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R Recensione

7/10

Kristina Jacobsen

House on swallow street

Circoscrivere il lavoro di una cantautrice attorno alle proprie filiazioni, a questioni di genere (musicale, s’intende) e di solo suono, puo spesso essere un gesto fine a sé stesso. A volte, come accade per Kristina Jacobsen, musicista americana di ispirazione perlopiu country e folk, la musica riesce a ragionare d’altro, di appartenenze, di luoghi, di mescolanze. House on swallow street è il quarto album di Kristina. Kristina si occupa di musica non solo come musicista, ma anche come etnomusicologa e antropologa, portando con sé esperienze ricchissime, come quella che l’ha condotta in una riserva Navajo per vent’anni, dove ha vissuto a fondo la cultura degli Indiani d’America, mescolando la sua voce con quella degli autori del luogo. Mescolanze, radici, folklore, intimismo, con gli occhi della scienziata e dell’artista e con le proprie (e le altrui) corde.

House on swallow street dà vita a un incontro che, soprattutto per noi penisolani, suona genialmente bislacco e che puo essere riassunto nella seguente domanda: cosa accade quando una musicista del Massachussetts va in Sardegna? Nessuno meglio di Kristina puo rispondere, perché nel corso del tempo avreste potuto facilmente incontrarla per le strade di Cagliari (e non solo), città dove ha insegnato Etnomusicologia come visting professor e dove, per l’etichetta sarda Talk About Records, ha inciso il suo ultimo album, una sorta di diario del suo primo anno nell’isola.  

Se delle rondini sarde, come quella che appare nella cover dell’album e, naturalmente, nel suo titolo, testimonia la prima traccia, Terra po approdare (le rondini che sentite cinguettare, sono quelle fuori dalla sua casa - le sentirete di nuovo, alla fine del disco), These cobblestone streets altro non è che una meditazione, in parte in inglese, in parte in italiano, in parte in dialetto sardo, di cosa accade quando si viene da tanto lontano e si incontra un mondo nuovo (simpaticissimi i dialoghi in italiano mimati da Kristina, in spoken words durante la traccia, o espressioni come “Cannonau wash it down”, che suggeriremo presto come nuovo motto universale pre-brindisi). Oltre alla chitarra e alla liturgia folk, affidata a Ignazio Cadeddu, da notare gli interventi d’arco e quelli corali. Tiria è una traccia bluegrass nostalgica il cui testo è stato scritto completamente in sardo, in collaborazione con Matteo Papperi. Cosi Sardinian welcome, con la sua fisarmonica, con la chitarra sarda, con il contrabbasso, con la voce, racconta e traduce il lato festoso e più vivo dell’isola e dei borghi sardi. Racconti sono anche quelli di Reckoning, che si riferisce a un villaggio di pescatori, dal tono tradizionalmente country folk (la collaborazione è con il cantante blues sardo Matteo Leone), e On a rooftop (con Giuseppe Bulla), piu addomesticata al contemporaneo, che ci porta nel caldo di un’estate sassarese. Qui più che altrove si nota la capacita di Kristina di mettere d’accordo stili diversi, quali il folk di tradizione americana, con ritmi (le percussioni “senza bacchetta”) e canti tipicamente sardi (e non solo).

Interessante l’esperimento di Santi sardi, uno dei pezzi-chiave dell’album assieme alle tre tracce seguenti, che vedono la capace voce di Kristina tradurre quelle che sono canzoni tipicamente country in un altro contesto, tanto da riuscire a fare provare all’autrice una sorta di autentica saudade sarda, nella bellissima Semus Torrande, che racconta storie di emigrazioni fuori dalla Sardegna e, quindi, della nostalgia di casa. Carraioru di Ruseddu è stata scritta da Gavino Soro e Raimondo Sanna per la Fontana di Rosello, a Sassari.

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