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R Recensione

7/10

Nobraino

L'Ultimo Di Nobraino

…ma speriamo di no! Insomma, che sia l’ultimo disco. In fondo, però (…domanda retorica…), chi se la sente si prendere sul serio i Nobraino? Io, ad esempio, non saprei. La band che nasce dai campi da basket, che esordisce con un “Best Of”, che pubblica un live come secondo disco…  Il fatto è che i nostri, seppur ci sappiano fare con l’ironia, il sarcasmo e via dicendo, tutto sono meno che un puro e semplice divertissement. Dietro gli scherzi ed il sarcasmo dei testi c’è sempre una verità più alta, sorta di filosofia da circo nero, di ragionamento socio-esistenziale da Woody Allen o Charlie Chaplin; dunque sì, potrebbe anche darsi che il titolo non sia soltanto un gioco di parole. Dubbio da fugare, però, col fatto che la band è appena entrata in collaborazione con una major come la Warner e che il successo de “L’Ultimo Di Nobraino” è stato assai soddisfacente su ogni fronte. Un gatto che si morde la coda. Niente da fare, è inutile, fino ad un probabile prossimo lavoro non sapremo mai la verità. Poco male, perché il disco in questione dà parecchie soddisfazioni.

A partire proprio dall’opening “Esca Viva”, che fuga ogni dubbio di commercializzazione post-Major con un cupo collage politicamente scorretto e visionario sui nostri tempi pieni di “squali cannibali”, in cui sopravvivere è un’impresa tanto stoica quanto evanescente. E tra il romanticismo lirico de “Lo Scrittore”, i fallaci ragionamenti malati e scanzonati di “Un’Altra Ancora”, “Sotto Al Letto” e “Jaques Pervèrt”, le dinamiche baustelliane di “Endorfine” e “Il Muro Di Berlino”, i riferimenti a De André (“Michè”),  e le canzoni da sagra (la comunque evitabile “Bella Polkona”), il flusso musicale scorre omogeneo, abbracciando contemporaneamente tutti i generi che stanno a metà tra il cantautorato ed il rock e dando l’idea di una band che ha raggiunto una maturità compositiva degna di nota.

Difficile trovare brani migliori o peggiori (...a parte il finale, vabbè), la qualità rimane alta in ogni singolo momento. Ci sentiamo di citare “Luce” (che una gestione artistica, se non illuminata, quantomeno non tipicamente e tristemente "sanremese", avrebbe potuto far figurare questo brano al festival), semplice e bellissima lirica sul “contatto” nel rapporto di coppia, la cover riuscitissima “Rallentare a Piertacuta” sorta di proseguimento logico di “Esca Viva” (meno strascicato e più “assonante/consonante”) e la morbida e disincantata “Un’Altra Ancora”, bellissima anche nella versione radio edit, oltre che la già citata opening track, a dare nel complesso un senso di riavvicinamento formale alla canzone d’autore in uscita dalle sonorità più rock degli album precedenti.

Necessari sono, poi, alcuni cenni relativi al versante tecnico; perfezione formale assoluta (sia in studio che, soprattutto degna di nota, live), tutti gli elementi creano l’arrangiamento più efficace possibile ad un songwriting ponderato ed ispirato. Poi la voce di Lorenzo Kruger, baritono-basso nelle corde del maestro Faber, teatrale nelle interpretazioni più svariate ed istrioniche, profonda nel crooning, che non perde mai un colpo; ormai un punto di riferimento tra i cantanti italiani.

Bella conferma. Certo, niente di nuovo ma un album di gran classe per orecchie fini e menti disincantate. Bene così.

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