Lou Reed
Berlin
Narra la leggenda che una volta Lou Reed, durante un concerto, fece il celebre attacco di Sweet Jane per poi interromperlo bruscamente, declamando col suo vocione. Questo è per farvi vedere che si può costruire una carriera su tre accordi.
Eh si , il caro vecchio Lou ha scritto tante canzoni grandissime benché semplici ma limmagine monolitica che spesso si associa al suo nome è smentita dalla sua carriera.
Senza dover per forza riesumare la leggenda dei Velvet Underground, il riccioluto New York City Man ha spaziato tra i più disparati generi, dal rumorismo sperimentale di Metal Machine Music alla rapsodia urbana di Street Hassle, fino al tetro tributo a Edgar Allan Poe dellenigmaticoThe Raven. Ma anche nei suoi lavori più famosi, da Transformer e New York, aldilà degli scarti stilistici, ciò che ha sempre fatto la differenza è stato il senso poetico di Lou, come per Young, Dylan e pochi altri capaci sempre di raggiungere altezze siderali.
Berlin è sintomatico in tal senso, ma amplia anche a ventaglio lo stile del suo autore: è lopera più ambiziosa e più struggente nel catalogo dellautore di Walk on the wild side. Un concept album imperniato sulla storia di una ragazza morta suicida, dopo che le sono stati tolti i figli per condotta immorale. La narrazione è scarna, lenta e funerea. Lambientazione mitteleuropea mischia abilmente echi di cabaret weimeriano, e il Bertolt Brecht più intenso, socialmente consapevole e commovente quello di Dell Infanticidio di Maria Farrar .
Il personaggio di Caroline, in cui non è azzardato ritrovare un riflesso delle tante donne che stavano attorno a Reed allepoca ( dallex moglie Bette a Nico), percorre la propria via crucis in dieci episodi, muovendosi sia nei classici mondi loureediani ( la decadenza, lo squallore umano), sia nel lascito più puro dellopera brechtiana ( la fragilità di tutti noi, lavere bisogno degli altri).
La musica che sorregge il tutto è semplicemente grandiosa, di gran lunga il meglio mai prodotto dal Reed solista, ben lontano tanto per dirne una dalla magniloquenza fine a sé stessa di una Perfect day. Orchestrazioni sontuose ( How do you think it feels), blues mitteleuropei (Berlin), frammenti prog (Lady Day), derive jazz (Oh Jim) , rnb in moviola(Men of good fortune ), strazianti ballate (The Bed e The kids), fino al delirio espressionista alla Kurt Weill di Sad Song: il tutto giostrato dalla strepitosa produzione di Bob Ezrin. IL capolavoro di Lou Reed.
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