Niccolò Fabi
Ecco
Questa recensione l'ho promessa da tempo ad una cara persona, quindi eccola.
Niccolò Fabi lo ricordiamo tutti, credo. Si muoveva divertito sul palco dell'Ariston raccontandoci con ironia e leggerezza della sua capigliatura estrosa. Era il 1997, un'epoca fa, a pensarci bene (quindi meglio non pensarci, perchè altrimenti si notano i primi capelli bianchi).
Cosa è successo, nel frattempo? Confesso di non averlo praticamente più seguito, e di aver cercato di recuperare il tempo perso in pochi giorni, poco prima di Natale.
Ecco. Ho scoperto cose che ignoravo: il cantautore romano non è semplicemente un musicista pop mainstream. Anzi non è un musicista pop. E basta: appartiene alla sacra genia dei cantautori, e fra i contemporanei - in Italia - si contende la palma di migliore in assoluto.
Fabi è il degno erede di alcuni grandi maestri intimisti del passato: è lontano dalla forza abrasiva che dona linfa vitale alla canzone di protesta, perchè è troppo elegante e introverso per sporcarsi le mani con la moda, di qualunque moda si tratti. Le sue canzoni, in realtà, al cospetto della musica di protesta suonano fragili, incantate, posate.
Non conosco bene tutta la sua produzione e quindi non mi dilungo oltre. Vado al sodo: "Ecco", ultimo lavoro pubblicato pochi mesi orsono, è fra le cose più belle che la musica italiana ci abbia regalato nell'ultimo lustro. Forse perchè l'animo dell'autore è segnato dalla tragedia più grande, forse perchè nelle sue vene scorre la poesia più autentica, il quid che differenzia i mediocri dagli animi più sensibili.
Quel che è certo è che le sue liriche sono capaci di librarsi sopra lo strazio che corrode l'animo dell'autore per andare alla ricerca di barlumi di bellezza, barlumi compendiati dentro melodie morbide e classiche, dentro testi toccanti. I suoi pezzi possiedono un'aurea spirituale ed eterea che sembra volteggiare ad altezze siderali, mentre ci chiede di raggiungerli.
Per dire, "Io" è una riflessione austera sull'egocentrismo imperante, che distilla in un coro un motivetto impeccabile, incastonato detro liriche che provano a sconfiggere l'aridità che può increspare l'esistenza. "Una buona idea" si avventura detro tematiche di stampo sociale ma con passo felpato e senza declamazioni, quasi che Niccolò fosse troppo intelligente e troppo rispettoso per dare lezioni.
"Le cose che non abbiamo detto" affronta di petto la malattia dell'incomunicabilità, perdendosi dentro una serenata idilliaca che incolla allo stereo, e dimostrando una volta di più che Fabi vola molto più in alto della media (triste) della canzone pop tricolore. "Sedici modi per dire verde", arrangiata con semplicità, assume contorni spirituali e filosofici, ed è un altro saggio della impetuosa intelligenza dell'autore.
Il capolavoro assoluto è però "Ecco", una poesia fresca che si traduce in una dichiarazione d'amore senza tempo.
Se volete prendervi una pausa da tutto, quindi, concedete una chance al cantautore romano. Credo che la meriti: si è fatto in quattro per noi, per esorcizzare il suo dolore più grande, direi che glielo dobbiamo.
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