Diodato
A ritrovar bellezza
Gli ascoltatori più attenti alle cose di casa nostra avevano già notato la sua voce, in una bella versione della celebre Amore che vieni, amore che vai di Fabrizio De André inserita nella colonna sonora del film Anni felici di Daniele Luchetti, e pubblicata anche nel disco desordio di Diodato, E forse sono pazzo, uscito ad aprile 2013. Ma il grosso del pubblico italiano lha conosciuto certamente grazie al festival di Sanremo, dove ha presentato la sua Babilonia nella categoria Nuove proposte. Molti altri ancora si sono accorti di lui ascoltandolo nella trasmissione televisiva di Rai 3 Che Tempo che Fa, in cui è stato ospite fisso dal marzo di questanno ogni domenica per dodici puntate, con la sua idea geniale delle canzoni in un minuto, proponendo versioni acustiche, e ridotte, di alcune delle più celebri canzoni dei grandi autori della musica italiana. Da quellesperienza, nata quasi per gioco nei giorni del Festival sanremese, prende spunto lidea che sta alla base di questo disco, omaggiare quei grandi autori e interpreti, attraverso la riproposizione di dieci brani immortali.
Il disco convince fin dallapertura, con una versione inizialmente solo archi e voce di Ritornerai di Bruno Lauzi, che si apre ad una esplosione pop anni 60. Suoni che ritroviamo anche nella ritmata Il cielo, brano ripreso dal repertorio di un giovanissimo Lucio Dalla che lo compose con due autori tra i più importanti dellepoca, Gian Franco Reverberi e Sergio Bardotti. Dalla penna di questultimo proviene anche la Canzone per te di Sergio Endrigo che Diodato ripropone in una versione ritmata e veloce, con gli archi e la band a pieno regime, un brano immortale rivisitato con un arrangiamento intelligente, a cavallo tra classicità e pop anni 70, lo stesso trattamento riservato anche a Eternità, singolo di successo dei Camaleonti allinizio degli anni 70. Molto originale anche la versione di Senza fine di Gino Paoli con lalternarsi della sola voce nella strofa, agli archi che si dispiegano nel ritornello.
Ma è nei brani più lenti che risaltano al meglio le doti del cantautore pugliese, come nellesecuzione intensa, solo voce e archi, di Se stasera sono qui (di Luigi Tenco e Mogol), nella dolcissima Non arrossire, una canzone damore del primissimo Gaber, accompagnata con chitarra, archi e violini pizzicati, e soprattutto ne La voce del silenzio (un brano cantato a Sanremo nel 1968 da Tony del Monaco e Dionne Warwick e rifatto in seguito da decine di interpreti, da Mina a Massimo Ranieri) cantata in coppia con Manuel Agnelli, la cui voce entra a metà del brano alzandone la drammaticità. Interpretazione splendida di Diodato, che dimostra di possedere una voce emozionale, che sa toccare nel profondo, da vero, grande, interprete. Altro ospite speciale è Roy Paci (nei cui studi è stato registrato il disco) che con i fiati dei Velvet Brass regala un arrangiamento molto particolare e raffinato di Arrivederci, uno dei classici del repertorio di Umberto Bindi, che Diodato ha conosciuto proprio grazie al trombettista siciliano.
Con una sapiente alternanza di brani lenti ed altri più ritmati e pop, e laiuto di unottima band e degli archi del Gnu Quartet arrangiati da Rodrigo dErasmo, impegnato anche al violino, Diodato ci fa riscoprire alcune canzoni del nostro passato, a volte dimenticate, magari da giovani anche un po disprezzate, perché non rientravano nei canoni del rock o della canzone dautore impegnata. Un disco che omaggia una generazione di autori e compositori di livello eccelso, come non se ne è più avuta nella musica italiana (Bardotti, Reverberi, Calabrese, Mogol, Bindi, Tenco), ed un periodo felice della musica italiana, richiamato sia nella grafica che riprende quella degli L.P. anni 60 della RCA, che nella durata del cd, quella standard dei dischi di una volta, poco più di mezzora, dieci canzoni, cinque per facciata. Quella di A Ritrovar Bellezza può forse sembrare unoperazione un po furba (in fondo, sono tutti grandi classici della canzone italiana), ma è innegabile il talento sorprendente di questo ragazzo, che dimostra non solo di essere dotato di una bellissima voce, ma anche di essere un grande interprete.
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