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R Recensione

7/10

Angelo Branduardi

Il rovo e la rosa – Ballate d’amore e di morte

Nel presentare questo suo nuovo lavoro, Angelo Branduardi lo descrive come il punto d’incontro fra la sua produzione più pop ed il suo lavoro di ricerca sulla musica antica. Un mondo, quello della musica antica, che il cantautore lombardo conosce come pochi altri suoi colleghi italiani, e che frequenta con competenza e passione fin dagli esordi della sua carriera. Alcuni dei brani presenti in questa raccolta infatti li esegue da sempre, ma le versioni proposte in questo caso sono le più fedeli possibili all’originale, sia per le musiche che per i testi. Si tratta di un patrimonio culturale molto particolare, quello che si riferisce alle ballate anglo – scoto – irlandesi del periodo elisabettiano, qui tradotte in italiano in maniera pressoché perfetta da Luisa Zappa, tranne la famosa Geordie, ripresa nella versione di Fabrizio De André, ed il brano iniziale, Baidin Fheilimi che Branduardi canta in gaelico. Aperta dal violino, è questa una ballad cadenzata, quasi una filastrocca dall’aria molto medievale, che arriva dal XVII secolo, e che racconta di un naufragio. Una classica canzone di mare, come la seguente Lord Franklin, una lenta ballad sottolineata da un violino discreto e dagli arpeggi della chitarra, storia vera Sir John Franklin e del suo equipaggio che nel 1845 naufragarono tra i ghiacci del Polo Nord.

Storia vera è anche quella tragica di Mary Hamilton (condannata a morte per aver ucciso il piccolo figlio), che qui troviamo in una versione filologicamente corretta, dove la voce di Branduardi è accompagnata dalla chitarra di Maurizio Fabrizio e dall’armonica di Fabio Treves. Brano tra i più conosciuti del genere (esiste una bella versione di Joan Baez), è una ballata che risale probabilmente al 1700, e racconta di fatti accaduti nel 1500. Altra ballad famosissima è quella di Lord Baker. Qui il tema è l’amore, promesso e, a distanza di anni, mantenuto, nonostante le distanze e gli avvenimenti della vita. La voce di Katia Astarita si unisce a quella di Branduardi, per interpretare i due protagonisti del racconto (come già fece Sinéad O’Connor nella sua versione con Christy Moore). Una balla diffusa in tutta Europa, Italia compresa, come è tipico di molte di queste canzoni, che giravano per l’Europa portate dai trovatori, e di paese in paese cambiavano lingua e nomi dei personaggi, per raccontare però sempre fatti molto vicini al sentire comune dei popoli.

Come l’amore contrastato che supera tutte le avversità, compresa la morte, di Barbrie Allen. Altra ballad famosissima, che ha oltrepassato i confini europei diffondendosi anche in America. Qui, nel finale del brano, troviamo uno dei luoghi comuni più diffusi delle ballate popolari europee. I due amanti, separati in vita, si ritrovano sepolti fianco a fianco, e dalle loto tombe nasceranno due fiori, il rovo e la rosa, che si intrecceranno. Brano a cui Branduardi dimostra di essere molto legato, tanto da prendere da qui il titolo del disco. L’immagine dei fiori che nascono sulla tomba e andranno ad unirsi per sempre, a simboleggiare l’amore che vince sulla morte, o il bene che vince sul male, è una immagine talmente forte e impressa nello spirito popolare europeo, che la ritroveremo per tutti i secoli futuri, anche in situazioni diverse, come nella più celebre canzone partigiana italiana, Bella Ciao.

Famosissime anche le tre ballate qui ricomprese in una splendida Suite Per Arciliuto E Voce. Sono Geordie, Scarborough Fair, e Greensleeves. Per la prima Branduardi prende l’adattamento che ne fece Fabrizio de André, ma con una costruzione melodica fedele all’ipotetico originale. Scarborough Fair, portata al successo internazionale da Simon & Garfunkel, arriva da una ballata scozzese (The Elfin Knight) del 1600, come la altrettanto famosa Greensleeves (ne esiste perfino una cover di Olivia Newton John), riportata qui in una versione delicata e toccante.

Dame, cavalieri, re, pescatori, guerrieri, miti e creature immaginarie, amori e tradimenti, un mondo apparentemente lontano e fantastico, ma reale, ed usato dai trovatori per raccontare storie comuni, entrate nel patrimonio culturale europeo. Storie che rivivono in questo disco grazie all’interpretazione intensa e consapevole di Branduardi. Storie tramandate di paese in paese e di generazione in generazione, fino ai nostri giorni, creando una base da cui sono nate le canzoni popolari moderne, da William Shakespeare a Bob Dylan (eclatante il caso della sua A Hard Rain's A-Gonna Fall, più che ispirata dalla famosa ballata Lord Randal), a dimostrazione che l’Europa non è una invenzione di qualche politico, ma una realtà, almeno dal punto di vista culturale. Spiega Branduardi: su questi titoli ho voluto compiere un lavoro di distruzione e ricostruzione, non solo musicale ma anche a livello del testo, per riportarli ad una versione filologica e nello stesso tempo inedita. Obiettivo perfettamente centrato.

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Giuseppe Ienopoli (ha votato 6 questo disco) alle 0:33 del 23 gennaio 2014 ha scritto:

... il disco non sfigura nella vasta produzione del menestrello, ma forse evidenzia una difficoltà attuale di Branduardi in termini di innovazione di sonorità e di temi proposti ...