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R Recensione

7/10

Marco Cantini

La febbre incendiaria

Per il suo terzo disco, il cantautore Marco Cantini prova ancora la carta del concept album. In un’epoca in cui la fruizione della musica ormai è diventata parcellizzata, per singoli brani, chiedere all’ascoltatore la concentrazione, il tempo e l’attenzione necessari per assimilare un disco del genere dall’inizio alla fine è certamente un’idea coraggiosa. Lo è ancor di più se parliamo di un’opera che, come in questo caso, trae spunto da uno dei libri più importanti della letteratura italiana del ‘900, La Storia. Il libro di Elsa Morante non viene qui semplicemente riletto dal cantautore fiorentino, ma fatto rivivere, attraverso 14 canzoni che raccontano ognuna le vicende di uno dei suoi personaggi. Un lavoro indubbiamente molto interessante e coinvolgente, con una chiave di lettura che ne rende più semplice la trasformazione del libro in disco.

Come Elsa Morante attraverso la storia di una maestra nel periodo del fascismo raccontò La Storia di una nazione “nel punto di orrore definitivo” del ventesimo secolo, così quella stessa Storia ci racconta oggi Marco Cantini attraverso le vicende dei suoi umili protagonisti, personaggi sempre in fondo alla scala sociale, vittime degli eventi, sia che si tratti effettivamente dei cosiddetti “ultimi” (la maestra Ida e il figlio nato dalla violenza Useppe, il reduce dalla campagna di Russia Manonera), sia che si tratti di borghesi (Davide Segre) o addirittura del militare tedesco occupante (Gunther).

Il disco si apre con “Ida In Lotta”, ballad dedicata alla figura centrale del libro, in cui spicca il violino di Francesco Moneti dei Modena City Ramblers, uno dei tanti ospiti importanti che hanno aiutato Contini nella registrazione del disco. Un disco tipicamente cantautorale, in cui ci sono però anche aperture a suoni e ritmi diversi. Se “Un Figlio” è una splendida ballad tipicamente da cantautore, “Classe Borghese”, che racconta il rifiuto da parte di Davide Segre della sua classe di appartenenza e delle discriminazioni di classe, è un lento dove le voci di Contini e di Nicola Pecci sono accompagnate da pianoforte e violoncello, “Classe Operaia”, cantata con Tiziano Mazzoni, si apre ad un’andatura pop, e in “Manonera” troviamo un ritmo in levare che occhieggia al reggae.

I suoni reggaeggianti colorano anche “L’Anarchia”, dove l’ospite alla seconda voce è Marco Rovelli. Tema, quello dell’anarchia, che ricorre più volte nelle trace del disco: nel brano omonimo, per raccontare le vicende del maestro anarchico Giuseppe Ramundo (padre di Ida), in “Classe Operaia”, in “Anaciclosi”, un lento accompagnato da chitarra classica e flauto, con un bel solo di sax in chiusura. Brani in cui traspare la voglia di riscatto di Daniele Segre, e un filo di speranza nel futuro, presente anche in “Un Figlio”. Molto bello il lavoro sui suoni, complice una band di tutto rispetto, che ha registrato il disco in presa diretta: oltre al citato Francesco Moneti al violino, spiccano gli interventi di Roberto Benvenuti alla fisarmonica, Lele Fontana all’hammond, Claudio Giovagnoli al sax, Gianfilippo Boni al piano, Riccardo Galardini alle chitarre, Andrea Beninati al violoncello. “La Storia (explicit)”, un brano lirico e intenso, chiude questo grande affresco del periodo più tragico del ‘900. 

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