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8/10

Marissa Nadler

Marissa Nadler

Pensate ad una gentildonna di fine ottocento, abbastanza aristocratica ed anticonformista da viaggiare da sola nella sua diligenza, con un baule pieno di vecchi libri e di nuovi spartiti intonsi, per le tratte polverose del lontano west, alla ricerca dei suoni e delle voci della mitica frontiera. Senza paura di sporcarsi le vesti fini ed merlate, né di lasciarsi bruciare i pensieri dalla sabbia e dal sole, dai miraggi e dal sopore che possono creare. Questa è la nuova Marissa Nadler, quella che abbiamo imparato a conoscere con Little Hells e che si riflette con ancor più specchiato nitore nel nuovo album. Non a caso, per la prima volta, porta il suo nome e cognome. Un viaggio musicale alla base del quale è facile rintracciare un’immediata corrispondenza fisica ed esistenziale. La Nadler negli ultimi anni ha effettivamente cambiato domicilio, trasferendosi dall’originario Massachussetts, terra dei primi pellegrini e teatro immaginario ed evanescente delle memorabili di ballate di The Saga Of Mayflower May, alla California. Go west young lady! Lungo la rotta sulla quale il Paese fondato sul diritto alla felicità profuse il suo primo lunghissimo respiro.

Un viaggio lento, cadenzato, profondo, di quelli di una volta, di prima della ferrovia, di prima del motore, che ha dato modo al suo stile di trascendere, a poco a poco, di arricchirsi impercettibilmente, senza mai perdere del tutto quella poetica frugalità che aveva reso, fin dagli esordi, la voce di Marissa una delle più affascinanti e peculiari nella folk renaissance d’inizio millennio. Un alone di pallido lucore filtra ora, con crescente insistenza, dalle cortine del dormiveglia, attraversando le nebbie e i chiaroscuri brumosi; sfumature western (in senso geografico), afrori west-coast e soffici psichedelie arricchiscono il suo dream-folk dall’impianto tradizionale e dalle atmosfere gotiche e vittoriane. Prodotto da Brian McTear per l’etichetta personale della Nadler, la Box Of Cedar, e interamente suonato da lei a quattro mani con Carter Tanton dei Tulsa, l’omonimo è il disco che scioglie definitivamente le potenzialità melodiche insite nella propria scrittura e le sublima in arrangiamenti più vari e cromatici (slide, synth di quelli vintage, tastiere, qualche accordo d’elettrica, qua e là una viola o un vibrafono), sebbene tenui, pennellati.  

L’apice lo tocca probabilmente con “Baby I Will Leave You In The Morning”, vero e proprio capolavoro del nuovo corso, melodia fluente, aperta, sixties, ritornello melò spettacolare che sarebbe piaciuto a Lee Hazlewood, ammaliante, a dir poco l’uso del mellotron che fiorisce in sottofondo e raggiunge cuspidi degne del penetrante leit-motiv di “Kill Bill”. Caliginose atmosfere pop d’altri tempi che diradano pure le perturbanti quinte di synth e cori di “Wedding”, permeano l’epica quasi nashvilliana di “The Sun Always Reminds Me And You” con le sue profonde venature di slide, rasentano Hope Sandoval in “In A Magazine”. Più seriche e solari le tradizionali “In You Lair, Bear” e “Wind Up Doll”, centrate sul suo inconfondibile picking ipnotico e insistito, mentre la contaminazione sonora e lo scarto rispetto al passato si percepisce chiaramente in “Mr John Lee Revisited”, un classico di The Saga Of Mayflower May suonato nel nuovo stile. Le antiche fantasmagorie, i personaggi fantastici, i ritratti dagherrotipici vengono trasfigurati nella deliziosa parure corale di “Daisy Where Did You Go?” e nel country fiabesco e crepuscolare di “Little King”, un racconto per bambini ritmato dal banjo.

La nuova Nadler “californiana” conferma il suo fascino irreale fuori dal tempo - come una signorina con l’ombrellino da sole e la gonna lunga che solletica la battigia a spasso per le spiagge gremite di bagnanti - rendendosi al contempo più accessibile anche al di fuori del circuito folkster. Una farfalla colorata sbocciata dal suo morbido bozzolo.

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Voto degli utenti: 6,9/10 in media su 12 voti.
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C Commenti

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crisas (ha votato 5 questo disco) alle 1:03 del 4 luglio 2011 ha scritto:

In questo sito volano 8 come foglie in autunno. Rimango perplesso. A parte "Baby, I Will Leave You In The Morning", canzone interpretata discretamente da Marissa Nadler, 'tutto il resto è noia '.

Filippo Maradei alle 13:08 del 4 luglio 2011 ha scritto:

E il tuo compito qual'è, fammi capire bene: ridimensionare il tutto facendo volare altrettanti 1, 4 e 5?

Lezabeth Scott (ha votato 8 questo disco) alle 13:17 del 4 luglio 2011 ha scritto:

La madre delle polemiche (sui voti) è sempre in cinta...

Roberto (ha votato 8 questo disco) alle 19:26 del 4 luglio 2011 ha scritto:

Grande artista. Grande album (per chi, come il sottoscritto, l' ha comprato ed ascoltato più volte tutto). Punto.

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 15:16 del 5 luglio 2011 ha scritto:

Bell'almum davvero: ispirato, sincero, delicato e sentito come nella migliore tradizione folk. Molto, molto bella anche la recensione! D'accordo su tutto, anche sulla questione degli arrangiamenti, mai, in passato così variegati e curati a sorreggere una scrittura eccelsa, magari non ai livelli del suo giustamente celebrato capolavoro, ma veramente notevole. Grande Simon (da laggersi alla francese con la nasale finale)

simone coacci, autore, alle 15:40 del 5 luglio 2011 ha scritto:

RE:

Ghghgh sei troppo carino, merci...

gull (ha votato 7 questo disco) alle 17:44 del 7 luglio 2011 ha scritto:

Che classe Marissa, che classe! Non riesco a scrivere altro, la sto ascoltando adesso e ne sono rapito....

NathanAdler77 (ha votato 6 questo disco) alle 18:27 del 15 luglio 2011 ha scritto:

Sempre brava e fascinosa Marissa, ma un certo manierismo compiaciuto è dietro l'angolo (il tono da Nancy Sinatra noir di "Baby, I Will Leave You In The Morning" proprio non mi convince)...Belle "Alabaster Queen" e "Daisy, Where Did You Go?". Un passo indietro rispetto a "Little Hells" e "Songs III".

gull (ha votato 7 questo disco) alle 18:22 del 17 luglio 2011 ha scritto:

Anche a voi "In a magazine" ricorda un pezzo dei Nirvana da "Nevermind"? Non mi viene il titolo....

In ogni caso, questo disco contiene svariate canzoni memorabili, a partire da "Pupper master" e "Wind up doll".

Due o tre riempitivi non possono mutare il mio giudizio di fondo. Sono molto più vicino al parere di Simone Coacci che a quelli negativi (o comunque freddini) che ho letto un pò ovunque. Per il voto ripasserò a breve...

jackforjack (ha votato 7 questo disco) alle 21:28 del 17 luglio 2011 ha scritto:

ottimi arrangiamenti e il uso della voce è divino. la sua musica è sempre valida e si ritaglia uno spazio imprescindibile per le ballate.

target (ha votato 6 questo disco) alle 13:33 del 31 luglio 2011 ha scritto:

Marissa è sempre Marissa, con gli arricchimenti di cui ben dice Simone, ma secondo me qua il livello della scrittura è meno ispirato rispetto al passato. Alle mie orecchie il disco carbura con troppa lentezza, si eleva con "Baby I Will leave you" e sta su buonissimi livelli nella parte centrale (altra chicca "Wind Up Doll"), per poi calare di nuovo (carina "In a magazine"). Minore rispetto a ogni sua cosa, "Little Hells" incluso.

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 11:41 del 9 settembre 2011 ha scritto:

Questa "gentildonna aristocratica ed anticonformista, dalla voce peculiare ed affascinante", è autrice di una raccolta di canzoni folk perlopiù ordinarie, ma arrangiate con classe. E si sa la classe non è acqua (in questo caso io direi spesso rosolio eheh). Anch'io nel complesso preferisco il precedente, che mi pare abbia più canzoni sopra la media (in questo sicuramente sopra la media lo è Baby I will leave you in the morning).