Ryan Bingham
Mescalito
Per recensire degnamente quest'opera è necessario un cenno biografico sull'artista.
Ryan Bingham (classe 1981), è un ragazzo del sud degli Stati Uniti, cresciuto nelle campagne fra il Texas e il New Mexico. I suoi avevano un ranch, e quando lo perdettero per ragioni finanziarie, tutta la famiglia dovette seguire il padre nei suoi spostamenti in cerca di lavoro. "I miei genitori non erano cattivi. Semplicemente non riuscivano a stare insieme.", avrebbe commentato Ryan. A sedici anni, sua madre gli regala una chitarra. Lui non la prende quasi in considerazione finchè un suo vicino di casa messicano che suona musica Mariachi non gli insegna i primi accordi. Da lì si accende in lui una fiammella che non si sarebbe mai più spenta.
A 17 anni, il ragazzo lascia la scuola, stufo di essere sempre il nuovo arrivato in un altra piccola città.
Di lì a breve fu introdotto, da un gruppo di ragazzi messicani, al mondo dei rodeo: cavalcare tori praticamente allo stato brado, ovviamente in cambio di soldi. Nel giro di pochi anni, Ryan cavalcò centinaia di tori, spostandosi tra Messico e Texas, fratturandosi gambe, dita, costole. Dormendo sul divano a casa di amici o nel cassone del suo camioncino. "I soldi non possono comprare la mia anima, perchè me la sono guadagnata con fatica/perdere la fiducia nella mia famiglia mi ha fatto andare fuori di testa", cita un verso di Southside of Heaven. Proprio nel periodo dei rodeo, nell'ambito di una vita sregolata e precaria, Ryan, spesso in preda alla disperazione, comincia a scrivere canzoni. Sono per lui uno sfogo, un rifugio, un modo per dare forma alla propria sofferenza.
Piano piano, nota che la gente apprezza quello che lui scrive. E se sono disposti anche a pagare per ascoltarlo, perchè non sfruttare la situazione? Ryan comincia a suonare nei bar, e dopo qualche tempo incide un primo album, che però suona artificiale, non spontaneo, come se qualcuno gli stesse dicendo in che modo suonare. La vita va avanti però. Conosce David Byrne dei Talking Heads, lo scultore e musicista Terry Allen, e il cantautore texano Joe Ely, che lo prende sotto la propria ala.
Nel 2007 arriva a produrre l'album in questione, Mescalito.
La scorsa estate, in vacanza in campeggio, io incontro un vecchio critico musicale italiano. Una sera beviamo e suoniamo con altre persone davanti alla sua tenda. Si parla di come nella musica popolare moderna non vi siano più punti di riferimento. Io gli cito Tom Waits per esempio, lui mi risponde che è vecchio. L'unico che sembra all'altezza del ruolo è Ryan Bingham, mi dice. A parte lui, il vuoto. Bingham... Mai sentito nominare.
La mattina dopo questo signore mi chiama nel suo furgone per farmi sentire di cosa stava parlando. Accende lo stereo, parte "Southside of heaven": una voce roca, matura. "Si ma questo ha trentacinque anni" gli dico. "Ne ha venticinque" mi risponde. Rimango allibito, entusiasta. Questo è della stessa pasta di Dylan e Van Zandt. Non ci sono dubbi, è roba seria. Che bello! Finalmente un giovane cantautore con gli attributi.
La musica di Bingham risente ovviamente delle sue influenze: il succitato Bob Dylan, Bob Wills, Marshall Tucker. E della tradizione musicale country e bluegrass del sud USA. Ma senza l'accento provinciale e a volte patetico che spesso caratterizza questi generi. Questa è musica moderna, consapevole, con una solida base tradizionale ma che si contestualizza perfettamente nell'epoca che stiamo vivendo. Consiglio questo disco a chiunque non abbia ancora smesso di cercare autenticità in un mondo di cartapesta.
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