Josephine Foster
Graphic as a Star
Ci eravamo quasi innamorati di lei dopo averla scoperta (in ritardo) con lalbum This coming gladness, incantevole intreccio di soul, folk e psichedelia bucolica. Un art-free-folk che incantava per la spiritualità astrale dellamericana, che giocava furbescamente con atmosfere tipiche dei 70s riuscendo a mantenere corposità e concretezza sonora. Graphic as a star, diciamolo subito, non regge francamente il confronto con le opere precedenti. Rispetto allultimo disco abbandona ogni registro psichedelico e in generale ogni attenzione per le parti prettamente strumentali, solide e concrete. I ventisei brani che compongono lalbum infatti si dividono quasi a metà tra composizioni unicamente vocali e altre in cui lunico accompagnamento è dato da una chitarra acustica e, in rari casi, da unarmonica scopiazzante Bob Dylan e Neil Young (ad esempio She sweeps with many-colored brooms).
In primo piano quindi la sublime voce e soprattutto le liriche, rielaborazioni personali tratte dallopera della grande poetessa americana Emily Dickinson. Il risultato è che la Foster giunge ad alcuni risultati appassionanti, come il folk scarno, essenziale ed ammaliante di brani come In falling timbers buried, I see thee better in the dark, Heart! We will forget him, Whoever disenchants e una manciata di altri: piccoli bozzetti artistici in cui si riesce a mantenere un equilibrio tra aspetto vocal-lirico e struttura musical-strumentale. Duole però ammettere che la gran parte dellopera, pur essendo raffinatissima ed elegante per ciò che concerne il primo aspetto, non riesce ad esserlo altrettanto per il secondo.
Tutta la trafila di brani vocali privi di strumentale saranno sì estremamente poetici, trasformando la Foster in una ninfa mitologica assai vicina al modello cantoriale medioevale, ma suonano soprattutto estremamente stucchevoli nella loro essenza idillico-fricchettona tipica della generazione dei fiori (non a torto si è tirato fuori il paragone con Joan Baez). Con risultati che sulla lunga distanza arrivano quasi a disturbare fisicamente lascoltatore, turbato dallinsopportabile misticismo astratto di una qualsiasi Wild nights wild nights!.
Purtroppo la verità è che la Foster con questopera offre un risultato assai povero musicalmente, buono più che altro per amanti della poesia americana, e in particolare per ammiratori della Dickinson. Graphic as a star ricorda un po la collaborazione tra Kevin Shields e Patti Smith nel recente The coral sea (2008): stessa esagerata preminenza lirica su quella musicale, che lì perlomeno manteneva una certa dignità di fondo, restando costante sfondo sonoro alla lettura dei testi.
Probabilmente è comunque ancora una volta colpa del sottoscritto, incapace di apprezzare un prodotto così squisitamente astratto e fuori dalla realtà. Da cupi materialisti storici si rincorre quel vecchio motto di Adorno per cui (parafrasando un pò) nella condizione umana moderna sia davvero assurdo riuscire a fare ed apprezzare vera poesia.
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