R Recensione

5/10

Polly Scattergood

Polly Scattergood

L’ultima novità in fatto di cantautorato femminile si chiama Polly Scattergood, viene dall’Inghilterra e mostra di non voler soltanto conquistare i mercati musicali underground ma anche quelli di massa, quelli insomma dell’easy listening e di mtv.

Eppure a sentire la partenza in pompa magna di I hate the way si rimane di stucco per l’alt-rock di sapore post-grunge su cui Polly compone un brano dotato di grande pathos, intensità, pasione e intimismo; tra scosse elettriche degne dei migliori Cranberries (Zombie) e cori angelici di sottofondo, si attraversano atmosfere da songwriter-riot girl (PJ Harvey) e da ballata pop, in un climax scenico di sette minuti davvero avvincente.

Dopo un inizio così parrebbe di aver trovato la sorpresa femminile dell’anno, invece si rimane profondamente delusi dal basso valore (nonché cambio stilistico) dei brani successivi: melodie deboli, ritmi debosciati, arrangiamenti lustrati e stracarichi che perdono essenzialità e sprofondano in melodie zuccherose insipide (Other too endless, Unforgiving arms); uso di basi minimali ed elettro su cui poggiare effetti digitali space-noise velleitari (Nitrogen pink), discreti slow-pop digitali carichi di synths calienti (Bunny club) o semplicemente spoken-word piatti e inconcludenti (I am strong).

Polly mostra comunque una buona volontà di svariare tra stili e generi, senza però mostrare la necessaria vena creativa nella loro gestione. Così quando ci prova con l’indie-pop (Please don’t touch) lo stile scanzonato e solare che incrocia Au Revoir Simone e Dresden Dolls non riesce a colpire nell’immaginario. I risultati migliori arrivano quando la Scattergood si lascia andare a un rapporto più personale e diretto con la composizione, mettendoci propriamente l’anima in brani forse un tantino monotematici ma senz’altro raffinati.

Una ricetta che non riesce nella piatta e soffusa Untitled 27 ma che riesce a colpire nel segno in Poem song e in Breathe in breathe out. Due composizioni piano-voce essenziali, scarne, tendenti al tragico-patetico che hanno dalla loro una esibizione “vera”, evocativa e struggente. Tanto da scomodare molti a paragoni importanti con gente del calibro di Tori Amos, Kate Bush, Sinead O’Connor e ogni altra bella ugola femminile più o meno raffinata a memoria di cronista.

In parte ci può stare ma l’impressione è che di strada se ne debba fare ancora tanta per raggiungere simili livelli qualitativi. Ora come ora le buona capacità vocali e “sceniche” non sembrano stare al passo con un equivalente talento più prettamente tecnico-strumentale. Aspettiamo e speriamo in eventuali maturazioni quindi, poi si vedrà. In fondo domani è un altro giorno.

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Voto degli utenti: 5,7/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

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target (ha votato 5 questo disco) alle 11:21 del 2 giugno 2009 ha scritto:

D'accordo. Promette molto ma poi mantiene poco (un po' una rizza*****, insomma). Vuole fare un calderone con dentro quanto più cantautorato femminile recente ci può stare, ma un esperimento così ambizioso ha bisogno di talento puro. Se abbassa la cresta potrà dire la sua.

Mr. Wave (ha votato 5 questo disco) alle 11:34 del 2 giugno 2009 ha scritto:

Conforme col commento di Target. Buone potenzialità, ma non sfruttate al meglio in questa release [voto: 5.5]