Bobby Conn
King For a Day
Direttamente da Chicago torna lo stravagante Bobby Conn, artista con alle spalle ormai più di dieci anni di attività. Ed è un ritorno di quelli che si fanno notare: King For A Day non è disco nè facile né, tanto meno, omogeneo. Numerosi sono gli ascolti richiesti per assimilarlo completamente e ed afferrarne appieno i dettagli: è una tale formidabile accozzaglia di generi, influenze, giochi musicali, quest’album, che vale la pena seguirlo passo dopo passo, brano dopo brano.
Si parte conVanitas: incipit esotico, lussureggiante, misterioso almeno fino a un inaspettato, bruciante, riff che fa proseguire il brano in un incrocio tra Trail of Dead e il progressive di Van Der Graaf Generator e Yes. Il pezzo si chiude dopo otto minuti abbondanti in un vortice cosmico distorto quasi kraut e con dolci arpeggi di chitarra. Dopo un inizio così è impossibile non rimanere spiazzati e non essere incuriositi dal seguito.
Seguito che è segnato da When The Money’s Gone e King For A Day: la prima risente chiaramente della tradizione americana e mescola consapevolmente blues e pop in maniera per nulla banale, la seconda è puro pop di ottima fattura con influssi indie rock.
Dopo il violino magico di A Glimpse Of Paradise si passa a Love Let Me Down, ed è l’ennesima mutazione: Bobby Conn si trasforma nel David Bowie dagli stili di vita decadenti e glam di Hunky Dory e riesce anche a trovare spazio, all’interno di una struttura saltellante, per dei coretti alla Beach Boys.
Neanche il tempo di trovare un appiglio che parte Sinking Ship e di colpo ci si trova sprofondati in uno straripante e purissimo progressive-rock: si affacciano i King Crimson primo periodo, quelli veleggianti tra Islands e Red, si ammicca blandamente agli Yes.
Con Twenty-One, si passa a un blues-jazz da club libertino in cui a risuonare è stavolta una splendida e sensualissima voce femminile.
Punch The Sky! è solo un pezzo interlocutorio che prepara il campo al delirio sonoro di Anybody, col suo riff impetuoso che riecheggia, in chiave dopata, il solito Peter Gunn Theme. Torna di nuovo l’immagine di David Bowie ma con un volto diverso: più elettrico, carico ed esplosivo, insomma riletto da Conn in chiave garage e power pop.
Con (I’m Through With) My Ego spunta fuori un blues garage distorto che riporta alla mente John Spencer and the Blues Explosion, mischiato però con lo stile di Bowie. Ma torna anche il riff progressive di Sinking ship che prelude a spunti di free-rock.
A chiudere l’album due grandi ballate come Mr.Lucky e Things. Soprattutto la prima risulta essere eccezionale per l’intensità del canto femminile con i suoi toni romantici e soffici che vengono soffocati dall’urlo appassionato e travolgente di Conn a incorniciare un duetto eccezionale.
Con King For A Day Bobby Conn dimostra di essere artista maturo, eclettico come pochi in circolazione, capace di affrontare generi e stili diversi con facilità disarmante. Ascoltandolo si corre seriamente il rischio di innamorarsi di lui e di questa sua creatura. Soprattutto si rischia di considerarlo un re per molto di più di un giorno solo.
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