R Recensione

8/10

Smog

A River Ain't Too Much To Love

La bruciatura sulla copertina di “A river ain’t too much to love” , 12° album di Bill Callahan aka Smog ci introduce bene alle emozioni che si provano ascoltando le dieci canzoni di questo grande album .Quella bruciatura sul foglio bianco come a rappresentare ciò che le nostre emozioni ed esperienze lasciano dentro di noi …

Dischi come questo non parlano il linguaggio del vocalizzo rock a presa istantanea o del giro di basso wave che ti prende e ti lascia dopo tre minuti. Album come questo crescono col tempo , con la polvere che si deposita sul disco,col silenzio che respira nelle canzoni , con la dilatazione dei nostri ricordi legati ad esse. Dopo anni di esperimenti in chiave folk lo-fi che hanno portato a dischi cardine della discografia “callahiana” quali “Wild love” , “Red apple falls” , “Dongs of sevotion” ,” Knock knock” , e dopo la svolta più spigolosa e sperimentale di “Rain on lens” e “Supper”, ecco spuntare questo album che può essere un buon riassunto delle passate esperienze.Ad accompagnare il nostro troviamo la compagna di etichetta Joanna Newsom ed il batterista dei Dirty Three Jim White , ed il risultato sono dieci brani a loro modo semplici ma vibranti di vita, che riescono a non scadere nella depressione pur trattandosi di lavoro tutt’altro che primaverile.

La canzone che apre il disco e’ forse una delle più belle, Palimpsest, il vocione possente di Callahan che sembra osservare i paesaggi della propria solitudine e, con l’ausilio di una spettrale chitarra acustica, in 1.36 minuti prepara il terreno ad una memorabile Sky valley maker che riesce a far salire il cuore in gola ,con un finale stranamente rock dopo una partenza scheletrica ..

Si torna poi al suono più spigoloso con The well , per finire nel walzer col cuore in mano di Rock bottom riser , in cui ad accompagnare le melodie di joanna newsom sono le bellissime parole "I love my mother/ I love my father/ I love my sisters too/ I bought my guitar/ To plead my love/ To pledge my love to you" buttate fuori con la classica e vibrante voce di Bill . Si passa poi a I feel like the mother of the world , canzone dalla quale e’ stato tratto anche" il videoclip con la ragazza bionda", uno dei più struggenti clip mai visti …

Proseguendo nella seconda parte dell’album , forse più “normale” della prima, troviamo In the pines, traditional attribuito a Leadbelly eseguito con indolenza mista a reverenza, Drinking at the dam con la sua andatura ondivaga e malinconica , il country sonnolento da domenica pomeriggio di Running the loping , il rimembrare di I’m new here (bellissimo il testo), per gettarsi nelle braccia della conclusiva e nervosa Let me see the colts .

Ancora una volta Smog si riconferma uno dei migliori autori di american folk degli ultimi vent’anni , e a noi non resta che attendere la prossima conferma del suo talento narrativo e chissà , magari un’altra metamorfosi….Intanto ci culliamo con questi dieci gioielli, colonna sonora perfetta per quando abbiamo voglia di silenzio….

V Voti

Voto degli utenti: 8,5/10 in media su 7 voti.
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george 8/10
Zorba 10/10

C Commenti

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Asidrec (ha votato 9 questo disco) alle 17:44 del 25 maggio 2007 ha scritto:

Un'opera che se ti entra dentro non ti lascia per mesi.

Lewis Tollani (ha votato 9 questo disco) alle 12:40 del 11 luglio 2007 ha scritto:

Rock Bottom Riser

Dopo (insieme) a Julius Caesar, è il meglio partorito dal genio Callahan... bella recensione

fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 14:38 del 11 giugno 2008 ha scritto:

L'inizio

I primi 6/7 minuti di quest'album sono da infarto

Sono d'accordo anche con Lewis su Julius Caesar, un album che molti ritengono ridicolo, per me contiene uno dei pezzi più belli di sempre: "Your Wedding"