Laura Marling
Song For Our Daughter
A vederla tutta in fila, la produzione artistica di Laura Marling (trentanni compiuti lo scorso 1° febbraio: quando si dice che il tempo vola, e non è una bella sensazione), verrebbe quasi il sospetto di aver peccato di eccessiva condiscendenza, di aver esercitato il lusso dellelogio una volta di troppo, non fosse altro che per gli apprezzamenti che spiccano il volo da un disco ad un altro, per le scintillanti chiamate al capolavoro che ne irrorano trasversalmente la carriera. Lo si ha, il dubbio, un momento in cui si rivaluta il proprio gusto estetico, le proprie capacità critiche, leffettiva bontà della scrittura di Laura o, chissà, tutte queste cose assieme. Poi, però, la diafana bionda di Everley decide, alla maniera di un Ophüls, che è tempo di risospingere baroccamente la giostra della vita e di battezzare lingresso ufficiale nelletà adulta con un disco, il settimo (ah, gli incastri numerologici ), di cui tutto si può dire tranne che sia barocco, eccedente, sfarzoso: un disco, Song For Our Daughter, che ha il merito di ricordarci come Laura Marling sia, per distacco, la migliore songwriter della sua generazione.
Qualche trivia, in maniera non sistematica: la matura e policroma esplorazione del femminino nello splendido Semper Femina (2017), la curiosa deviazione folktronica di LUMP (2018), liscrizione ad un master in psicoanalisi, la lettura del classico contemporaneo dellafroamericana Maya Angelou (Letter to My Daughter, 2009, una raccolta di saggi brevi dedicati ad una figlia mai avuta) che ispira titolo e concept del nuovo full length, scritto e registrato in solitudine nello studio della propria casa londinese. Infine limprevisto, la pandemia, la forzata clausura e la scelta, in netta controtendenza, di pubblicare i nuovi brani in digitale con un anticipo di quattro mesi sulla data duscita inizialmente prevista. Sembrano le tessere di un puzzle inconscio, rimasto celato sino allultimo. Eppure non è un caso che, nel disco più asciutto ed antologico mai partorito dalla propria penna, Laura includa una serie di canzoni che alla possibilità di un futuro diverso (non necessariamente migliore: diverso) alludono più e più volte, con la nuova e matura consapevolezza di una giovane donna che in poco più di una decade di attività è già stata ragazzina imbronciata, giovane prodigio, nuovo standard e sperimentatrice di classe.
Song For Our Daughter scopre delle carte a suo modo ancora inedite: quelle della cantastorie (più o meno) solitaria che, in un contesto di immacolato minimalismo, trasla tutta una serie di influenze scoperte del passato remoto e recente. Melodicamente superbo e insolitamente ricco, a dispetto di unessenzialità di mezzi mai abbracciata prima (ma è nei dettagli che il diavolo ci mette la coda: crepuscolari parabole ellissoidi di archi e slide guitar nella woolfiana Hope We Meet Again, controcanti gospel nel toccante singolo Held Down e tra le impronte pianistiche di Only The Strong), il disco incrocia le fresche fascinazioni black di Semper Femina con il folk inglese sessantiano, Laura Nyro e Joni Mitchell, un continuum di isoglosse stilistiche che arrivano a lambire la lezione dylaniana, il moderno cantautorato femminile (Alexandra) e il country pallino del redivivo Ethan Johns (eccezionale lo spaccato narrativo e vagamente autobiografico di Strange Girl, con tanto di rimbrotto affettuoso alla protagonista: Build yourself a garden and have something to attend / Cut off all relations cause you could not stand your friends / Announced yourself a socialist to have something to defend / Oh, young girl, please, dont bullshit me). E anche se a tratti lintrospezione diaristica si fa troppo pronunciata (il bozzetto nymaniano di Blow By Blow suona in perenne bilico tra commozione ed esagerazione), cè qualcosa di profondamente emozionante in ciò che Laura canta, suona, esprime: la pungente eleganza del manifesto della title track (Lately Ive been thinking about our daughter growing old / All of the bullshit that she might be told / Theres blood on the floor / Maybe now youll believe her for sure), il fonodramma della separazione sentimentale nella drammatica The End Of The Affair e, infine, i mumblin dialogici nel conclusivo epitaffio in punta di piedi (da For You lievitano arpeggi roots e persino un harmonium).
Disco da leggere, ascoltare, assaporare, lasciar decantare: il mondo potrebbe anche finire domani e non importerebbe granché. Laura è sola, ma dietro di sé ha unarmata: larmata che solo chi è stato baciato da un talento purissimo e incorruttibile può sfoderare con orgoglio.
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