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R Recensione

7,5/10

Saluti da Saturno

Dancing Polonia

Mirco Mariani è il deus ex machina del progetto Saluti Da Saturno, un’orchestra flessibile dedita al «pianobar futuristico elettromeccanico». Mariani scrive, canta e suona aggeggi improbabili come l’Optigan, il mellotron, la celesta, il Pianet T, l’harmonium e la KR-55, avanzata drum machine targata Korg di fine anni Settanta. Assieme a lui ci sono Marcello Monduzzi (chitarra, glockenspiel, carillon e giocattoli) e Bruno Orioli (chitarra e voce), dando vita ad una giocosa e mirabile orchestrina che sembra prendersi poco sul serio ma che in realtà confeziona melodie in apparenza molto apprezzabili. “Dancing Polonia” è così un ricercato ibrido tra il liscio di Secondo Casadei e la micromusic della Modified Toy Orchestra, un capiente canestro di stravaganti strumenti musicali, oppure un locale immaginario dell’anima, od ancora un viaggio, raccontato senza troppo lirismo, ed è anche il sorriso bonario dopo una litigata. Non c’è che dire: “Dancing Polonia” si presenta come un disco da gustare.

Ed infatti “Venere” non tradisce le aspettative: un bellissimo testo degno della grande tradizione cantautorale italiana accompagnato da dolci carezze di violino e glassarmonica, tra gli aliti di mistral del crystal organ e del theremin preparato. Poi la title-track, leggermente più movimentata, quasi una mazurca del terzo millennio, con continue incursioni di Philicorda, wurlitzer, vibraphonette e contrabbasso. “La vita mia”, partorita dopo la visione di “Vodka lemon” (2003) di Hiner Saleem – in un’Armenia congelata e desolata come il Far West – presenta anch’essa strumenti bislacchi come la claviola, il banjo e la syntorchestra, che fanno la loro assurda entrata in scena su un candido tappeto di pianoforte. “Un giorno nuovo”, allegro e scanzonato divertissement ispirato alla storia bohémien di “Miracolo a Le Havre” (2011) di Aki Kaurismäki, tira fuori il clavicembalo liuto e la LinnDrum; è bene menzionare, a puro titolo informativo, che fa la sua comparsa anche l’eclettico Arto Lindsay con la sua chitarra elettrica.

Meravigliosa la dolcissima “Le luci della sera”, che pare uscita dal cilindro del miglior Vinicio Capossela. La tastiera Ondioline, il duduk, il Clavinet, i campanelli di cristallo accompagnano versi soavi cantati assieme a Paolo Benvegnù: «Stella di mare che mi passa accanto / insabbia il suo cuore che vola al mio fianco. / Stella di fuoco che vuol camminare / d’immenso profuma la stanza per poi uscire». Simile al sirtaki ecco “Canzone di cera” con un insolito equipaggiamento fatto di pianole, organo liturgico, giradischi, legnetti e theremin; “Sete” e “Anniversario”, dedicate alla medesima donna, consapevolmente e bellamente sdolcinate, con onde Martenot, spazzole e campane tubolari a rendere particolarmente intrigante la poesie di Mariani. Ancora un film dietro ad una canzone, “Ombra”, dedicata al rumore sordo del film “L’uomo che verrà” (2009) di Giorgio Diritti. Mancano ancora “Di notte” e “Cloro”, breve nenia pianistica la prima, frizzante giochino elettronico di intonarumori e sassofono. Infine “Scintilla”, una malinconicissima canzone di solitudine ed onde, immersa nei richiami leopardiani e deandreiani, due artisti che cantarono la luna in modo eccelso.

Non è pazzesco affermare che “Dancing Polonia” sia uno dei migliori dischi italiani di questo 2013: riuscire a scrivere canzoni d’autore e al contempo rinnovare linguaggio, arrangiamenti e poetica è una dote che va preservata, innaffiata, coccolata. Grandiosi questi Saluti Da Saturno, benedetti dallo spazio siderale.

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