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R Recensione

6,5/10

Riserva Moac

Babilonia

Molise Africa Cuba. Una miscela che a qualcuno strapperà un sorriso, per via dell’insolito accostamento, e a qualcun altro farà domandare: «Ma la Riserva Moac che fine ha fatto?». Presto detto. La band campobassana, dopo ben sei anni di quasi assoluto silenzio discografico, è tornata con un disco molto diverso dai precedenti. In “Babilonia”, pubblicato il 15 ottobre per Bayla Records, la Riserva ha contaminato il proprio sound di ritmi balcanici e beats elettronici, lasciando intatta quella potenza sonora che, soprattutto nella dimensione live, l’ha resa autorevole. Intatto è rimasto pure il concept etnomusicale, ideologico, etico del progetto Moac: ovvero il glocal in luogo del no-global, senza per questo apparire troppo seriosi. A dar man forte alla formazione molisana c’è la sessione di ottoni della Bukurosh Balkan Orchestra, e non solo.

Il disco, nella sua assoluta coerenza musicale, è paradossalmente eterogeneo, nel senso che contiene venature asian dub in “Komba Bomba”, costruzioni eminentemente balkan in “Babilonia” e “Balkoscenico”, briose aperture all’elettronica in “Jackpot” (feat. Erriquez della Bandabardò), la patchanka manonegrista di “Festa Social Global Underground” (feat. Big Roma), reminiscenze caposseliane in “Alcolizzato Sentimentale”, sculettamenti sudamericani in “Regina Del Samba”, persino accenni rap in “La Verità” (feat. Master App) o sgambate ska in “Fight Club”. Questo coacervo di declinazioni sonore è il vero punto forte di “Babilonia”, assieme alla sempre efficace mistura vocale maschile-femminile di Pacha Mama e Maya. Precisa pure la cura nel mixing e nell’editing, nonostante gli strumenti registrati siano stati molteplici: fisarmonica, flicorno, chitarre, mandolino, sax, eufonio, banjo, clarinetto, basso, percussioni, dobro, tuba, elicone, batterie.

Dalle gore di quell’universo sinistrorso che negli ultimi vent’anni ha partorito tanti bravi artisti (99 Posse, Bandabardò, Modena City Ramblers, ¡Folkabbestia!, Ratti della Sabina ecc.) la Riserva Moac è tornata con un disco tanto maturo quanto rischioso, ma non per questo meno ballabile. In fondo è questo l’obiettivo che i riservisti perseguono: indurre le persone ad aprire la mente senza smettere di fare baldoria. Con tanti saluti dalla regione che non c’è!

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