R Recensione

9/10

Low

Drums and Guns

Si pensava che i Low avessero deciso di voltare pagina con The Great Destroyer e la scelta di approdare al formato canzone pop rock più tradizionale. Una svolta artistica che offriva ampie possibilità di evolvere lo slowcore ampiamente approfondito in oltre dieci anni di splendida carriera. C’era però il rischio che i Low non fossero più i Low, che perdessero la loro natura stilistica, insomma che arrivassero a elaborare canzoni più rivolte al portafogli che al cuore. Ovviamente niente di tutto questo veniva lasciato presagire in The Great Destroyer ma col tempo si impara che più passano gli anni e più diventa difficile per un gruppo riuscire a mantenersi su buoni livelli qualitativi senza ripetersi. Di anni ne sono passati ormai tredici da quel mirabile esordio che era I Could Live In Hope eppure sembra proprio che i Low non riescano a perdere la proprioa vena creativa.

Drums And Guns non è un album di canzoncine pop rock commerciali. Non è neanche un album di canzoni pop rock. È sicuramente un album che strizza l’occhio al proprio passato musicale, ma sarebbe assurdo definirlo un’opera di remake. Sembra allora che Drums and Guns non sia altro che il proseguimento di quel percorso sonoro tipicamente intimista e slow-core di cui il ricordo più prossimo si deve allo splendido Trust (2002). Non si può certo sapere se The Great Destroyer rappresenterà solo un fenomeno di passaggio per la band del Minnesota o se sarà un’esperienza che verrà ripresa negli anni a venire.

Nel frattempo ci rimane Drums and Guns, un album passionale ed intenso, sofferto ed emotivo, sicuramente molto triste. Del tutto privo di scorie rabbiose, ascoltandolo rimane un senso di vuoto, di smarrimento, e soprattutto di una profonda e misteriosa malinconia. La parte strumentale è ridotta all’osso e a far la parte del padrone il cantato ipnotico di Alan Sparhawk e Mimi Parker, capaci di variare tonalità e sensazioni a seconda delle circostanze. Epica la prestazione della Parker in Sandinista in un cantato tanto passionale da sfiorare quasi il soul. La basi sonore invece tornano ad essere di una semplicità disarmante che rasenta quasi il banale: di fatto tiepidi giri di basso o di chitarra con una batteria standard oppure delicati piani sonori a riempire lo spazio secondo l’insegnamento post rock e ambient. Così il brusco pavimento di distorsioni che troviamo in Pretty People, mentre Belarus crea un’atmosfera soffusa e sommessa che inizia un viaggio molto simile a una processione funebre. Breaker è uno dei pezzi più riusciti: l’handclapping introduce note metafisiche di tastiera e un coro bucolico. A fare da contraltare un assolo distorto ma elegante. Anche quando i Low tentano di introdurre elementi acidinon riescono a non agire con classe. Così anche in Dust On The Window le poche stoccate di chitarra diventano un epicedio tortuoso ma romantico e pongono in secondo piano sia la batteria pulsante come un cuore sia il cantato di velluto.

Take Your Time è l’ennesimo sofficissimo letto di suoni su cui si stende il soul di Sparhawk, il quale però dà il meglio di sé nella sofferta melodia di In Silence, più ricca di arrangiamenti.

Murdereer sfrutta l’ennesimo, spettacolare assolo minimale in un crescendo emotivo da pelle d’oca molto prossimo al post-rock. Ma la tensione non esplode mai in un urlo liberatorio e si rimane soffocati dall’ansia. Così come in Hatchet, In silence, Your Poison si aspetta sempre quell’esplosione primordiale a spezzare le catene della malinconia, ma è un’attesa vana che lascia l’amaro in bocca e la consapevolezza che non basta un grido liberatorio o un’orgia sonora a tranquillizzare sé stessi e gli altri.

L’album si chiude con Violent Past, altro rito proto-religioso dominato dall’intensità delle tastiere e dall’incedere rassegnato di Sparhawk.

Non rimane nient’altro da dire, se non che Drums And Guns profuma davvero di capolavoro.

V Voti

Voto degli utenti: 7,7/10 in media su 16 voti.

C Commenti

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PaMeLlO alle 13:47 del 19 marzo 2007 ha scritto:

capolavoro, davvero: condivido

fabfabfab (ha votato 10 questo disco) alle 14:42 del 7 giugno 2008 ha scritto:

non ci sono paragoni

Qualche anno fa dicevano fosse un gruppo sopravvalutato. Sopravvalutato un ****. Hanno fatto una serie di dischi della serie "Lento è bello", hanno raggiunto un apice che non si potrà mai superare ("Trust" – 2004), poi hanno aggiunto chitarre distorte e ritmi rock inventandosi un altro capolavoro ("The great destroyer" – 2005). Adesso tolgono i "chitarroni" e sostengono le loro voci solo con chitarre, elettronica essenziale e handclapping. Disco cattivo, asciutto. E bellissimo. Per me sono sempre i primi. Le due voci più belle di tutto il rock moderno, come se non bastasse.

Paranoidguitar (ha votato 9 questo disco) alle 14:27 del 24 novembre 2008 ha scritto:

i low fanno paura. Questo disco è una vera mazzata. Primo ascolto: "che noia, non ci sono cose di facile comprensione. Un flop allucinante rispetto ai precedenti"

Secondo ascolto: ehi però c'è qualcosa che mi piace

Terzo ascolto: "è bello, minimale asciutto"

Quarto ascolto: mi è entrato nell'anima

Lunga vita ai low!

george (ha votato 9 questo disco) alle 20:01 del 4 maggio 2009 ha scritto:

olè 2

bart (ha votato 6 questo disco) alle 14:51 del 9 maggio 2010 ha scritto:

Disco carino, ben fatto; però purtroppo non riesce ad emozionarmi come I Could Live In Hope. Qui c'è molto mestiere e poca anima.

fabfabfab (ha votato 10 questo disco) alle 19:54 del 9 maggio 2010 ha scritto:

"Poca anima" riferito ai Low non l'avevo mai sentito ... sarà...

bart (ha votato 6 questo disco) alle 19:59 del 9 maggio 2010 ha scritto:

RE:

Non mi riferivo ai Low in generale, ma a questo disco. Dopo aver ascoltato I Could Live In Hope e Trust, Drums and Guns mi sembra di gran lunga inferiore.

swansong (ha votato 4 questo disco) alle 16:03 del 27 aprile 2011 ha scritto:

??? Ma anche no, dai!!!

Capolavoro?, Splendido? e allora The Great Destroyer, Trust, I could Live in Hope che sono?...vabbè, i gusti non si discutono, ma non condivido assolutamente!

Disco semplicemente buttato là e, per me, una cocentissima delusione!..senz'altro è stata una scelta ben ponderata, ma comporre per sottrazioni, alla fine, togli di qua e togli di là, rischia di far diventare un album volutamente "minimalista", semplicemente un album che non dice proprio nulla! Scusate, ma chiudersi in studio, trovare qualche loop, qualche base campionata e sussurrare testi che, fra l'altro, certo non brillano per originalità, beh io non lo chiamo certo sfornare un capolavoro! Oltretutto, pure la prestazione vocale dei due coniugi non mi pare nemmeno ai soliti livelli d'intensità..insomma giudizio molto negativo per me, soprattutto alla luce di tutta la loro produzione passata: musica noiosissima, per nulla coinvolgente, fredda ed astratta..e, per piacere, non basta vedere il nome Low per dire che è un capolavoro a tutti i costi. Se sfornano una boiata (e per me questa è una boiata pazzesca), bisogna dirlo. Anche se sono i Low...eh già!

fabfabfab (ha votato 10 questo disco) alle 16:24 del 27 aprile 2011 ha scritto:

RE: ??? Ma anche no, dai!!!

L'ho già detto da qualche altra parte, ma secondo me non sfigura per niente nella discografia. Vive di sottrazioni, certo, ma si può dire la stessa cosa di "I Could Live in Hope". Il songwriting, diciamo così, non è molto diverso, solo che lì le (poche) note erano "analogiche" mentre qua sono "digitali". Bisogna vedere se hai sviluppato nel tempo una particolare allergia verso le seconde ...

swansong (ha votato 4 questo disco) alle 11:52 del 28 aprile 2011 ha scritto:

Bisogna vedere se hai sviluppato nel tempo una particolare allergia verso le seconde ...

Ah beh..questo è poco ma sicuro caro Fab! Rimango tuttavia del parere che questo sia forse l'unico passo falso della loro altrimenti splendida discografia..proprio nun me piace (e l'ho molto ascoltato eh..). Una destrutturazione, sia melodica che strumentale, che si accartoccia su se stessa e svilisce l'insieme, al contrario di quanto accadeva invece negli splendidi precedenti lavori. Deciso, per fortuna, il passo in avanti con l'ultimo, bellissimo, C'mon! Evviva i Low!