Jens Lekman
Oh You're So Silent Jens
Ogni tanto mi riscopro invidoso di quelli come Jens Lekman.
Forse perché in cuor mio spero di appartenere alla stessa razza, e quindi li percepisco come potenziali rivali: della serie, cazzo, un altro ragazzo così al mondo è la mia rovina, la mia unica speranza è essere l'ultimo romantico della terra, e invece arriva questo maledetto scandinavo glabbro a rovinarmi la festa.
Tornando a noi, invidio Lekman perché sembra aver vissuto sulla pelle le storie d'amore (di qualsiasi tipo, soprattutto platoniche) più intense e struggenti, e riesce a tramutarle in parole e musica come pochissimi altri, forse nessuno (almeno, mi si conceda, fra i contemporanei).
Lo invidio anche perché non scade mai nella banalità: i suoi testi, per quanto melensi e intrisi di sentimentalismo adolescenziale, sono interessanti e imprevedibili.
Sarà che aggiungono alla miscela qualche ingrediente fuori contesto che li rende molto più vitali: una maglia che raffigura Nietzsche in chiesa, il ricordo di un caro, i Testimoni di Geova alla tua porta, un tram che vola verso il Paradiso, Silvia che non ama il femminismo, perché forse è troppo stupida (ma lui, naturalmente, la desidera lo stesso); Nina è lesbica ma deve nascoderlo ai genitori, l'inverno svedese, l'ossessione per il matrimonio, e poi c'è la canzone d'addio per la ragazza cieca del campo estivo, celebrazione dell'amore impossibile, struggente ballata satura di rimpianto (una gemma di quelle autentiche compresa nella presente raccolta).
Lekman non è un autore da "sole-cuore-amore", ma è molto, molto di più: è talmente bravo che non solo materializza davanti ai tuoi occhi (e ai tuoi timpani) esattamente quello che ha vissuto o che sta vivendo, ma riesce persino a farlo con discrezione, eleganza ed un pizzico di follia; ogni tanto, forse, ci mette anche una punta di gusto macabro, ti spiazza con immagini tenebrose e inquietanti (gli Smiths?).
E' talmente bravo da spazzare in un istante l'idea per cui "canzone d'amore= canzone scontata".
Non bacerà mai nessuna che non sappia bruciarlo dentro come il sole, ma nonostante questo provi per lui simpatia.
"When i said i wanted to be your dog" rimane nell'olimpo dei dischi intoccabili: niente di nuovo sotto il sole, senza dubbio, ma trovatemi un altro lavoro che sappia muovere le stesse corde, pubblicato nel corso dell'ultimo decennio, e ve lo pago a peso d'oro.
"Oh You're So Silent Jens", raccolta partorita nel 2005 (che raccoglie il meglio di alcuni EP pubblicati fra il 2003 ed il 2004), in ogni caso, regge bene il confronto.
Jens si mette a nudo e decide che non è ancora tempo di archiviare le palpitazioni da adolescente: nel dipartimento delle canzoni dimenticate c'è una ragazza sola. Non ricorda più i ragazzi che l'hanno baciata, e l'amico non ci pensa due volte a consolarla (in modo platonico, s'intende, furbacchioni).
"Sky Phenomenon" è così leggera e toccante che potrebbe strappare una lacrima persino ai professori del governo: Leonard Cohen si mette a giocare con Morrissey e Merritt, i colori del cielo si riflettono negli occhi di questa meraviglia che non si fila Jens (a volte il destino è crudele, per noi romantici), il pianoforte langue dolente e pulitissimo. Poi qualcuno rovescia la birra nell'atmosfera e non si capisce più nulla.
Sì, siamo dalle parti del capolavoro, perché l'arco melodico è luce allo stato puro.
Rocky Dennis (il protagonista di The Mask e delle prime incisioni di Lekman, al punto che i primi singoli dello svedese venivano erroneamente accreditati a "Rocky Dennis") si merita due pezzi con tanto di archi e melodia in calando di quelle appiccicose, ma il colpo da maestro, il vero inno di tutti i timidi segretamente innamorati dell'amica del cuore è "I saw her at the anti-war demonstration", arrangiata in modo sontuoso (archi a costruire un sound pieno e vibrante) e forte di un crescendo melodico da brividi.
"It was a sweet sensation of love", ma putroppo lei diventa la ragazza di qualcuno e "I was no one, i had nothing". La sfiga allora ci vede benissimo, anche in Scandinavia.
Lo zucchero scorre a fiumi, me ne rendo conto: non c'è pezzo che non trasudi dolcezza da tutti i pori, e musicalmente peraltro Jens dimostra una cultura semi-enciclopedica piazzando sample di gente come Belle & Sebastian, Beat Happening (il diversivo di "Pocketful of money": un briciolo di sana e incontrollata follia che incrina l'apparente, perfetto equilibrio amoroso del mondo-Lekman) Shangri-Las, Glen Campbell (la sua meravigliosa "By The Time I Get to Phoenix") e molto altro ancora.
Ma a noi romantici d'altri tempi importa solo che il buon Jens ci metta una mano sulla spalla e ci racconti che non siamo soli al mondo. Forse allora smetteremo di invidiarlo.
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