V Video

R Recensione

8,5/10

American Music Club

California

La California sarà anche la patria del sole, dei costumi attillati di Baywatch e di Hollywood, ma secondo me non tutti se la passano bene da quelle parti.

E' sufficiente fare due conti per non contraddirmi: la celebre e fastosa terra dei beach party negli ultimi decenni ha partorito i padri del metal più estremo (gente che inneggia alla dissolvenza nel nero, o parla di "uccidere tutti"), l'hardcore più furente e nichilista, e pure un manipolo di musicisti folk introversi, malinconici e torvi come una stanza in cui hanno appena spento il fuoco.

Mark Eitzel padroneggia l'ultima schiera con i suoi American Music Club; e non può essere un caso se il suo capolavoro si intitola proprio "California": uno schiaffo potente a tutti i luoghi comuni sulla terra del divertimento, perché evidentemente smarrimento, desolazione e inverni cupi esistono anche laggiù.

Gli American Music Club sono Nick Drake catapultato dalle campagne piovose della Gran Bretagna alle praterie immense e luminose del Far West, o forse fra le luci saettanti delle metropoli della west coast. E molto altro ancora, perché il campionario di Eitzel non si fa mancare nulla: l'eleganza incupita di Cohen, il sospiro allucinato di Neil Young, qualche ombra psichedelica a farsi largo fra le maglie di un folk scarno, compatto, morbido (reminiscenze Buckleyane che si materializzano un po' ovunque).

Il risultato è toccante, apre la strada alla mestizia ancor più nera di un Mark Kozelek, e forse anche all'immobilismo inquieto e paludoso di molti fra i musicisti slow-core che verranno: giusto per fare qualche nome, pur nella enorme distanza che separa i riferimenti e le fonti, gli Slint di "Washer" o i Codeine di "Frigid Stars".

"Bad Liquor" è un folk-blues-rock che si nutre dei sixties e poi li frantuma che è una bellezza, anche perché la voce di Etizel graffia e si incarta molto più del solito.

"Blue and Grey Shirt" è così raffinata che sembra voler dare un suono al respiro, mentre si libra con sfumature vagamente psichedeliche e mette sul piatto un testo da capogiro, immagine sbiadita di party di fine estate a base di malinconia:

"I sat up all morning and I waited for you

With my blue and grey shirt on

Yeah I thought that's my lucky one

I'll sit and face the road now

I don't have a heavy load now

I got nothing to keep me hanging around here

From now on"

Anche "Firefly" si innalza piano piano in una melodia classica giusto un filo più movimentata della media, e dimostra ancora una volta che Eitzel è fra i pochi che sanno combinare testi e composizione per ricavarne il meglio. Con "Highway 5", invece, ci si muove in direzione Talk Talk, rivisitandoli in chiave folk americana: la base armonica lentamente si annulla, mentre la musica è talmente rarefatta da dissolversi.

L'impressione finale è la stessa che lasciano gli importanti nomi di cui sopra: musica solenne che mette in mostra i crepacci dell'anima; gentile, elegante e capace di esorcizzare le stesse inquietudini che riesce ad evocare. In fin dei conti, una musica grandiosa nella sua dolce timidezza.

Non pensate di divertirvi troppo, dunque: anche se la festa è ancora nel vivo, Mark s'è già messo la sua maglia blu e grigia, e vi aspetta tutti al varco.

V Voti

Voto degli utenti: 8,6/10 in media su 6 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
4AS 9/10
NDP88 8,5/10

C Commenti

Ci sono 6 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

nebraska82 (ha votato 8 questo disco) alle 12:49 del 17 settembre 2012 ha scritto:

Preferisco i Red House Painters ma e' indubbio che sia stato proprio EItzel a spianare la via a Kozelek e in generale a tutto il cantautorato low profile degli anni 90. Disco eccellente, anche se a mio parere gli american music club si supereranno su "everclear". perfetta la recensione.

benoitbrisefer alle 10:06 del 22 settembre 2012 ha scritto:

Disco straordinario e struggente. Vorrei ricordare che lo stesso Eitzel ha annoverato fra le sue fonti ispirative i Joy Division... chissà se un improbabile "unplugged" di Curtis e soci avrebbe suonato più o meno così?

FrancescoB, autore, (ha votato 8,5 questo disco) alle 21:23 del 22 aprile 2013 ha scritto:

Felice che piaccia (anche se riscontro l'apprezzamento con imperdonabile ritardo). Mark merita di essere riscoperto e celebrato senza tante storie.

4AS (ha votato 9 questo disco) alle 18:50 del 23 aprile 2013 ha scritto:

Praticamente perfetto, raramente ci sono così tanti capolavori in un solo disco. Presi singolarmente, alcuni brani dei Red House Painters sono addirittura superiori, ma questo riesco ad ascoltarlo tutto senza appesantirmi. Irripetibile.

FrancescoB, autore, (ha votato 8,5 questo disco) alle 20:27 del 23 aprile 2013 ha scritto:

Si è una sfida di quelle toste. Forse "Down Colorful Hill" è ancora più grande, ma qui si vince davvero all'ultimo respiro.

NDP88 (ha votato 8,5 questo disco) alle 15:24 del 17 luglio 2015 ha scritto:

Antispettacolare, di pochi mezzi ma di grande effetto. La California non è mai stata così autentica.