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R Recensione

7,5/10

Jessica Pratt

On Your Own Love Again

Come per l’esordio (omonimo) Jessica Pratt, classe 1987, va, ispirata, di acoustic folk a cascata. Spoglio, “On Your Own Love Again”: ricorsivo di flussi melodici in fingerpicking, sovrapposti ad un cantato sfumatissimo nella sua apparente linearità: tepore sparso ovunque, sbuffi gallinacei (Joanna Newsom), radi abbassamenti tonali, collante fanciullesco. Sicché, messa a nudo di tenebre (la recente morte della madre; l’amore perduto) su registri sobri, tristezza levigata e levigatura di ogni eccesso; eleganza spontanea scevra di lustrini e abbellimenti ridondanti.

L’home recording diffuso di “On Your Own Love Again” si fa più maturo rispetto ai bozzetti del primo disco: in termini di songwriting la Pratt esce dall’ombra, restituendo composizioni finalmente salde e senza cedimenti; per estetica, impressiona la gestalt dream folk ("Moon Dude") come culla di fascinazioni ‘70s e sfumature psichedeliche (“Game That I Play”), le quali consentono un’immersione ipnotica all’ascolto – la catarsi nella spinta sottopelle del mellotron in “Wrong Hand”, per dire.

Lavora bene, la Pratt, di coretti e armonie assonnate (“Strange Melody”, "Game That I Play"); altresì, nella dinamica delle traiettorie arpeggiate e ritmate, di splendida compattezza dreamy - che donano al disco una tacita fascinazione pop.

Sempre in bilico tra passato imponente (Joni Mitchell, Stevie Nicks primi Fleetwood MacNick Drake, David Crosby) e posa moderna (Bonnie “Prince” Billy, Bill Callahan, Laura Marling), “On Your Own love Again” impressiona per certi apici raggiunti (“Graycedes”, “Back, Baby”) e per personalità - pur nella formalità folk qui proposta. In punta di piedi, un’artista dal futuro, da oggi, già spianato. 

V Voti

Voto degli utenti: 7,7/10 in media su 3 voti.
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Cas 7/10
salvatore 8,5/10
loson 7,5/10

C Commenti

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Cas (ha votato 7 questo disco) alle 9:59 del 6 marzo 2015 ha scritto:

un disco che non riesce ad emozionarmi. per dire, il precedente lavoro della Pratt alle mie orecchie continua a suonare più gradevole.

qui secondo me la grazia compositiva dell'esordio manca, ritrovandosi solo in brani come "Moon Dude" e "Back Baby".

c'è invece tanta atmosfera (straniante, sì), c'è un ragionamento più ardito su successioni di accordi che mi sembrano più complesse ed articolate... però manca l'immediatezza -o, al limite, il colpo di genio- che potrebbe trasformare il disco in un capolavoro...

rimane un lavoro grazioso, nonostante qualche "sbuffo gallinaceo" di troppo ghghghgh

loson (ha votato 7,5 questo disco) alle 9:14 del 8 luglio 2015 ha scritto:

Bella recensione, Mauro. Dall'esordio Jessica Pratt si è ripulita il giusto, ha ampliato gli arrangiamenti senza snaturarsi e, dulcis in fundo, ha complicato ulteriormente le armonie senza rinunciare all'orecchiabilità (a mio parere ha un talento incredibile proprio nella costruzione armonica dei brani, nelle accordature, nei bridge, etc.). Non ti nascondo che percepisco un che di inquietante quando la ascolto, non sono ancora riuscito a capire a cosa sia dovuto. Forse a una distorsione percettiva, nel senso che lei è capace di riassumere in una musica così "minuta" e spartana un sacco di suggestioni anche distanti - il Greenwich Village degli ultimi '50s, la San Francisco psichedelica dei 60s nel suo versante più folk, il cantautorato sofisticato dei '70s, un'attitudine/immagine sui generis molto '00s - e soprattutto con un tale (apparente) distacco emotivo da mandarmi i brividi.