Stefano Barotti
Pensieri verticali
Alla domanda se cè ancora spazio e senso, nel panorama musicale odierno, per la figura del cantautore classico, Stefano Barotti risponde, tramite i suoi Pensieri verticali, in senso inequivocabilmente positivo. Lo fa attraversando quaranta anni di cantautorato italiano, dai simbolismi di De Gregori fino alla vena più ironica di Cristicchi, e seminando il percorso di aromi di americana, blues e rock, con la partecipazione di Jono Manson ed un gruppo di fidati partners esperti di pericolosi crocevia, dal chitarrista Paolo Bonfanti a Max De Bernardi e Kreg Viesselman.
Non è un novellino, Barotti, quello attuale è il suo terzo cd che colma un vuoto di sette anni dal precedente Ospiti ed i palchi e le collaborazioni (come quella con i Gang sul recente Sangue e Cenere) iniziano ad essere numerosi. Per mettere a frutto lispirazione seguendo i propri gusti musicali, composti da un originale mix di Dylan, Marley e Nick Drake, lautore toscano è salito sulle colline di Chiavari nellentroterra ligure di Levante, dove ha trovato casa presso gli studi della OrangeHomeRecords di Raffaele Abate. Le cronache riportano di un lavoro che ha puntato a far emergere il cuore della vena autoriale di Barotti , asciugando i suoni, per valorizzare al meglio e nel modo più naturale la chitarra e la voce impegnata a dar forma in musica a quei pensieri evocati da una prospettiva che coniuga saggezza, visione del quotidiano e soprattutto follia come spiega lautore. Se questo è il nucleo del disco, occorre però precisare che il contorno è altrettanto ricco e lintento di essenzialità non pregiudica la varietà dei temi e dei colori in evidenza: si spazia dal pop de Luomo armadillo, forse la canzone più accattivante, e di Giudizio non ho, al blues culinario, Il blues del cuoco dedicata a tutti i nati sotto il segno del fornello, dalla tetralogia romantico/stagionale di Povero è lamore, Rose dottobre, Ogni cento parole e Girasole al ritmo in levare di Vorrei essere, una rilettura della canzone che aprì a Barotti le porte della scuola di Mogol. Le influenze rock sono maggiormente evidenti nella dylaniana Nerone, nella psichedelia soft di Larcobaleno rubato e nel dittico Cuore Danzante/Sulla pietra del pane sfidando il drago con la spada di San Giorgio che parte in stile west coast e si conclude su un bel dialogo al dobro di Max De Bernardi. La ragazza, toccante cronistoria di un amore forse mai iniziato, è il brano che preferisco: semplice, ma profondo, senza esagerare, con poche parole, va dritto al cuore. Un po come tutto il modo di fare canzoni di Stefano Barotti.
Tweet