R Recensione

7/10

Comaneci

You A Lie

Se l’Emilia era (è) paranoica, la Romagna cos’è? Altro, di sicuro. Le sue malinconie sono più caserecce, le sue province nebbiose sciolgono le angosce in fiabe impalpabili, il suo popolo freak tiene sempre qualcosa del giocoliere. Romagna ipnotica, forse: capace di intontire e di meravigliare. I Comaneci, di base ravennate, travestendo di America profonda i loro italianissimi paesaggi, ci danno un disco prezioso, da assaporare con preferenza nelle moltissime province ipnotiche d’Italia.

Ridotti a un duo (Francesca Amati, voce, chitarra classica, tastiera; Glauco Salvo, chitarra elettrica, banjo), i Comaneci, dopo l’ep di quest’estate (“Girl Was Sent To Grandma’s In 1914”), sorta di test di auto-valutazione per apprezzare il grado di affiatamento e per sondare i territori esplorabili, sembrano aver trovato con questo “You A Lie”, dove aggiungono alle cinque tracce lì presenti altri sei pezzi, il loro equilibrio. Si viaggia nella dolce caligine di un folk intimistico e scarno, ravvivato dalla voce meravigliosa della Amati (molto folksinger americana, con toni caldi quasi black) e dagli interventi calibrati e mai fuoriluogo di Salvo. Sebbene partecipino membri del Madcap Collective (Bob Corn) e altri nomi di spicco della scena indipendente italiana tra folk e rock d’autore (Pete Cohen dei Sodastream, Paolo Gradari degli Amycanbe, Mattia Coletti, mentre la produzione è affidata a Bruno Dorella, anima di Ronin e Bachi Da Pietra), l’impressione è che le sagome del duo si muovano solitarie in affascinanti sfondi di cartapesta.

Sfondi variabili, quelli di “You A Lie”, tra l’idillio rustico e un paesaggio brumoso da murder ballad. Più scuri sono i pezzi già noti, nei quali Salvo inonda i racconti della Amati con cenni vagamente noisy, per effetti sinistri che a certa spersa subprovincia italiana (dove spesso ai due piace esibirsi) si attagliano alla perfezione; da citare, almeno, la psicotica “On My Path”, tutta raccolta in un breve giro di classica iterato e nelle interpolazioni sconnesse dell’elettrica (notevoli anche il climax dark-folk di “Promise” e “Not”, con sferzate distorte da incazzatura repressa). Il resto del disco scorre nel complesso su toni più distesi. Salvo si limita ad arpeggi delicati e a tocchi lievi, quasi sottovoce, a popolare di piccole delizie sonore i bozzetti a due accordi della Amati: da “Green” (in cui compare, eccezione, una batteria spazzolata) a “Like” (con piano: Shannon Wright si aggira nei paraggi), da “Satisfied Girl” e “Radiation” (alleggerite entrambe dal banjo) alla ninna-nanna che trasforma la dolcezza in inquietudine di “Sleep Baby Sleep”, sembra di essere immersi in una favola lillipuziana color pastello. 

La sensazione, in realtà, è che i Comaneci rendano al meglio quando spingono sugli effetti drogati, perdendosi in un folklore fuori dal tempo e dalle sottili venature noir. Certo, qui dimostrano di sapersi esprimere meravigliosamente nell'arte dell'haiku (con cui qui raggiungono piccole vette di perfezione, come nella “A Pair Of Glasses” che apre il disco): il prossimo passo, azzardo, potrebbe ambire a una poesia di più ampio respiro (un romanzo in versi, à la Decemberists?), dando più ampiezza alle storie e ai crescendo strumentali. L’intensità del loro suono, già matura, potrebbe esplodere.

Myspace

"Green"

V Voti

Voto degli utenti: 4/10 in media su 2 voti.
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Zorba 7/10

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