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R Recensione

9/10

Shannon Wright

Let In The Light

Un fascio acuto, rotto, penetra l’universo tetro

Un inconsolabile tentativo di sfondamento

Mendicando, stringente

Fragile e forte

Immensamente delicato

Uno spirito irrefrenabile

Un imperativo silenzioso che non accetta obiezione

La parola come potere ipnotico

Abbattendo ogni resistenza sul suo percorso

Shannon Wright. Giovane cantautrice d’Atlanta, nell’opener “Defy This Love” del suo nuovo album “Let In The Light”. Come la conosciamo. Un mondo implorante e spigoloso, un profondo crepuscolo di dolore.

Se non fosse per i contrappunti da cabaret del pianoforte, reminiscenti alla lontana delle opere di Brecht e Kurt Weil, che sforzano la tenebra dolente in un restio ballo. E l’abbraccio forte della notte cede un po’.

Uno spazio per respirare come, più tardi, concederà ancora la chitarra elettrica.

Come un’aquila, che ha già afferrato la sua preda il temperamento di Shannon Wright sembra aver trovato un momento di tranquillità, la furia sembra essersi placata dopo la tempesta furiosa messa in scena con Yann Tiersen, in cui trasformava con la sua ostinazione e ispidezza gli arrangiamenti morbidi del francese in una composizione nervosa e concitata.

La bisbetica domata allora.

Il pugno a freddo arriva con i toni sottili questa volta. Non meno duri. T’inchiodano dritto a terra. L’influenza fondamentale è quella dylaniana: la penetrazione della parola. Non di sottofondo. Seppur carezzevoli, a tratti sono dirette, taglienti e di un’affranta bellezza. Gli strumenti pare possano essere domati solamente da questa voce.

Si rimane inermi, paralizzati, mentre il suono si fa sempre più profondo.

Un gemere penoso.

Dal lontano. Vicino a te.

And now your tongue may be bold

When I just want to hold

Your delicate cheek

And tear the page from your hymn 

Your song is too grim

The night is tucked in

You baffle me

Si risentono i Blonde Redhead, quelli più intimi, qui dentro.

Affettuoso, addolorato, spezzato, urgente: le facce di Shannon Wright sono come milioni di riflessi nell’acqua nera. Scrutarle è impossibile, soltanto l’inerzia di fronte alla perversa indecisione tra la fascinazione e l’ansia di perdersi e soffocarvi dentro.

Lo spirito della cantautrice ti sfugge dalle mani e si frantuma in piccole gocce, in milione di direzioni, una volta che pensi di averlo catturato. La rabbia e la spigolosità, la tenacia e l’irruenza, vengono per un attimo svestite in favore di un lato intimo e delicato, che però si espande e trova svariati modi di brillare. “Idle Hands” appare quasi come una versione più tenebrosa di “One” di Aimee Mann, dalla meravigliosa colonna sonora di Magnolia, l’insieme del scuro tremito e di tenerezza in “When The Light Shone Down”, l’effluvio di delicatissima intimità di “In The Morning” o “Louise”. Tenerezza e tristezza sono ormai inseparabili, avvolte in un passionale ballo.

L’altra parte dell’umanità erompe però spesso, tra le righe, senza scrupoli. Morbida, ma immensamente penetrante e risoluta, “Don’t You Doubt”, o la splendida “Steadfast And True”, uno dei picchi commoventi dell’album, nuovamente baciata del cabaret. L’infelicità come condizione umana delicatissima in una canzone semplice e profondamente evocativa nel suo incontro tra piano e voce, come anche “Theyll Kill The Actor In The End”, riflessione sullo stato del dolore causato dallo scorrere del tempo, accesa da un canto intenso e scurissimo.

La musica pura e toccante, un arcobaleno tinto di colori scuri.

Con “Let In The Light Shannon Wright si rivela una delle migliori interpreti del cantautorato: finora ricordata spesso soprattutto per la collaborazione con Yann Tiersen, con la quale ha dimostrato di riuscire a plasmare le produzione raffinata del francese alle sue corde.

Trascorsi (ormai remoti) nel punk, questo particolare l’avvicina idealmente ad un’altra, talentuosi, cantautrice, Leslie Feist, che però, della medaglia, rappresenta per molti versi, il rovescio.

Mentre Feist sviluppa pop spensierato e raffinatissimo, un lucido raggio, il mondo di Shannon Wright sviluppa uno spazio profondo e emozionante, fondamentalmente scuro. Per le creature notturne. Malinconico di una melanconia rara nella sua profondità. Che esprime un sentimento di andare dove vede una possibilità contro il muro finché fa male. Nel suo modo particolarissimo, più sofisticata e matura di prima, abbastanza da non temere nemmeno paragoni con spiriti affini come Cat Power e, soprattutto, PJ Harvey.

Serpeggia un suono più complesso, stratificato, che abbraccia rock, cabaret e folk, ma senza mai sfociare nel barocco. Profondità e semplicità – un incontro ideale e puro. Si può provare paura all’idea di dover sentire le parole di Shannon Wright col cuore infranto e da soli: “Everything must come to an end. Let's stay as long as we can”.

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 22 voti.

C Commenti

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ozzy(d) alle 13:00 del 11 maggio 2007 ha scritto:

chapeu

sentiti coplimenti a mademoiselle Otto per la arguta e sentita recensione, che ho molto apprezzato benché non conosca minimamente l'artista in questione...

DonJunio alle 13:26 del 11 maggio 2007 ha scritto:

nadine, una garanzia...

molto particolare questa pagina, mi è piaciuta assai!

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 10:24 del 12 maggio 2007 ha scritto:

Incredibile...

La migliore recensione che, da gennaio fino ad adesso, io abbia mai letto su Storiadellamusica. Mi inchino...

target (ha votato 8 questo disco) alle 12:24 del 27 maggio 2007 ha scritto:

originale

Senza dubbio un disco difficile da inquadrare, e lo hai fatto molto bene. Le atmosfere cabarettistiche di cui parli ricreano un'aria vagamente grottesca e imbellettata, su uno sfondo di impressionismo sospeso. Originale. Anche se io ci sento moltissimo la fiamminga An Pierlé (sentiti, Nadine, il disco Helium Sunset o ancor più An Pierlé & The White Velvet), sia per la voce, sia per il piglio tra nostalgico ed estroso.

Enrico Venturi (ha votato 8 questo disco) alle 21:20 del 5 giugno 2007 ha scritto:

toccante

...quando hai citato Aimee Mann e la colonna sonora di Magnolia ho rischiato la lacrimuccia...disco delizioso, quanto queste tue righe...

rael (ha votato 8 questo disco) alle 14:37 del 12 luglio 2007 ha scritto:

anche io non la conoscevo, veramente un piacevole disco!!

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 18:20 del 21 agosto 2007 ha scritto:

st. pete, when the light shone down, in the morning e steadfast and true su tutte. si si, bell'album davvero! e ovviamente altra bella recensione

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 16:56 del 23 agosto 2007 ha scritto:

Grande Shannon!

Ok, ora l'ho ascoltato. E' veramente un bel disco. Shannon ha una voce meravigliosa. Ma il suo pianoforte intreccia delle trame superlative! In certi punti mi tornavano in mente quei vecchi film in bianco e nero, hai presente? Che dire... bellissimo!

rain (ha votato 8 questo disco) alle 18:59 del 23 settembre 2007 ha scritto:

la ragazza si fara

Nadine Otto, autore, alle 22:14 del 18 dicembre 2007 ha scritto:

An Pierlé & The White Velvet

Francesco,

ti ringrazio per il tuo consiglio. Finalmente mi sono procurato l'album! Devo ancora sentirmelo un pò con calma, ma mi pare molto bello! Consiglio per tutti!

Un caro saluto,

Nadine

tarassaco (ha votato 9 questo disco) alle 15:28 del 2 febbraio 2008 ha scritto:

il dente di leone non morde

Molto bella la recensione di uno dei dischi più luminosi del 2007, nonostante la luce non sia abbagliante come quella che potrebbe arrivarci da un disco di pop scintillante in un pomeriggio in piena estate.

Qui la luce sembra più provenire dal tardo pomeriggio, poco prima del tramonto ed è una luce che scalda e commuove.