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R Recensione

7,5/10

Andrea Piccioni

Tamburo e Voce

Andrea Piccioni è riconosciuto come uno dei più importanti maestri del tamburo a cornice. La sua lunga attività e le collaborazioni con musicisti di tutto il mondo l’hanno portato a conoscere in maniera approfondita suoni e stili di altri generi musicali e di altre tradizioni, passando dal folk al jazz, dalla musica antica a quella contemporanea, riuscendo a interpretarli in maniera personale e fonderli con quelli del sud Italia. Oggi questo lungo percorso porta il percussionista romano, a dodici anni di distanza dalla pubblicazione del suo primo disco solista, alla pubblicazione del nuovo album “Tamburo e Voce”. Un nuovo capitolo del suo viaggio nella musica, in cui ancora una volta è protagonista il tamburello, accompagnato da una serie di strumenti a percussione e cordofoni dalle provenienze più diverse: da quelli della nostra tradizione popolare (tamburello, tammorra, tamburo, marranzano, castagnette) a quelli provenienti da altre regioni del mondo, senza temere l’elettronica e i samples, usati sempre con sapienza. Come ricorda il titolo del disco, alla base ci sono il tamburo e la voce: tamburi a cornice utilizzati non solo come strumenti ritmici ma anche melodici, e una voce che rimanda alla tradizione, alle radici della nostra cultura.

A cominciare da quel “Canto sul tamburo per la Madonna delle galline”, la canzone che ricorda il più importante rito tradizionale del paese di Pagani (cittadina in provincia di Salerno). Qui Piccioni da solo, voce, tammorra e samples, ci restituisce un’interpretazione eccellente di questo brano, che ci fa rivivere tutta l’atmosfera di un rito tradizionale, che affonda le sue radici nel passato. Sempre da solo, in “Saltarello” unisce due brani tradizionali del Lazio per creare una nuova composizione: colpiscono le splendide atmosfere che riesce a creare solo con voce, tamburello e samples, tra folk, world, elettronica, tra passato e presente. L’elettronica si unisce in maniera intelligente agli strumenti più antichi, creando quei suoni affascinanti che ritroviamo anche in “Maremosso”, dove Piccioni mette da parte il tamburello e si circonda di strumenti di altre tradizioni (il bendir, un tamburo a cornice originario del nord Africa e l’ocean drum) e di strumentazione elettronica, creando un tappeto di suoni affascinanti e misteriosi, sul quale si adagia la bellissima melodia del sax di Pierfrancesco Mucari.

Frunni DAlia” è un altro testo tradizionale con musica di Piccioni, aiutato dal turco Yinon Muallem: i suoni arabi dei suoi strumenti a corda (oud e cümbüÅŸ) s’incontrano con la tradizione del nostro sud Italia (marranzano e tamburo), creando un brano che unisce le due culture in maniera sorprendente, a dimostrazione di quanto vicine esse siano. Incroci di culture, in cui gli strumenti acustici creano atmosfere evocative, come in “Kira”, brano strumentale aperto dalle note del marranzano, che vede Piccioni accompagnato dai suoni del pandeiro brasiliano e del berimbau africano suonati da Matthias Haffner. Sono invece i suoni arabi e mediorientali delle corde del dutar persiano di Sirojiddin Juraev che si uniscono al tamburello di Piccioni in “Qustor-Zulf”, brano scritto dal musicista persiano in cui i due forniscono prova della loro grande abilità, facendo interagire i loro strumenti riempiendo il brano con una cascata di note e suoni.

Molto interessante anche notare come il bellissimo sax di Pierfrancesco Mucari interagisca alla perfezione con tutti questi strumenti antichi e tradizionali, come nel brano autografo “Catharsis on Jhaptaal”, un incrocio tra folk e jazz con Piccioni al bendir, che lo stesso autore descrive come un atto d’amore per la musica afgana e indiana, e in “Braci”, una veloce tarantella dove, oltre al bendir e al sax, troviamo anche la chitarra battente di Vincent Noiret.

Quello che emerge infine dall’ascolto di “Tamburo e Voce”, oltre alla grande competenza e perizia tecnica del suo autore, e la sua conoscenza della musica a 360 gradi, è la visione della musica popolare non come rivendicazione identitaria, ma come vero e proprio incontro di culture.

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