Verlaine
...e ti proteggerò dal jazz
È una lotta di cuscini al rallenty virata seppia, con le piume che sembrano non cadere mai. È una polaroid sgranata di un sorriso antico, ma ancora bianchissimo. È la colonna sonora del bacio all'Hotel de Ville di Robert Doisneau, ed è una sbornia, di quelle che non prendevi da anni perché le persone con cui volevi condividerla sono tornate solo oggi, e non per restare.
La sensazione non è soltanto di trovarsi di fronte a un disco importante, ma di stare assistendo al materializzarsi di un intimo miracolo: è già lampante dopo pochi secondi di Piccoli Trascurabili Errori, più che unintro una promessa, unentrata in scena di ticchettii dolci e archi soavi che pare unalba ritagliata.
e ti proteggerò dal jazz è il secondo album dei Verlaine, orchestrina scalcinata ad assetto variabile, di cui vi avevamo già parlato tre anni orsono, ai tempi di Rivoluzioni A Pochissimi Passi Dal Centro, esordio promettente ma non integralmente mantenuto, tuttavia fresco e godibile anche alle prese con la prova del tempo. Torinesi, di nascita o dadozione, i Verlaine hanno potuto nuovamente contare sulla produzione puntuale, riconoscibile, ma mai invasiva, di Gigi Giancursi e Cristiano Lo Mele dei Perturbazione. Il resto del merito è tutto loro: il balzo in avanti rispetto allesordio è unacrobazia sontuosa tra le stelle, perché questo disco possiede una bellezza imbarazzante difficile da raccontare, unambizione involontaria propria di chi ha talento puro, uno slancio di poesia semplice circondata di grazia innata e non richiesta.
Si rincorrono, nellascolto, piccole grandi storie: di amore vissuto troppo intensamente, di abbandoni silenziosi, di alienazioni in altrove fatti di piccoli bar o grandi città allestero, di bicchieri di troppo alcool tema caro sin dal debutto come rifugio comodo e ovattato. Le canzoni, in nessun caso meno che bellissime, stanno lì a raccontare. Respirare, virgolettata di violini, è il singolo scelto per presentare il disco e racchiude in sé i mood tipici della band: romantica ma rassegnata, dolce ma insicura e dolente. Ifiatinonsonosuonatidaenricogabrielli porta in dote, oltre al titolo geniale, contrappunti lievi di fiati, dissonanti col grido daiuto che intende lanciare. Dissonanza avvertita anche in Garrincha, recitata e poi cantata a due voci, e in generale tema portante dellalbum, che, rispetto al più monocorde esordio, presenta una sorprendente varietà di contaminazioni e umori che non corrono mai parallelamente, incrociandosi, superandosi e inciampando più volte, in un affresco dotato di reale urgente forza espressiva tuttaltro che schematica, che anzi sorprende ad ogni curva.
Al di là di alcuni (necessari) divertissement lintermezzo di distorsioni 2007, limpervia claudicante chiusura di Saluggia i Verlaine mostrano classe cristallina nel gioco di vuoti e pieni, nelle entrate improvvise e stordenti di archi e fiati, nelle esplosioni mute e nei silenzi assordanti con cui dipingono la loro tela: Chetamina e Beaujolais (pugile pt. 2) è da pelle doca in tal senso. Daria, apparentemente più leggera, si dischiude piano rivelandosi bellissima, Gli Anni In Tasca (gridavi Attraverserò l'America e incontrerò Howe Gelb), imperlata di pianoforti e ricami elettrici, è una giostra che ogni tanto va in tilt, come la vita.
Inestimabili le lacrime che sgorgano da Passare lInverno, frequenze disturbate, voci fuori campo, dilatazioni cinematografiche, finale fragoroso, e da Branduardi in Iran che, sottintesa la genialità dellidea di base, tratteggia un concetto di disarmante semplicità con misurate, leggerissime pennellate, sino allepilogo sospeso di brividi.
I Verlaine si sono affrancati dai paragoni, ingombranti ma lusinghieri, che li accostavano ai Perturbazione, ai Non Voglio Che Clara, financo a Le Luci Della Centrale Elettrica, per abbandonarsi nel grembo di uno stile molto personale e, bontà loro, immediatamente riconoscibile.
Non vi resta che scoprire chi ha mandato Branduardi in Iran, e con quali intenzioni, e perché avete bisogno di qualcuno che vi protegga dal jazz. Spalancate le braccia, dunque, e lasciatevi bruciare il cuore dalla stretta fugace e necessaria di questi minuscoli attimi. Una rivoluzione semplice di nome Verlaine.
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