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R Recensione

7/10

Piccola Orchestra Karasciò

Apologia

Questo è uno di quei casi in cui l’ascolto di qualche brano isolato dal contesto non può essere sufficiente per esprimere un giudizio sul disco. Si tratta infatti di un album concept, un racconto che si svolge con una sequenza logica e ragionata. Ma anche l’ascolto del cd intero non basta per valutare questo progetto, in quanto Apologia è un lavoro complesso, in cui il cd è accompagnato da un libro, dove ascolto del primo e lettura del secondo sono complementari e necessari per valutare il progetto nella sua interezza e comprenderne appieno il significato. La Piccola Orchestra Karasciò si era già fatta conoscere con un paio di demo e un E.P., e vincendo il festival “Voci per la Libertà - Premio Amnesty Italia Emergenti 2010” con il brano Beshir, ma qui il passo avanti è di quelli importanti. Lo spunto di partenza è raccontare, attraverso gli occhi di un giovane ed un vecchio, gli stessi accadimenti della vita. Undici canzoni, illustrate ognuna da un tarocco, e ventidue racconti, perché il libro, una sorta di double face, lo si legge in un senso e nell’altro, a seconda che si guardi alla vicenda con gli occhi del giovane o del vecchio.

Al centro di tutto, la morte, il primo tarocco che incontriamo sfogliando il libro, che assume anch’essa un significato diverso a seconda dello sguardo: se per il vecchio è momento di riflessione sulla vita trascorsa, per il giovane diventa spunto di riflessione sulle speranze per il futuro. Da qui inizia questo affascinante racconto in canzoni, legate una all’altra da brevi brani recitati dalla voce narrante di Enzo Guerini, su una base musicale che appoggia su suoni folk rock, ma con una varietà stilistica molto interessante. Se Apologie è sostenuta soprattutto dalla fisarmonica di Francesco Moro e dalle percussioni di Michele Mologni, Sole e Calypso è colorata dei ritmi caraibici della chitarra lap steel di Diego Camozzi, Abilmente differente lascia intravvedere un’anima più rock, e in Il club delle sei del mattino troviamo il reggae, a dipingere la routine quotidiana, una vita fatta solo di spine e senza le rose,  la cui unica via d’uscita sembra essere la morte.

Una chitarra acustica dai suoni mediterranei fa da sfondo al breve recitato con cui si apre Mediterraneo, che  si trasforma subito in una travolgente tarantella, in cui si raccontano storie di migranti che attraversano il mare in cerca di fortuna. Uno dei brani più riusciti del lavoro, con evidenti echi del primo De André. Il cantautore genovese torna alla mente in Pensaci bene, altro vertice del disco, dove la Piccola Orchestra Karasciò, su un’aria di tango, si rivolge a Gesù, quel Gesù degli ultimi (pacifista, dissidente, capellone, barba incolta) e dall’aspetto umano, che solo De Andrè aveva saputo cantare in La Buona Novella.   

In La danza del parrucchino troviamo la critica sociale alla normalizzazione e standardizzazione dell’uomo contemporaneo vista attraverso la moda, con la fisarmonica che guida un ritmo gioioso. Ultima stazione è quasi pop, allegra nei suoni e nei ritmi, nonostante il tema: una partenza, un addio, un viaggio diverso, ma ancora con la speranza di tornare (arrivederci alla prossima reincarnazione, e questa volta con un diverso destino). Il lavoro si chiude con L’inferno dei viventi, recitato con la sola frase finale cantata dalla sempre convincente voce di Paolo Piccoli: l’inferno dei viventi è già qui, nell’accettazione dello stato di cose presente.

Stupisce sempre trovare nel sottobosco delle autoproduzioni progetti così raffinati e di qualità, curati in ogni dettaglio, come le major non sanno più fare. Questa piccola orchestra di sette elementi (completano la formazione Roberto Nicoli basso e contrabbasso e Fabio Bertasa) ha realizzato con Apologia un lavoro davvero affascinante e convincente. Il prossimo passo potrebbe essere quello di portare Apologia in tour con un vero spettacolo di teatro – canzone. Sembra averne tutte le capacità per riuscirci.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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Giuseppe Ienopoli (ha votato 7,5 questo disco) alle 16:20 del 4 febbraio 2015 ha scritto:

In una bacheca dove imperversa l'esterofilia, una bella proposta italiana di folk d'autore ci può stare e ci deve stare ... in tal senso va pure il mio apprezzamento per le valide scelte del recensore Giorgio Zito che fa bene ad insistere con caparbietà su certe realtà musicali che hanno bisogno solo di un minimo di attenzione per piacere ed ottenere il riconoscimento che meritano.

Il valore aggiunto di Apologia è la cura dei testi, la loro profondità concettuale che quasi distraggono dai gradevoli arrangiamenti musicali ... il disco è di impatto immediato, ma non istiga al facile consumo o all'accantonamento perché ogni ascolto si arricchisce di nuovi spunti di riflessione anche grazie alle parti di parlato narrativo.

Questa Piccola Orchestra Karasciò è proiettata ad ingrandire il suo "autodimensionamento" perché, quando si ha voglia di dire, le cose da dire non mancano.

Per l'atmosfera generale e le assonanze, mi ricordano i VillaZuk, un bel gruppo delle mie parti, che propongo soprattutto all'attenzione di Zito ...

...ove non lo conoscesse, gradirà sicuramente!