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R Recensione

6,5/10

Mojomatics

You Are The Reason For My Troubles

Un cambio di scansione, uno switch di chitarra, i soliti incastri dei soliti accordi, strazi amorosi per whiskey e polvere roots diretti sullo sfondo, l’interdizione di vecchie aggiunte strumentali e l’inserimento di altre. Amo i Mojomatics anche – e soprattutto – per questo: per la caparbietà con la quale, da molti dischi a questa parte, la ricetta del duo veneto (possiamo dire, almeno stavolta, trevigiano?) si sposti dalle coordinate base in maniera così minimale, a tratti impercettibile, da risultare sempre uguale e sempre diversa. Come lancio la sfida a chiunque voglia raccogliere il mio guanto, nel disconoscere o nel perdere di vista il marchio di fabbrica del blues contadino e del rock’n’roll proto-urlatore condito di semplicità e sporcizia, così invito al gioco delle sovrapposizioni di album in album: non troverete, mood in comune a parte, una sola canzone che sia in grado di sovrapporsi all’altra.

You Are The Reason For My Troubles”, quinto lavoro in studio dei Mojos a quattro anni di distanza (troppi!) da “Don’t Pretend That You Know Me”, esplica in maniera bruciante e sintetica quanto esposto. “In The Meanwhile”, apice del disco, è inconfondibile, languido power pop intrappolato da inflessioni r’n’r e squadrata ritmica beat, scentrato con coraggio in coda da assoli mandati in reverse e pizzicori psichedelici che, più che rifarsi alla cosmica esperienza parallela degli Squadra Omega, ricordano moltissimo le infatuazioni raga del “White Album”. Beatles tirati in ballo non a caso, dato che la composizione di Mojomatt e Davematic si fa meno ispida e scartavetrante, sicuramente più melodica, piana e rilassata del capitolo precedente: “Ghost Story” è puro McCartney nelle strofe e nei collegamenti al refrain, dove si tinge di armonie trasparenti, appena sbertucciate dai tom. Sarà un maggiore controllo sulla propria produzione, o la capacità di intervenire con più fermezza dove desiderato, ma fioccano, al netto dello scarto di maledettismo, le similitudini di passaggio con il nuovo corso dei Movie Star Junkies, il cui recente “Son Of The Dust” ha segnato l’esordio per la Outside/Inside Records, nuova etichetta di distribuzione – nonché ampliamento progettuale dell’omonimo studio di registrazione sito a Montebelluna – di proprietà dei Mojomatics.

Così disquisendo, a conti fatti è la sola title-track la canzone in grado di costruire un solido ponte verso quanto realizzato in passato, con armoniche a bocca dylaniane e slide di americana, trasposizione blues delle staffilate di una lei (la stessa evocata nel titolo dell’album) al cuore del narratore. “Yesterday Is Dead And Gone” illude di trovarsi di fronte ad una versione flower punk del merseybeat inglese, con grappoli di piano a stonare il gancio del ritornello: di fatto la canzone muore a metà, lasciando ampio margine di inventiva alle trame strumentali (assoluta e gradita novità, questa, per il gruppo). Malinconia e rallentamenti sugli scudi (vedi alla voce “Long And Lonesome Day”), generalmente pochi i graffi: quelli rockabilly e bombastici di “Feet In A Hole”, oppure quelli di “Behind The Trees”, circoscritti ad uno sbarazzino ondeggiare yè-yè dall’estetica country, ben lontano sia dalla profonda oscurità di “Rain Is Digging My Grave” – versione demoniaca ed ossessiva del Delta – sia dalla ballata, paciosa nel timbro, accesa nei toni, di “You Don’t Give A Shit About Me” (prezioso mandolino d’apertura incluso nel prezzo).

Ecco perché, in aggiunta, amo i Mojomatics: in meno di mezz’ora a botta tutto trova il proprio, autonomo spazio. Cosa ben rara, non trovate?

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