Benjamin Biolay
Negatif
Ah, la France. Che paese di stronzi. Parere del tutto personale, sia chiaro. Eppure qualcuno, come il sottoscritto, li immagina tutti affacciati sulle Alpi, con i loro nasini all’insù a giudicare il nostro paese. Provate a parlare dell’Italia e degli Italiani con un Francese: improvvisamente vedrete affiorare sul suo viso perfetto un sorrisino ironico, un ghigno a metà tra la bonaria disapprovazione e il curioso divertimento. Più o meno lo stesso che potrebbe apparire sui vostri (scuri, irsuti e squadrati) volti mentre guardate un documentario sul bonobo africano. Sarà anche un luogo comune, ma nei luoghi comuni, come nelle voci di corridoio, c’è sempre un fondo di verità. E questo è un altro luogo comune. Insomma, i Francesi sono proprio snob come si dice in giro, e adorano sentirsi superiori a les italiens.
Allora mandiamo loro un segnale di distensione, dimostriamo quanto siamo superiori, non a loro, ma all’eterna diatriba Italia-Francia. Voglio dire, ci sarà qualcosa di interessante anche in Liechtenstein, vuoi che non ci sia in Francia? Basta sforzarsi. Escludiamo il cibo, che potrebbe scapparci da ridere. Escludiamo il vino, che io sono pure piemontese. Escludiamo anche le donne, che lì sbavano per la Bellucci che è nata a San Giustino…
Trovato!
Zinedine Zidane: grande calciatore, anche se adesso passa le giornate a strapparsi le schegge dello sterno di Materazzi dal cranio.
I Daft Punk: anche se oramai non stupiscono più nessuno, il giro di basso di “Around the world” l’hanno inventato loro.
Gli Air: sì, ma dopo “Moon Safari” hanno dimostrato di essere solo degli abili mestieranti.
Ci sarebbero Brel e Brassens, però poi salta fuori il discorso di De Andrè e diventa un casino.
Ci sarebbe Benoit Burello ed suoi Bed, ma non si sentono da un pezzo e sono proprio di nicchia.
Gli Ulan Bator sono mezzi italiani …
Eureka!
Serge Gainsbourg! Un grande autore. Una vita che sembra un romanzo tra cinema, musica e donne bellissime. Uno che durante una trasmissione televisiva per famiglie ci prova con Whitney Houston in diretta gridando “I want to fuck you”. Un personaggio che da noi potrebbe essere paragonato, che ne so, ad Adriano Celentano. Trasversale, ironico, controverso, popolare. Talmente personaggio da far passare in secondo piano la sua magnifica carriera musicale.
Solo che è morto anche Gainsbourg, con il pacchetto di Gitanes in tasca e le mani sotto la gonna di qualche avvenente chanteuse diciannovenne.
Allora beccatevi Benjamin Biolay. Il Serge Gainsbourg del 2000.
Se qualcuno ricorda la “Histoire de Melody Nelson” di Gainsbourg, capirà perché Biolay intitola il suo primo disco “La biographie de Luka Philipsen”, creato in cohabitation con Keren Ann (la sua Jane Birkin), che comparirà anche nel successivo“Rose Kennedy”(2001), prima di dedicarsi alla sua carriera solista.
Nel 2003 Benjamin Biolay decide di fare le cose in grande: sotto contratto con la Virgin Records, scrive, produce e interpreta un doppio album che rappresenta ancora oggi l’apice della sua carriera. Biolay parte da quella fonte inesauribile che è Gainsbourg e avvicina la canzone francese al rock, al pop, al folk e al dub. Pur non possedendone lo stesso fascino maledetto, “Negatif” si spinge laddove Gainsbourg non era mai arrivato, almeno non così direttamente.
“Billy Bob a raison” è un duetto vocale con tanto di slide guitar: sembra Gainsbourg – Birkin in America, invece è Biolay – Mastroianni in Francia. Chiara Mastroianni, italiana, figlia di Marcello, moglie di Benjamin, giusto per rimanere in tema. “La penombre des Pays-Bas” è talmente cinematografica ed orchestrale da sembrare un vecchio classico. Con “Hors la vie” si entra in un bistrot fumoso, Benjamin e Chiara duettano accompagnati da pianoforte e contrabbasso. “Nuits blanches” è forse il pezzo più bello, tema portante di archi e rimshot in controtempo. La melodia è di una semplicità perfetta. “Chaise à Tokyo” si potrebbe ballare in giacca e cravatta, con una coppa di Dom Pérignon in mano. Beats elettronici, pianoforte percussivo e un coro (che ricorda una versione snob di Manu Chao) cantato da Coralie Clement (sorella di Benjamin e titolare di almeno un bell’album solista, “Salle des pas perdus”, tra Francoise Hardy e … Carla Bruni). “Little darlin’” riadatta magnificamente un sample di “Little darling, pal of mine” di Jimmie Rodgers & the Carter Family, con l’aiuto di Dj Wax.
B. B. si muove con agilità anche quando gioca semplicemente con la chanson francese (“Chere inconnue”, “Je ne t’ai pas aimè”), ma stupisce quando allarga gli orizzonti e sfrutta le potenzialità orchestrali della sua scrittura: “Glory hole” ha un incedere dub, lento e indolente, arricchito da una sezione d’archi impressionante per fantasia e per la naturalezza con la quale si amalgama con il tappeto elettronico curato Erwin Autrique e da Biolay stesso.
“La vanitè” è una ballata voce e pianoforte. Classica e affascinante. Solo che al minuto 2:14 parte una piccola bossanova strumentale, contrabbasso e organo impazzito, che purtroppo dura solo cinquanta secondi. “Negative folk song/Boite a musique” ha solo il suono della chitarra veramente folk, per il resto è un altro pezzo di bravura di Biolay, con l’aiuto vocale di Chiara Mastroianni e di una bella sezione di ance (flauto traverso e corno inglese). Alla fine si trasforma in una ninna-nanna che ci porta dritti verso la title-track, il pezzo più intenso: “Negativ” inizia basso e beats elettronici trip-hop (?) a sostegno di voce e piano, poi esplode in un tripudio d’archi e speranze perdute per chiudere come una versione da camera (da letto) degli Air.
Poco importa che alla fine il nostro si lasci prendere un po’ la mano e ci proponga il remix delle prime otto note di “By this river”: uno che non ha paura di Serge Gainsbourg, non si fa certo intimidire da un Brian Eno qualsiasi. E poco importa che la seconda parte dell’album sia meno entusiasmante (c’è ancora spazio per le chitarre folk di “Les insulaires” e l’elettronica incalzante di “Bain de Sang”, il pezzo più audace). Questa volta i francesi la partita l’hanno vinta tutta del primo tempo, dominando. Nel secondo si sono solo divertiti. Altro che calci di rigore.
Che bravi che sono i francesi. Anche se ci prendono un po’ in giro. Ma perché poi? Come si permettono? Prendete il loro Capo del Governo, ad esempio … Va beh, lasciamo stare.
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