Gabriel Sternberg

Endless Night

Prendete la lentezza sognante dello slow core, declinatela secondo i dettami della struggente dottrina melodica del signor Elliott Smith, soffiateci sopra un velo di tristezza Radioheadiana, un pizzico del neo romanticismo di Maximilan Hecker e fate evaporare il tutto nelle celesti atmosfere del dream pop.

Oppure pensate ad artisti come Shearwater e Robert Gomez, in grado di bagnare con una luce soffusa e tiepida l’elementare unione tra voce e chitarra.

O ancora immaginate un cantautore italo tedesco di nome Gabriel Sternberg che si fa aiutare da un produttore come Christian Alati, (già tra le fila di Cods, Gatto Ciliegia Contro Il Grande Freddo e Don Quibòl), vale a dire uno dei più validi esponenti dell’indie nostrano, per buttare giù il suo secondo disco. Questo Endless Night, per l’appunto.

Una notte senza fine che ci mette pochi istanti ad inghiottirti, punteggiata di stelle che brillano fuori dalla finestra: dentro le quattro mura della cameretta si riverbera liquida la voce di Sternberg, che tesse la sua tela sottile, ricamando ninna nanne consolatorie per animi tristi (Marzena) e adagiando sinfonie docilmente lo-fi all’ombra di un salice piangente (Willow Tree), punteggiando di docili giri di chitarra addii imminenti (Soon) e amori già lontani (Far As a Star).

E il disco prosegue così, tra dorate suggestioni Lennoniane (via Smith) e piacevoli divagazioni tardo romantiche, a baciare With You e il dream pop quasi sacrale di Please Don’t Leave Me, il carillon di Close to me e la HeckerianaThe End Is Now.

La passeggiata lunare della titletrack chiude un disco che procede morbido e struggente, lungo le sue dieci tracce e mezzo, senza mai tradire le premesse sonore di partenza, portando avanti suggestioni meravigliosamente trasversali e apolidi, che hanno vagato randagie un po’ ovunque: da Portland a Oxford, da Austin a Berlino. Ed è un piacere sapere che, grazie agli infiniti arabeschi del destino, ora passeggia, irrequieto ed instancabile, anche dalle nostre parti.