Salvo Ruolo
Canciari Patruni 'Un E' L'Bittà
1) Cenni di storia contemporanea: l' 8 Luglio del 1943 gli Alleati, in nome dell'Alleanza, bombardarono il Teatro Coppola di Catania. Quel teatro, che dal 1821 aveva rappresentato un riferimento storico e culturale importante per la città, è rinato solo nel 2011 grazie all'impegno di un gruppo di autori, musicisti, tecnici e cittadini comuni, che hanno occupato il teatro e lo hanno riconsegnato alla collettività. Tra i tanti artisti che hanno supportato l'iniziativa, ricordiamo Cesare Basile, uno dei primi occupanti.
2) Cenni di storia moderna: nel 1860 il Regno delle Due Sicilie entrò a far parte del Regno Sardo Piemontese. La società della Sicilia preunitaria era una società in movimento, partecipe delle trasformazioni avvenute nel corso del XVIII e XIX secolo, che portarono alla transizione dalla feudalità al mondo borghese. A differenza della Sardegna, La Sicilia aveva avuto un ruolo storico e politico influente e per questo aveva riconosciuto con difficoltà l'egemonia partenopea e l'accorpamento delle "due Sicilie". Gli storici fanno risalire a questo periodo (il Risorgimento siciliano) la nascita del separatismo e dellindipendentismo sfociato poi nellautonomia.
C'è bisogno di un ripasso sui libri storia per comprendere il concept da cui nasce "Canciari patruni 'un è l' bittà". Ed è il minimo che si possa fare, considerando che il suo autore - il cantautore Salvo Ruolo - ha studiato per cinque anni la storia della Sicilia e la lingua siciliana antica per raccontarci una storia che non conoscevamo, cancellata dalle sovrascritture di quella dei vincitori, che hanno volutamente nascosto le malefatte dei Garibaldi, dei Savoia e dei Cavour. "Canciari patruni..." nasce nella rinata fucina artistica del Teatro Coppola di Catania e si avvale della collaborazione di molti artisti siciliani coinvolti in quella esperienza come Cesare Basile (che produce), Massimo Ferrarotto, Marcello Caudullo, Carlo Natoli, Alicja Jo Rabins (dei Girls in Trouble) e Sebastiano Damico. E' un disco che racconta quella Sicilia in chiave folk, usando un linguaggio musicale personale e terragno per argomentare una storia che è strettamente legata alle radici culturali del suo autore.
"Passannanti", primo singolo estratto, racconta in forma rock la figura di Giovanni Passannante, anarchico che attentò alla vita di Umberto I nel 1878 e che impazzì incatenato in galera. E l'utilizzo del rock associato al folk è la matrice musicale di tutto il disco, che affianca brani vicini a certe cose di Fabrizio De Andrè ("A Buttana" ha la dolcezza di Marinella e lo spirito orgoglioso di Bocca di Rosa) a escursioni a base di banjo e slide guitar che sembrano provenire dall'altra parte dell'Atlantico. "Re Pitu" racconta il pianto delle Reputatrici e dei Reputatori, pagati per piangere ai funerali in modo da rendere onore al morto ("Non c'è amore senza canto / e non c'è morte senza pianto"), ed è bellissimo il lamento del violino ad accompagnare una ballata che sembra prendere spunto dalla lontana tradizione country. La stessa cosa accade con il mandolino e il banjo che raccontano di "Mariuzza Izzu" (stuprata e uccisa dai soldati piemontesi perché è meglio "restare brigante che cattivo soldato dei Savoia") come potrebbe fare Townes Van Zandt, e con la furia pianistica di "Buttita e Balistreri", così legata alla tradizione siciliana eppure così vicina a Tom Waits (e anche qui il testo merita una citazione: "Tu Ascaro infame che te ne fotti / se il servo guarda e il padrone mangia / che tendi la mano solo quando c'è qualcosa da prendere").
Ma in questo disco le distanze si accorciano, la Sicilia diventa l'America e poi il mondo, e quello squarcio - mai cicatrizzato - di storia d'Italia diventa il paradigma e il simbolo di tanti popoli e delle loro storie, di tutte quelle volte in cui la parola "libertà" è stata usata al posto di "cambiare padrone".
"Ma sa missa fu' cantata / e a favola cuntata / e facisti puru tri jonna di fistinu / bi dicu ca u malutempo / 'n dura tuttu un tempu". Ricordiamocelo.
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