Pearls Before Swine
Balaklava
"Dischi del genere, meritano una caccia spietata", così Bertoncelli, nel suo glorioso Pop Story, sintetizzava oggetti non ben identificati come Balaklava, o come Indian War Woop degli Holy Modal Rounders, o ancora come Starsailor di Tim Buckley e qualcun altro (dei quali si avrà modo di raccontare qualcosa).
Certo è che Balaklava disegna un arabesco unico, probabilmente sognato da molti artisti del folk rock ma che a nessuno, nel mondo un po' futile del pop, è riuscito preciso e delineato nei contorni, profondo, brillante e sognante all'ascolto, come ai Pearls Before Swine (le 'perle davanti ai porci' di evangelica memoria) di Tom Rapp. Il disco è del 1968, seconda uscita per i PBS, dopo un ottimo esordio su orme dylaniane.
E non si vuole entrare nei dettagli delle diverse tracce o della tromba iniziale che incita alla carica alla famosa battaglia che dà il titolo all’album, ma sottolineare la vena visionaria e mistica di chi ha avuto l’idea e l’ardire di andare così oltre, trattandosi, tutto sommato e con estremo rispetto, di canzonette.
L’incipit, in effetti, c’introduce in un sogno, dove non si può altro che sognare, dove, dopo aver annusato l’odore di ciò che è da evitare: la guerra, l’odio dell’uomo verso l’uomo, si è portati per mano, come bambini in un parco dei divertimenti, a bearsi delle visioni di come potrebbe essere la vita e, forse di come è, se la si guarda e vive in un certo modo.
Le nostre guide, in questo viaggio immaginifico, sono il vento e le rondini, le onde del mare sul bagnasciuga e i tramonti, il sole tiepido di primavera e i sorrisi di bambini festanti: un sogno!
Sono visioni del paradiso, non c’è dubbio, e i titoli dei brani fanno riferimenti a immagini di aprile, a carrozze tralucenti, ad angeli custodi, ad appestati e rose… insomma il misticismo trasuda da tutte le tracce; ma non si tratta di mistica di maniera, fatto a bella posta per l’hippie medio americano del periodo, Tom Rapp ci crede (basta dare un’occhiata al resto della sua carriera artistica, dove peraltro produrrà anche buone cose ma mai riuscirà ad avvicinarsi alla bellezza estrema di Balaklava): è davvero pieno d’amore per l’uomo e per il mondo.
Le musiche, tutte filtrate da un vento caldo che quasi addormenta, sono violini e chitarre acustiche, organi sognanti e percussioni improbabili, effetti d’eco e campanellini e soffi celesti, le stesse musiche che ci possiamo immaginare sulla nostra nuvoletta personale, quando, novelli angioletti, ci andiamo a fare un giretto in aria.
Chicca: una stupenda versione di Suzanne di Leonard Cohen.
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