R Recensione

10/10

Cocorosie

La Maison de Mon Reve

Pare si sia già detto tutto quel che si poteva dire sulla vita delle due sorelline Sierra e Bianca Casady, ricondotta più volte la loro funzione musicale a motore iniziale della scena neo-folk, (insieme al compagno di fede Devendra Banhart), cavalcati tutti i pettegolezzi sul legame amoroso di Banhart con la sorella minore Bianca, e, soprattutto, è stato analizzato con migliaia di recensioni e interviste il modo in cui le sorelle sono riuscite a creare un piccolo terremoto nella scena indie. Allora perché rischiare, con l’ennesimo studio minuzioso dell’ utilizzo di giocattoli musicali, messo in scena nel loro album, di essere solo prolisso strumento di tortura per il lettore?

Resta la speranza, che la teoria della relatività d’impressioni e di gusti sia ancora effettiva e la convinzione che lo sbalordimento provocato dall’album, (e qui non si parla di restare semplicemente senza parole, ma di rimanere letteralmente ammutoliti davanti ad un’epifania musicale mistica e misteriosa) possa essere in qualche modo incanalato nella ricerca di significati e parole nuove per raccontare un’ esperienza fortemente individuale.

È difficile diagnosticare con precisione i sintomi che provoca il primo ascolto delle Cocorosie ed esprimere all’effetto dell’ascolto di La maison de mon rêve. Il mito delle due sorelle americane Sierra, la maggiore (dell’Iowa) e Bianca (nata nell’Hawai) è di breve gittata: a lungo separate, nel 2003 si sono ritrovate a Parigi per chiudersi insieme nell’appartamento di Sierra per strimpellare e cantare insieme nel bagno con un registratore con quattro tracce: così narra almeno la favola. Due mesi dopo le due sorelle partoriscono la La maison di mon reve. Il resto è noto.

Poco dopo la pubblicazione nel 2004 le Cocorosie vengono inserite i nuovi personaggi manifesto della scena del revival folk newyorkese. Quella scena, etichettata con numerose label da neo-folk, weird America, freak folk, fino a queer folk (come piace al gusto del critico della scelta) tenta di evocare un folk ancestrale con nuovi elementi, spesso bizzarri o stravaganti. Devendra Banhart stesso preferisce – magari per il karma - parlare della sua “famiglia”. Ed è lui, esoterica mascotte e devoto di Vashti Bunyan, a stare al centro del movimento, mentre attorno a lui si riuniscono i suoi illustri amici e compagni di musica – la sua cosìdetta famiglia - Vetiver, Faun Fables, Animal Collective,Antony & the Johnsons, the Espers, Joanna Newsom e, appunto, le Cocorosie.

Si rivela però insoddisfacente comprimere i Cocorosie nello scheletro del neo folk. La loro musica sfugge i confini di una stretta lettura in chiave folk (discorso analogo vale d’altronde per l’affascinante Antony Hegarty), che non rende merito all’inclinazione dolcemente sperimentale delle due. Innanzitutto, le Cocorosie si legano alla tradizione di dimestichezza con melodie, voce, e campo musicale infantile, influenzato principalmente dalla giovane Björk, e rievocato, per certi versi, nel modo di cantare da bambina di Joanna Newsom. Le Cocorosie però, sono tutt’altro che sempliciotte lolitas. L’ascolta di La Maison De Mon Rêve esprime un ideale punto d’incontro tra le polverose sonorità jazz (è forte l’influsso di Billie Holliday) ed un moderna estetica lo-fi, segno dell’ immensa creatività delle sorelle. La loro musica è la felicissima combinazione di strutturi tradizionali melodiche, due voce bellissime (quella di Sierra più matura, proveniente dal mondo dell’opera e quella di Bianca, più eccentrica e rauca), samples elettronici, insieme ad una marea di strumenti insoliti (una macchina da popcorn, una caffettiera, il cantare di un gallo, tanto per citarne alcuni) filtrati attraverso una fascinosa eccentricità.

Fin dall’inizio l’ascoltatore viene proiettato in un’atmosfera mistica e fiabesca, in cui non si sa mai cosa aspettarsi dalla prossimo traccia. Le canzoni delle Cocorosie sono inquietantemente belle, fragili caleidoscopi di momenti ed atmosfere, bizzarri frammenti di parole e suoni, voci, preghiere. La musica emana uno splendore opaco e le orecchie rimangono come Petrarca dopo l’apparizione di Laura: disarmate, innamorate, scosse. Uno di questi momenti incantevoli è ”Good Friday”, che stupisce con una leggera, ma profondamente espressiva dolcezza, sfiorando il lato migliore di una romantica naivité, che è provocata soltanto dai teneri sospiri del ritornello, dalla morbidezza delle voci delle due sorelle, che ci cullano sospinte dagli sbuffi di una caffettiera che pare una vecchia locomotiva , a sospingere il suo fumo verso l’eternità.

Si tratta però di una delle tante facce delle Cocorosie. L’aspetto innocente e naîf è il più appariscente, ma si rivela presto come sottile superficie. I testi svelano un grande talento narrativo e lirico, una forte inclinazione per il simbolismo e la poesia, che viene messo in scena con i primi toni del disco dal stupendo “Terribile Angels”. Il mistero delle canzoni, espresso sempre in nuove sfumature, può essere la chiave del segreto del fascino del disco, variando soltanto dal tono, ironicamente provocatorio in “Jesus loves me” e „By your side“ (And for a diamond ring, I'll do these kinds of things / I'll scrub your floor, Never be a bore/ And all I want with my life, Is to die a housewife), bramoso e sensuale in „Butterscotch“ e “Madonna“, esotico in „Tahiti Rain Song“. Appaiono lievi e tenere, ma, ad un ascolto più attento, rivelano il fascino della loro contraddittorietà, indicando sotto la superficie di dolci melodie, impervi abissi umani, come nell’ultima canzone “Lyla” che racconta di una piccola bambina che viene “derubata” della sua infanzia, in “Jesus loves me” ( Jesus loves me, but not my wife, not my nigger friends, or their nigger lives / But jesus loves me /That's for sure,'cause the bible tells me so ) o nel devoto eppure blasfemico Madonna“.

Ed allora, come si fa a metter in parole una stravaganza così? Sono indecifrabili e sibilline queste Cocorosie. Non ci saranno mai vocaboli a sufficienza per rendere appieno l’idea di un fenomeno musicale del genere. E noi, instancabili, non potremo fare a meno di riprovarci ancora.

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Voto degli utenti: 6,9/10 in media su 8 voti.
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REBBY 6/10
tecla 7/10
gramsci 6,5/10

C Commenti

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luca68 alle 13:56 del 18 febbraio 2010 ha scritto:

5 stelle?

tutto è opinabile,

ma sembrano eccessivo,

un buon disco da sette, voto 8 per l'originalità

ma fa fatica a prendermi

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 14:31 del 30 agosto 2011 ha scritto:

Molto, molto bello. All'epoca gridai al miracolo, ma anche oggi resta un album di tutto rispetto. Incantevoli good friday, by your side, terrible angels, lyla. Poi la caduta abissale...

forever007 (ha votato 9 questo disco) alle 15:09 del 3 gennaio 2013 ha scritto:

Sublime, grazie per avermelo fatto scoprire