R Recensione

6,5/10

Fabio Caucino

Io cambio

Artista eclettico, scrittore, musicista, conduttore radio e tv, ma soprattutto cantautore (nel suo carniere ci sono già due dischi, un libro di racconti e la colonna sonora di un fumetto animato), Fabio Caucino esce in questi giorni con il suo terzo lavoro, un disco importante, curato e pensato attentamente, alla cui lavorazione si è dedicato per mesi. Prodotto dallo stesso Caucino, e arrangiato con l’aiuto di Luca Zanetti, il disco vede la collaborazione importante di alcuni musicisti torinesi, che hanno contribuito alla creazione di un disco musicalmente molto vario e di classe. Speriamo di non fare un torto all’autore se dividiamo i brani di questo Io cambio sostanzialmente in due categorie, quelli più tirati e rock da una parte, e quelli più d’atmosfera dall’altra, a cui corrispondono testi più politici in un caso e più riflessivi e poetici nell’altro.

Tra i primi, sicuramente la title track, nonché brano d’apertura, Io cambio. Un rock sostenuto da una chitarra che passa da coloriture jazz a tirate rock, e inserti di fisarmonica, a supportare un gran testo, che si interroga e ci interroga (tu da che parte stai, con la legalità o scegli l’omertà di chi si è ormai arreso), chiedendoci di prendere posizione (qualcuno può pensare che non sia il tempo, ma questo mondo cambierà con te). Un brano che ricorda il Fossati più rabbioso ed elettrico, ed uno dei più belli del disco. Qui la frase Io cambio assume il significato non solo di annunciare un cambiamento personale, ma anche la capacità individuale di cambiare le cose intorno a noi, prima che sia troppo tardi, prima di ritrovarci nel mondo prefigurato in  Verrà il giorno, dove Caucino dipinge un futuro a tinte fosche, quasi orwelliano (verrà il giorno in cui non servirà più studiare, perché l’informazione di un solo canale potrà bastare). Un brano che è un atto d’accusa verso la propria generazione (ma quale musica ribelle, quale canzone d’autore da consacrare, la mia generazione non ha tempo, non ha parole, non ha pretese di immortalità). Un testo alto e ispirato, musicalmente perfetto, con una grande chiusura del sax. Uno dei vertici del disco.

Non siete stato voi, cover di un brano di Caparezza, è un azzardo riuscito su uno dei testi più crudi e cattivi del rapper di Molfetta (a dimostrazione di quanto il rap e la canzone d’autore siano in realtà molto vicini). Uno sguardo impietoso su un paese in cui dominano il malaffare e la mala politica. Eseguita stando a cavallo tra canto e rap, con un accompagnamento leggero, creato dalle pennellate di note della fisarmonica di Luca Zanetti e del clarinetto di Diego Mascherpa, che danno modo al testo di emergere dandogli l’importanza che merita, Non siete stato voi è il terzo apice del disco. E con il brano che chiude il lavoro, Notte di pace, Caucino cala il poker sul tavolo. Un brano lento, con un testo splendido e poetico, che tratta uno dei problemi più drammatici dei nostri giorni, la situazione della Palestina, attraverso gli occhi di due amanti (un muro non basta a impedire gli sguardi, a incrociare occhi negli occhi, un muro non basta a dettare una legge, a confondere torto e ragione).

A questi quattro assi, fanno da corollario vere e proprie poesie in musica, come il lento e riflessivo Passeggero dell'anima, o La via. Brani personali e lirici, che comprovano che quando tratta tematiche legate all’amore ed ai sentimenti, il cantautore torinese lascia emergere il suo lato più poetico, dimostrando di essere in grado di fare della grande canzone d’autore anche parlando semplicemente d’amore. Come in L'amore telepatico, una canzone di classe, un tango con un bell’intro di fisarmonica, impreziosito dalla chitarra elettrica di Maurizio Brunod, o in Via Barbaroux, in cui fisarmonica, chitarra e percussioni creano un tappeto sonoro per un testo ad alto contenuto e poetico, uno splendido esempio di canzone d’autore jazz.

A metà tra i brani più impegnati e quelli più intimi, si trova Libera stella, una slow ballad, quasi una filastrocca (come dice il sottotitolo) apparentemente leggera ma dal significato profondo: la rivendicazione della libertà di cambiare percorso, e di quanto sia rivoluzionario il libero arbitrio. Un brano cantato benissimo, come tutto il resto del disco, che ci consegna un Fabio Caucino oltre che ottimo autore anche grande interprete, con una voce matura e intensa, per testi di livello sovente molto alto e  ispirati.

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