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R Recensione

8/10

Non Voglio Che Clara

Hotel Tivoli Reissue (2014)

Nel 2004 era appena nato Myspace, si era al quarto anno della legislatura più longeva della Repubblica italiana (Berlusconi II) e Aiuola, etichetta piccola ma curata, si affacciava nel panorama musicale con una manciata di nomi nuovi assai interessanti, da Babalot ad Artemoltobuffa, passando per Egokid e Non Voglio Che Clara. Chi erano costoro? (Costei? Costui?).

La band capitanata da Fabio de Min aveva debuttato sulla breve distanza qualche anno prima nella trevigiana Fosbury Records, arrivando poi a pubblicare un Ep (“Caffè Cortina”) che piace, riceve consensi, fa respirare aria nuova, e spinge de Min e compagni a tornare velocemente in studio per confezionare un disco. In realtà “Hotel Tivoli”, con i suoi 7 pezzi per 23 minuti, è qualcosa di più simile a un mini-album. In letteratura sarebbe un romanzo breve. La misura migliore per lasciare un segno con la forza della grazia.

A dieci anni di distanza, e dopo altri tre dischi e un posto ormai consolidato nel panorama indipendente italiano, la band bellunese ha deciso di ripubblicare “Hotel Tivoli”, ormai irreperibile da tempo, sia in cd (con una nuova copertina, ma sempre con una figura femminile in fotografia) sia in vinile, per la prima volta. Il disco, remixato e arricchito da un brano tratto dalle vecchie sessioni, fa capire almeno due cose: 1) perché a suo tempo fu giudicato «un caso unico nel panorama musicale italiano» (così scriveva, a buon titolo, il Mucchio); 2) perché ora, per fortuna, non sarebbe più così. E non sarebbe più così per una semplice ragione: perché i Clara hanno fatto scuola.

Il nuovo mix mette in risalto la voce, attuando una specie di lavoro di estrazione, come una scultura che esce dal marmo: qui i pezzi escono dalla penombra, mostrando ancora più le proprie venature e fisionomie. La voce di de Min è più fragile, l’uso della sezione ritmica molto più minimale rispetto agli ultimi dischi, assente l’elettronica, mentre la chitarra appare più in vista (già nel disco successivo sarà il piano ad avere una netta prevalenza). “Hotel Tivoli” suona, fin dal titolo, come un disco fuori dal tempo, che eredita una tradizione cantautorale italiana e le dà la linfa e la maturità di chi è passato attraverso gli anni ’90, lo slowcore, nuove maestrie nell’arrangiamento.

I pezzi non sono mai costruiti in modo canonico: sono quasi tutti sghembi, irregolari, storti, quasi che le melodie avessero bisogno di una via di fuga per dare un respiro più largo alla canzone, per difenderla da possibili sfinimenti. È la cura schiva di chi si volta dall’altra parte per il pudore della bellezza. Ma sotto si sentono il battito e l’ossessione: non voglio che Clara, d’altronde, ossia negazione, volontà e femminilità, per un disco che inizia con una sconfessione («Io, non ero io quello con la telecamera») ma finisce con un invito all’assenso («Ma sì, di’ sì»). E così i testi claudicano tra ipotesi e gesti non fatti, rimpianti e assenze da riempire con le fantasie («vorrei scaraventare la testa sulla tua») o con i programmi che dipendono dagli altri (“I piani per il sabato sera”), mostrando, dell’amore, tutte le potenze e le oscillazioni.

A stupire, nel riascolto dopo dieci anni, è la complessità e la varietà delle soluzioni strumentali, già pienamente mature, tra i tocchi di violino (suonato dal futuro Bologna Violenta Nicola Manzan) e le rifiniture di tromba (a cui è affidato il refrain della splendida title-track), mentre la batteria spesso culla di spazzole (eccellente il sapore jazzy, con sassofono, de “Il nastro rosa”, forse il momento più alto). “Quello con la telecamera” e “Le paure” sono emblematiche dei primi Non Voglio Che Clara, per i loro registri sussurrati, che inceppano in ripetuti abissi e vuoti, in pause e ritornelli che mancano l’appuntamento o che vengono ripresi soltanto in una melodia strumentale. Ma più che di uno snervamento crepuscolare si tratta dell’impeto stremato dei pugili che si abbracciano dopo un ingaggio, o di pathos puro, come nella cover de “L’ultima occasione” di Mina - il singolo di debutto dei Clara, che poi di cover non ne hanno fatte più, anche se live capita che propongano (e molto bene) “Mockingbirds” dei Grant Lee Buffalo. Per dire delle due anime che già qua iniziano a sposarsi.

A sposarsi davvero, però, non c’è nessuno, se non Sara (che però brucia le fotografie fra pianto e nostalgie, ed è comunque il termine di paragone per contrasto, diversa, lontana). Chi canta e chi è assente non fanno altro che sfuggirsi, nascondendosi tra le pieghe dei pezzi, e così nella ripescata “Se chiami rendi tutto più facile” (un’altra ipotetica della realtà, che però è impossibilità), l’organetto alla fine sciorina l’ennesima puntata di un’etica della rinuncia e delle “cose che potevano essere e non sono state” destinata a sfociare in un inevitabile strascicamento del dolore («Ma sono uno due tre mesi e stai soffrendo ancora»).

Chi manca della prima edizione, recuperi.

V Voti

Voto degli utenti: 9/10 in media su 3 voti.
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emil_var 10/10
Cas 8/10

C Commenti

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target, autore, alle 15:02 del 5 dicembre 2014 ha scritto:

Postilla: il disco sarà portato in tour da gennaio. Prima data: 02/01 allo Zena (Salerno).

salvatore (ha votato 9 questo disco) alle 22:23 del 7 dicembre 2014 ha scritto:

Col fatto che è una ristampa, mica l'avevo vista la recensione... Che dire? Io ho scoperto questo gruppo con questo album - e, ovviamente, mi procurai subito il cd con la copertina seppia (chissà perché cambiarla...) molto bellandsebastiana - che, ad oggi, resta il mio preferito. E mi viene un senso di malinconia se penso ad allora e a myspace, perché proprio lì contattai De Min e ci chiacchierai un po'. Ma non è solo il mio preferito, è amore incondizionato. E' da isola deserta, è da ultimo desiderio prima di una fucilazione. "Quello con la telecamera" è paradigmatica del loro suono che verrà col suo inizio sommesso e l'esplosione emozionale sul finale (un nome da signora, cary grant, gli anni dell'università). "Hotel Tivoli" ha orchestrazioni sanremesi da instant classic. " i piani del sabato sera" è il mio brano preferito dei NVCC in senso assoluto e quella chitarra classica iniziale appena accarezzata continua a commuovermi. "il nastro rosa" col suo jazz da cameretta (!!!) è una cosa che non ho più sentito. "Le paure" ha un ritornello che centra una melodia tanto delicata quanto impossibile da dimenticare. "Se ti senti sola" chiudeva l'album (sono eccitato al pensiero di recuperare il brano inserito sulla ristampa), dopo la riuscitissima cover, e per me significava ripartire con l'ascolto del cd.

Album meraviglioso e imprescindibile; superstraconsigliatissimo! E bellissima la recensione che rende perfettamente la resa sonora e il mood di ogni singolo brano. Bravissimo, Francesco

salvatore (ha votato 9 questo disco) alle 22:24 del 7 dicembre 2014 ha scritto:

salvatore (ha votato 9 questo disco) alle 23:07 del 7 dicembre 2014 ha scritto:

PS. Ho ascoltato i brani proposti in alto. Il nuovo mix mi piace meno: Suoni e voce troppo squillanti. Ma vabbé.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 19:05 del 7 gennaio 2015 ha scritto:

oggi ho trovato miracolosamente l'album del 2004 in un negozio dell''usato. preso senza pensarci su due volte. ho fatto durare un po' più del dovuto il viaggio in macchina verso casa, facendolo durare circa 23 minuti. splendido lavoro e recensione toccante!