Beatrice Campisi
Il gusto dellingiusto
Uscito a dicembre del 2017, il disco desordio di Beatrice Campisi ha rischiato di passare quasi inosservato: troppo tardi per essere considerato nelle classifiche di fine anno, troppo presto per quelle del 2018. Vale la pena invece soffermarsi sullesordio della giovane cantautrice e musicista siciliana, trattandosi di un ottimo lavoro, esito di un percorso di studi classici (canto e pianoforte al Conservatorio), con ascolti che, oltre alla musica classica e lirica, comprendono folk, jazz, rock e canzone dautore. Tutte influenze che ritroviamo più o meno evidenti tra le tracce di questo disco, che gode anche della produzione di Jono Manson e dellaiuto di molti bravissimi musicisti.
Un disco denso di contenuti a partire dal titolo, con quel riferimento al secondo libro delle Confessioni di SantAgostino, e di racconti di storie quotidiane e argomenti di stringente attualità, come quello della violenza sulle donne narrato nel brano dapertura, Avò, dove la voce di Beatrice Campisi è subito protagonista, con i suoi toni delicati che si innalzano verso lalto, mentre la musica cresce e si riempie di sonorità e colori.
Molte le sfumature musicali che compongono il disco, dalle sonorità jazzate di Viale della Libertà, ospite Jimmy Regazzon dei Mandolin Brothers allarmonica, ai suoni blues della chitarra elettrica di Jono Manson in Le temps est perdue, con Massimiliano Alloisio ospite alla chitarra classica, alla canzone dautore in chiave jazz I contorni dei ricordi, con il magnifico sax di Antonio Marangolo. Il sax che ha accompagnato per oltre trentanni il meglio della canzone dautore italiana (Guccini, Fossati, Conte, Lolli) lo ritroviamo nella splendida Come edera e tango, aperta dallarpeggio di Massimiliano Alloisio, un brano che sale lentamente per chiudersi in crescendo con fisarmonica, sax, piano e coro.
Belle e intense le ballad, da Filo di fumo, il cui tema è la fine di un amore, alla poetica (a dispetto dellincipit non sono poetessa e non so raccontare), Non sono, accompagnata da arpa e violino, a Cielo a pois, in cui si susseguono immagini come fossero fotografie di ricordi dinfanzia, mentre il lato più ironico emerge in Un sorso dei mezcal e nel bel valzer Via Quieta, su cui dispiega la sue voce splendida.
Linconfondibile voce di Claudio Lolli apre Mondo sintetico leggendo il brano liberamente tratto dalle Confessioni di SantAgostino da cui prende il titolo il disco. Un brano dai mille colori, con il basso pulsante e sempre preciso di Rino Garzia, impreziosito dal santur di Alice Marini e da flauto e bansuri di Marina Sartena, oltre che dalla chitarra elettrica di Jono Manson, uno dei brani più riusciti del disco, in cui compare anche un ritornello in dialetto siciliano. Dialetto in cui è interamente scritto il brano conclusivo del disco, Luna lunedda, una filastrocca rock con violino e chitarra acustica, bellissima, tanto che si avrebbe voglia di ascoltare ora un suo disco intero in dialetto.
Sostenuta da una band di ottimi musicisti (Riccardo Maccabruni pianoforte, organo, piano elettrico, chitarra acustica, Rino Garzia contrabbasso e basso elettrico, Stefano Bertolotti batteria) sotto la guida esperta di Jono Manson alla produzione artistica, la cantautrice e musicista siciliana Beatrice Campisi si rivela una voce splendida e una bellissima sorpresa.
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