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R Recensione

8/10

Richard Hawley

Coles Corner

Se vi dovesse capitare anche indirettamente di sentire esseri umani di sesso F farneticare che non esistono più gli uomini di una volta, abbiate la prontezza di mettere loro in mano questo cd di Richard Hawley, dovranno per forza zittirsi e ricredersi, poi ci sarà da chiedersi quanto realmente possano piacergli gli uomini di una volta ma questo non è discorso adatto a questa sede.

Mr. Hawley è veramente un galantuomo d'altri tempi, uno che non si vergogna ad aspettare la eventuale partner con un voluminoso mazzo di fiori in mano sul marciapiede ad angolo di uno dei principali luoghi di ritrovo della sua città, Sheffield; cosi viene ritratto sulla copertina di Coles Corner, e se scorrendo le immagini del booklet si intuisce chiaramente che l'appuntamento galante si rivelerà una "buca" colossale, Richard non si scompone più di tanto, lascia i fiori nel cesto dei rifiuti e se ne torna a casa in taxi, un uomo d'altri tempi sa masticare amaro con stile!

Debutta nel music business con la band Longpigs nella prima metà degli anni ‘90, dal vivo è session man di lusso negli ultimi fuochi dei Pulp (98/01), abile chitarrista ritmico, Richard Hawley ha nel cuore il croonering della scuola dei maestri americani, il cd è un tributo alla musica d'oltreoceano, fortunatamente missata con gusto europeo si potrebbe dire, sound asciutto, raramente ridondante, l'ugola di Hawley in splendida forma, non mancherà di sottolinearne le qualità addirittura il grande Scott Walker : "la voce di Richard è lì, tra i più grandi di tutti i tempi". La titletrack in apertura è di una bellezza terrificante e decisamente commestibile, mood e andatura da classico hit Tin Pan Alley, il cantato malinconico baritonale in primo piano, liriche colme di speranza provenienti da un animo disperato, della serie: quando ci sono le idee giuste bastano tre accordi; di primo acchitto possono far storcere il naso alcuni passaggi stile Elvis alle Hawaii come in Hotel room e Darlin' wait for me, ma anche questi sono brani che una volta "penetrati sotto pelle" come dicevano i tizi di Hey Jude, difficilmente ti lasciano senza darti nulla in cambio.

Si poteva pretendere qualcosa in più dal finale, Who's gonna shoe your pretty little feet? è quasi uno spiritual eccessivamente sonnolento, e la conclusiva Last orders un traditional riarrangiato con poca convinzione.

Sugosa la parte centrale, con un tris d'assi cosi carico di pathos e passione da far piegare le gambe anche ad un rinoceronte, The Ocean, Born Under a Bad Sign e Tonight sembrano dei classici fuori dal tempo sin dal primo ascolto, Hawley saltella leggero tra seducenti fraseggi chitarristici e linee vocali di squisito gusto melodico: scorrono cosi i quarantasei minuti di Coles Corner, tra Johnny Cash, Roy Orbison, Scott Walker e, perchè no, anche Frank Sinatra, le quotazioni dell'album schizzano in alto grazie anche ad inaspettati attestati di stima di pregevoli colleghi tra cui i R.e.m., mentre sono addirittura audaci le dichiarazioni rilasciate in proposito da Thom Yorke : "la musica di Hawley è l'unica che ascolto al momento". Ingiustizia vuole che a soffiargli il Mercury Music Prize del 2005 per il miglior album dell'anno siano gli Arctic Monkeys, anche se fonti NME del giorno seguente davano Hawley come real winner, una sorta di vincitore morale, (ok, poco importante).

Un disco ben fatto, certo assolutamente da evitare per avanguardisti convinti o indie irriducibili, per tutti gli altri...di notte in macchina o in cuffia al mare sotto il sole, Hawley tiene...e tiene bene: come si starà mangiando le mani la tipa della "buca" in Coles Corner!

V Voti

Voto degli utenti: 6,9/10 in media su 4 voti.
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sarah 8/10
luigi 7,5/10

C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Marco_Biasio (ha votato 4 questo disco) alle 13:56 del 24 agosto 2007 ha scritto:

De-stra gustibus

A mio parere irritante oltre ogni dove. Ma proprio proprio. O, come dice il titolo del mio intervento: de-stra gustibus.

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 13:28 del 14 gennaio 2012 ha scritto:

Non sapevo ci fosse la recensione... Grande Paolo!

Bellissimo, lo riascoltavo ieri sera... Che classe, che voce e che melodie!

The Ocean è il capolavoro dell'album (una canzone con un crescendo che ti emoziona ogni volta, come se fosse la prima volta), ma sono bellissime un po' tutte... In ordine di apprezzamento: Born under, Tonight, Coles corner, Just like rain.

Ma questo cd qui su storia l'abbiamo ascoltato solo in 4???