suolo. Potrebbe essere questa l’ambientazione base del nuovo disco dei Weird. che, a due anni di distanza dal debutto di “Desert love for lonely graves“, son tornati con un disco pregevole e, a differenza del primo, con un mixaggio più onesto. L’aura post degli esordi è ancora qui, con tinte meno fosche ma non per questo più accomodanti; anzi, sembra che i Weird. abbiano tentato di replicare il concept d’esordio, migliorando praticamente tutto, e quel tenue bagliore di luce che si intravede al termine della galleria di “A long period of blindness” è di certo dovuto alla precipua contaminazione delle trame weirdiane nei territori allucina(n)ti dello shoegaze e della psichedelia.

Otto pezzi per la durata di quaranta minuti: questo è il percorso scelto dalla band per attuare la propria Weltanschauung. In questo LP c’è molto degli Explosions In The Sky (penso soprattutto a “The Earth is not a cold dead place”) e ancor di più dei Mogwai, tanto che se fossi un noiosissimo critico musicale del TG1 direi che i Weird. rappresentano i Mogwai dello Stivale, una di quelle locuzioni giornalistiche stupide e insopportabili che nascondono soltanto un annoiato e sleale interesse verso la musica e chi la fa. Sta di fatto che agli estremi del disco (“The circle is closed except where it bleeds” e “Swans”) l’acceleratore è premuto in direzione rock mentre al suo interno si presenta come un’incosciente discesa a folle verso i lidi dell’indeterminatezza sonora. In questo agglomerato sonoro arrivano folate di Animal Collective (“Crescendo”), Deerhunter (“Gaze”), Godspeed You! Black Emperor (“The sound of your heartbreak”) e Giardini di Mirò (“Widow”). È vero che in fin dei conti ne ho fatti anche io di paragoni, ma col preciso intento di fornire una linea guida affidabile e concreta per approcciarsi all’universo Weird. La bellezza del lungo periodo di cecità raccontato da questi tre musicisti romani sta dunque nell’aver registrato la realtà e, dopo averla sbobinata, essere stati in grado di imprimerne i dettagli in quaranta minuti di post-rock effettivo. 

Non c’è dubbio che con “A long period of blindness” i Weird. abbiano eseguito un balzo in avanti, inoltrandosi in quel bosco jungeriano dove ai pochi eletti capaci di addentrarvisi si contrappone il gregge mansueto e felice.

V Voti

Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 1 voto.
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