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R Recensione

8/10

Jens Lekman

Oh You're So Silent Jens

Ogni tanto mi riscopro invidoso di quelli come Jens Lekman.

Forse perché in cuor mio spero di appartenere alla stessa razza, e quindi li percepisco come potenziali rivali: della serie, cazzo, un altro ragazzo così al mondo è la mia rovina, la mia unica speranza è essere l'ultimo romantico della terra, e invece arriva questo maledetto scandinavo glabbro a rovinarmi la festa.

Tornando a noi, invidio Lekman perché sembra aver vissuto sulla pelle le storie d'amore (di qualsiasi tipo, soprattutto platoniche) più intense e struggenti, e riesce a tramutarle in parole e musica come pochissimi altri, forse nessuno (almeno, mi si conceda, fra i contemporanei).

Lo invidio anche perché non scade mai nella banalità: i suoi testi, per quanto melensi e intrisi di sentimentalismo adolescenziale, sono interessanti e imprevedibili.

Sarà che aggiungono alla miscela qualche ingrediente fuori contesto che li rende molto più vitali: una maglia che raffigura Nietzsche in chiesa, il ricordo di un caro, i Testimoni di Geova alla tua porta, un tram che vola verso il Paradiso, Silvia che non ama il femminismo, perché forse è troppo stupida (ma lui, naturalmente, la desidera lo stesso); Nina è lesbica ma deve nascoderlo ai genitori, l'inverno svedese, l'ossessione per il matrimonio, e poi c'è la canzone d'addio per la ragazza cieca del campo estivo, celebrazione dell'amore impossibile, struggente ballata satura di rimpianto (una gemma di quelle autentiche compresa nella presente raccolta).

Lekman non è un autore da "sole-cuore-amore", ma è molto, molto di più: è talmente bravo che non solo materializza davanti ai tuoi occhi (e ai tuoi timpani) esattamente quello che ha vissuto o che sta vivendo, ma riesce persino a farlo con discrezione, eleganza ed un pizzico di follia; ogni tanto, forse, ci mette anche una punta di gusto macabro, ti spiazza con immagini tenebrose e inquietanti (gli Smiths?).

E' talmente bravo da spazzare in un istante l'idea per cui "canzone d'amore= canzone scontata".

Non bacerà mai nessuna che non sappia bruciarlo dentro come il sole, ma nonostante questo provi per lui simpatia.

"When i said i wanted to be your dog" rimane nell'olimpo dei dischi intoccabili: niente di nuovo sotto il sole, senza dubbio, ma trovatemi un altro lavoro che sappia muovere le stesse corde, pubblicato nel corso dell'ultimo decennio, e ve lo pago a peso d'oro.

"Oh You're So Silent Jens", raccolta partorita nel 2005 (che raccoglie il meglio di alcuni EP pubblicati fra il 2003 ed il 2004), in ogni caso, regge bene il confronto.

Jens si mette a nudo e decide che non è ancora tempo di archiviare le palpitazioni da adolescente: nel dipartimento delle canzoni dimenticate c'è una ragazza sola. Non ricorda più i ragazzi che l'hanno baciata, e l'amico non ci pensa due volte a consolarla (in modo platonico, s'intende, furbacchioni).

"Sky Phenomenon" è così leggera e toccante che potrebbe strappare una lacrima persino ai professori del governo: Leonard Cohen si mette a giocare con Morrissey e Merritt, i colori del cielo si riflettono negli occhi di questa meraviglia che non si fila Jens (a volte il destino è crudele, per noi romantici), il pianoforte langue dolente e pulitissimo. Poi qualcuno rovescia la birra nell'atmosfera e non si capisce più nulla.

Sì, siamo dalle parti del capolavoro, perché l'arco melodico è luce allo stato puro.

Rocky Dennis (il protagonista di The Mask e delle prime incisioni di Lekman, al punto che i primi singoli dello svedese venivano erroneamente accreditati a "Rocky Dennis") si merita due pezzi con tanto di archi e melodia in calando di quelle appiccicose, ma il colpo da maestro, il vero inno di tutti i timidi segretamente innamorati dell'amica del cuore è "I saw her at the anti-war demonstration", arrangiata in modo sontuoso (archi a costruire un sound pieno e vibrante) e forte di un crescendo melodico da brividi.

"It was a sweet sensation of love", ma putroppo lei diventa la ragazza di qualcuno e "I was no one, i had nothing". La sfiga allora ci vede benissimo, anche in Scandinavia.

Lo zucchero scorre a fiumi, me ne rendo conto: non c'è pezzo che non trasudi dolcezza da tutti i pori, e musicalmente peraltro Jens dimostra una cultura semi-enciclopedica piazzando sample di gente come Belle & Sebastian, Beat Happening (il diversivo di "Pocketful of money": un briciolo di sana e incontrollata follia che incrina l'apparente, perfetto equilibrio amoroso del mondo-Lekman) Shangri-Las, Glen Campbell (la sua meravigliosa "By The Time I Get to Phoenix") e molto altro ancora.

Ma a noi romantici d'altri tempi importa solo che il buon Jens ci metta una mano sulla spalla e ci racconti che non siamo soli al mondo. Forse allora smetteremo di invidiarlo.

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C Commenti

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fabfabfab (ha votato 9 questo disco) alle 18:45 del 9 luglio 2012 ha scritto:

Il miglior Jens Lekman di sempre. "Pocketful Of Money" la mia preferita in assoluto, con il campionamento della voce di Calvin Johson dei Beat Happening. Poi, il pianoforte di "Jens Lekman’s Farewell Song To Rocky Dennis", l'amore ai tempi del liceo ("I Saw In The Antiwar Demonstration")... un album da avere assolutamente. Bravo Julian, recensione sacrosanta.

hiperwlt alle 19:37 del 9 luglio 2012 ha scritto:

gran voglia di approfondire il discorso su questo autore, che in un modo o nell'altro ho sempre tralasciato; partirò da qui, e da questo stupendo scritto

Dr.Paul alle 12:25 del 10 luglio 2012 ha scritto:

jens lekman e patrick wolf sono il nettare sacro del nuovo millennio!! )

discone ... ma il meglio deve ancora venire....8,5

fabfabfab (ha votato 9 questo disco) alle 12:40 del 10 luglio 2012 ha scritto:

Boh Paul mi sa che ne avevamo già parlato ma il paragone Lekman-Wolf secondo me non va da nessuna parte. Tanto quello è "ricercato" e ricco di arrangiamenti tanto questo è "essenziale"..... Tanto è vero che in "Kortedala", dove prova ad aggiungere qualcosa, secondo me si perde ...

Dr.Paul alle 13:10 del 10 luglio 2012 ha scritto:

bah sì sono punti di vista...anche per me il primo di lekman è imprescindibile...solo che con il passare degli anni (i miei) quella dimensione da cameretta sfigata (che prima sentivo molto piu mia) un pochino mi infastidisce (appena appena eh)....doveva alzare la testa e con kortedala il salto di qualità lo percepisco, certo la direzione presa non può piacere a tutti.

wolf....se lo spogli non è che sia cosi distante da lekman....a me le progressioni di accordi, l'approccio alla stesura in molti casi sembra simile! anche perchè wolf all'inizio non era poi cosi "ricco di arrangiamenti". vabbè...

salvatore (ha votato 9 questo disco) alle 14:53 del 10 luglio 2012 ha scritto:

Non saprei, io avverto una certa "timidezza" di base nell'approccio di Lekman e Wolf (sebbene il primo resti irraggiungibile, per lo meno alle mie orecchie) alla scrittura... Lì dove lo svedese ne ha fatto bandiera, l'inglese se ne è parzialmente affrancato attraverso un'ostentazione emozionale, in realtà più formale che sostanziale. Tanto più che entrambi mi risultano "barocchi" (nel senso migliore del termine) e non mi riferisco solo a Kortedala, ma anche a i primi due (sebbene in maniera meno esplicita). Per quanto riguarda il meglio di Lekman, oggi (perché in passato ero orientato proprio verso questo cd) direi anche io Kortedala (ma credo di averlo già scritto altrove) poiché credo che quella ricchezza di arrangiamenti non abbia affatto intaccato la brillantezza della scrittura, ma l'abbia potenziata. Paolo, però, se mi dici che la dimensione da cameretta un po' ti infastidisce (anche "appena, appena", eh) mi crolla un mito

Molto bella la recensione per un disco, a suo modo, imprescindibile... Una piccola menzione per Black Cab che è indubbiamente uno degli apici del disco e della produzione tutta dello svedese!

E adesso non ci resta che incrociare le dita per il prossimo

Totalblamblam alle 22:50 del 16 agosto 2012 ha scritto:

dr paul a me pare una via di mezzo tra byrne solista e merritt così ad un primo ascolto su spotify

Dr.Paul alle 19:46 del 18 agosto 2012 ha scritto:

mai seguito byrne solo.....merritt ci sta tutto! da sempre!