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R Recensione

7/10

Bert Jansch

From the Outside (2016 reissue)

Registrato in Danimarca e pubblicato nel 1985 in Belgio, “From the Outside”, quindicesimo album in studio del cantautore scozzese Bert Jansch, rappresenta una piccola gemma del folk.  Ai pezzi originali del 1985 sono stati aggiunti quelli della ristampa del 1993, per arrivare ad una edizione definitiva che forse intende tracciare un vademecum (postumo) all’opera di Jansch, e magari riportarlo alla ribalta del XXI secolo, soprattutto nei confronti di chi – per età od ignoranza – non lo ha mai sentito nominare. La specificità di quest’edizione sta proprio nel remaster dai nastri originali degli anni ’80, che restituisce all’ ascoltatore un piacevole gusto vintage. Certo, il folk, al pari del blues, è un genere ostico, e qui può apparire cascante e querulo quanto mai. Ma “From the Outside” rappresenta un caso più unico che raro in Europa, proprio perché si presenta come un disco americanissimo (il debito verso Bob Dylan è praticamente onnicomprensivo), lontano dalla tradizione del vecchio continente.

Jansch possiede un’elegante semplicità in pezzi come “Sweet Rose”, “Read All About It”, “Get Out of My Life”, “Silver Raindrops” o “High Emotion”, e questo album rappresenta un osanna alle sonorità essenziali eppure estremamente efficaci. Difatti, brani come “I Sure Wanna Know”, “Change the Song” e “This Is an Old Friend” destano sorpresa, risultando freschissimi e lasciando intendere che Jansch ha certamente fatto parte degli ascolti giovanili di ogni Mark Kozelek. Così, in tutti i quindici brani del disco, Bert Jansch si mette letteralmente a nudo – soprattutto nelle rarità discografiche di “Blackbird in the Morning” e “River Running” –, evitando inutili ricami, fuggendo la maniera, mondando la composizione di ogni orpello, e lasciando che il suo songwriting emani la purezza dello stato d’animo dell’uomo, dell’artista.

La cura è tutta per gli accordi e le parole, come negli arrangiamenti minimali di Alan Sparhawk. Non a caso, la trinità di Jansch è rappresentata dalla chitarra, dal banjo e dalla voce: tre elementi – primitivi – che restituiscono appieno la figura di un cantautore malinconico e poetico, combattuto, stilisticamente innovativo, scomparso troppo presto. Nel mio immaginario, Bert Jansch rappresenta il naturale proseguimento di Nick Drake, un artista da tenere sempre a mente.

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