Morgan
Canzoni DellAppartamento
Somme di quattro pareti, vedute quadrangolari, curiosità che emergono silenti aldilà di una coltre di certezze, spiare per vedere la vita e poi ritornare a riflettere sulla propria, rifugiarsi nella propria arte fatta di paura ed urgenza di comunicazione (innanzitutto verso se stessi, o perlomeno con la propria parte più recondita) e vedere l’evoluzione dell’ego pensiero momentaneo che prende forma, osservare l’iter della creazione che prende consistenza e si concede al vivere.
“L’appartamento come sintesi”, forza e ritrovo dell’accumularsi di svariati pieni e vuoti, recipiente necessario e vivo per materializzare quello che si è, che si è stati, e per illudersi su quello che si sarà, col tempo e nel tempo… Quattro anni fa usciva “Zero”, la magnifica chiusura della trilogia chimica dei Bluvertigo, poi una lunga stasi, che è coincisa con il portare avanti i progetti dei singoli: Andy alla pittura e quant’altro e Morgan alla scrittura, alla vita privata e alla progenie. In mezzo a tutto questo, forse, un desiderio di procreare un qualcosa di completamente personale, al di fuori delle interrelazioni e delle conseguenze più o meno piacevoli di queste.
E nell’arco di due anni (periodo di vita e condivisione con/nell’appartamento) è sbocciata e si è alienata dall’idea per divenire reale, questa raccolta di canzoni, pensata, forgiata e scaturita dall’insieme di elementi che hanno caratterizzato il viversi in questo “contenitore”. Canzoni dell’appartamento, quindi. Niente da spartire con il proprio passato “illustre” (i Bluvertigo s’intende…), forse qualche brandello di ascolto frequente che si materializza sotto forma di cover o rilettura (si veda “Non Arrossire” e “Se”), ed un mare di atmosfere da descrivere e da sottolineare. Nuove, perlopiù.
Presenze, personaggi, co-protagonisti, e animazione dell’oggettistica, gli argomenti di cui questo disco si nutre e di cui parla, tutti affrontati con la rigorosa intelligenza retorica che già conosciamo in Morgan, ma che risulta addolcita dal freddo razionalismo sentenziante di un tempo e che si rifugia nel ragionamento “dal dentro” l’emozione calda, viva, traspirante e respirante.
E allora il tutto diventa, un lento serpeggiare in mezzo a sensazioni leggiadre e tangibili, pregne di sostanza e di ricordi attaccati a quelle musiche tanto soavi quanto piene di archi, piani e flessuosi bassi. Un inaspettato salto dentro una certa canzone all’Italiana di derivazione anni ‘50/’60, che mantiene il fascino dell’esposizione sonora, arricchendola di quiete (o dubbiosità) comunicante.
“Aria”, sottintende l’amore vissuto e vivente, rosso e multiforme, dove il piano diventa organo lieve di un sussurrare di parole lineari e limpide, sincere. “Crash”, si vede investita di una costanza da “dichiarazione di intenti”, mosse effettuate ed il presente fatto di coerenza, un candido fluttuare di grooves delicati. “Altrove” (primo singolo estratto), gioca la carta del “lasciarsi trasportare” senza dar peso al dove si andrà, con la presuntuosa pazzia/sicurezza di giovarne quanto basta.
“The Baby”, una dedica, un’immedesimarsi, un ritornare e capire meglio quello che si è stati da birbanti bambini, tutto vissuto in chiave Beatlesiana (o meglio assonante con Paul McCartney). “(Evaporazione)”, coda strumentale del motivo principale di “Aria”, che conduce al primo stacco stilistico vero e proprio, quella “Non Arrossire” di Gaber-iana memoria, qui rinvigorita in maniera sognante, barocca, quasi con la supervisione onirica di Mina…
Si prosegue con “Me” (uno degli apici del disco), dove il protagonista rimane il pianoforte e l’intelligente verve esponente. “Se (If)” è l’adattamento di un vecchio brano dei Pink Floyd, che nelle mani di Morgan diventa una concessione alla libertà di azione (buona ma nulla di che). “Italian Violence”, si presenta come un ibrido di cantato in Italiano ed Inglese, dove si espongono i cari vecchi odiati/amati stereotipi Italiani, mischiandoli con le proprie attitudini quotidiane, un brano buono dove ai toni lenti si miscela un ottimo arrangiamento d’archi ed il solito piano descrivente. La seconda sorpresa, quasi fuori contesto, viene concessa dalla sferzata energica e ritmica di “Heaven In My Cocktail”, dove la “velata” spensieratezza si dipana su un mantello di disco-funk tipicamente anni ’70; più che un tributo, un’intransigente e divertente episodio (magari una futura via per accedere al Bluvertigo creare?). Chiudono questo viaggio nella fotografia del contesto emozionale-razionale dell’appartamento, “Le Ragioni Delle Piogge” e “Canzone Per Natale”; la prima, delicata e riflettente, una perla di un dispiegarsi di ricordi e cumuli di pensieri, la seconda, un tenero elogio al Natale (terzo episodio completamente fuori dal tempo…).
Di per se, questo album è quanto di più fresco ed originale potesse capitare al panorama pop Italiano, gioca in terreni che fanno parte della cultura della nostra canzone nazionalpopolare ma che vengono rivisitati con una lucidità alchemica degna di un innovatore/cospiratore. Quindi un disco che sicuramente si lascia apprezzare nella sua quasi totalità, riuscendo a convincere per contenuti e corsi sonori intrapresi. Dall’altra parte va evidenziato che la ricerca melodica effettuata paga dazio (in qualche episodio) al passato più di quanto sia necessario, ma senza per questo che ne venga intaccata l’ottima qualità. …E non è neanche da escludere che fosse una componente prevista e anticipata da Morgan stesso…
Insomma non un tributo generico all’Italianità, più che altro un rincorrere il modo di esporre un decorso di emozioni vissute, in maniera diretta e senza costrizioni di forma o sostanza. Pillole di vita a narrarsi.
Recensione originalmente pubblicata e gentilmente concessa dalla defunta webzine www.idbox.it
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