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R Recensione

5/10

Eddie Vedder

Ukulele Songs

Di Eddie Vedder, al di là delle sue doti di cantante e musicista, abbiamo sempre apprezzato il lato umano, il profilo discreto e defilato, quel suo modo onesto e colloquiale di porsi in pubblico. Una specie di anti-Bono così poco populista e pieno di sé anche quando, da rockstar affermata, si è fatto portavoce di questioni politiche e sociali. D’accordo, sono tutte cose che con la musica c’entrano fino a un certo punto, ma aiutano a definire lo spessore della persona e del personaggio e la considerazione in cui lo teniamo. Più volte, anche su queste pagine, abbiamo auspicato una svolta che lo portasse ad abbracciare con maggiore convinzione la carriera solista su quel versante indie, acustico e cantautorale per cui ha sempre denotato una certa propensione e che oggi ci appare nettamente più congeniale rispetto al rock di mezz’età a cui s’è (auto)relegato nei Pearl Jam. Invece il 46enne nativo di Chicago e “cittadino onorario” di Seattle, nonostante gli attestati di stima e i buoni risultati (anche commerciali) fin qui conseguiti, sembra volersi ostinatamente sottrarre agli oneri e agli onori del suo primo album “vero e proprio”. Non lo era fino in fondo il pur pregevole “Into The Wild” (2007), che alternava canzoni fatte e finite a brani strumentali concepiti in funzione delle immagini del film e dunque difficili da valutare in assenza di esse e non lo è, per vari motivi che andremo ad analizzare, neppure questo “Ukulele Songs”. 

Una collezione di bozzetti e scarne canzoncine tenute insieme dal filo conduttore della voce - rassicurante, carezzevole - di Vedder accompagnata quasi esclusivamente con lo strumento del titolo, l’ukulele, chitarrina hawaiana dal suono fievole ed esotico, di cui il cantante ci aveva già dato un piccolo saggio in “Soon Forget” contenuta nell’album “Binaural (2000) dei Pearl Jam. Una raccolta di pezzi, scritti da Vedder nel corso degli anni più una manciata di cover, suonati e registrati in un clima casalingo, divertito, piuttosto ozioso, in definitiva, e senza tante pretese. L’uso ricorrente, nei testi e nei titoli, di parole come “sleeping”, “night” o “dream” rafforzano l’impressione di trovarsi di fronte a lullaby o filastrocche estemporanee più che a un repertorio folk o pop. A questo vale la pena aggiungere che il timbro esile ed acuto dell’ukulele fatica spesso ad amalgamarsi con la voce profonda e flessuosa del cantautore, che le melodie ricalcano in più d’un occasione linee già tracciate in passato con il gruppo storico e che la scrittura, in un formato così minimale e atemporale, si rivela, ad un ascolto reiterato, un po’ piatta e ripetitiva. In brani come “Can’t Keep” e “You’re True”, ad esempio, l’esecuzione ha un approccio decisamente ritmico, quasi un rock denudato fino al midollo, e non per nulla la prima non è altro che la versione per voce e ukulele del brano di apertura del già non indimenticabile “Riot Act”; come pure a certe ballad dei Pearl Jam fa pensare la melodia di “Light Today” (accarezzata dalla risacca del mare in sottofondo). Altrove, invece, il taglio folkish dà luogo a serenate al chiaro di luna, più sdolcinate che realmente introspettive, come “Goodbye”, “Broken Heart” o “Longing To Belong”, dove la presenza discreta del violoncello non varia di molto il canovaccio lillipuziano. Niente di che, insomma, Eddie ha fatto e può fare molto meglio di così. L’idea che si sia preso una sorta d’ideale vacanza da progetti più seri e che non ci stia mettendo tutto questo impegno è confermata anche dal fatto che i brani più riusciti di questo (chiamiamolo) concept sono cover di Tin Pan Alley: l’arietta classic blues anni 20/30 di “More Than You Know, la tenera e struggente “Sleepless Night”, il suono a 78 giri di Tonight You Belong To Me con il sempre gradevole miagolio di Cat Power in controcanto (ricambiando forse il favore che Eddie le fece in “Evolution”, su “You Are Free”, anche se lì, è superfluo sottolinearlo, stavamo su ben altro livello), “More Than You Know” o l’autografa, ma nello stesso stile, “Sleeping By Myself”.

Un po’ pochino per giustificare, al di là dello sfizio personale, il senso dell’intera operazione. Noi continueremo ad aspettarlo, comunque, fiduciosi che prima o poi possa darci questa soddisfazione.

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MinoS. 4/10
gigino 6/10

C Commenti

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4AS alle 15:42 del 4 giugno 2011 ha scritto:

Il disco non l'ho ascoltato quindi non sono in grado di giudicarlo (difficilmente troverò la voglia di ascoltare Vedder...). Però mi chiedo: perché nell'introduzione parli di anti-Bono? Cioè alla fine che differenza c'è tra loro due? Entrambi sono straricchi, entrambi hanno contratti milionari con le rispettive major , entrambi continui a vederli in tutte le televisioni nonostante ormai abbiano poco da dire in termini musicali... Io non capisco questo tentativo di fare categorie: quelli buoni da una parte (Vedder) quelli cattivi dall'altra (Bono). In base a cosa si può stabilire che Vedder sia il buon samaritano e Bono sia Giuda? Forse perché il primo è più capellone, barbone e ha un'aspetto più "popolare" e invece l'altro va in giro con gli occhiali firmati? A scanso di equivoci, non voglio fare polemica né tanto meno difendere Bono...

Dirty Frank alle 17:23 del 4 giugno 2011 ha scritto:

commento a margine

Forse perchè Eddie non si espone così in maniera diretta per ciò che riguarda le questioni politiche o sociali? Il punto è questo: perchè denigrare l'atteggiamento responsabile dei musicisti nel momento in cui offrono la loro voce ad una giusta causa? Insomma, se giudicare Bono un falso è esercizio di tutti, immagino che ne abbiate una conoscenza personale.

E poi ci lamentiamo che la musica non è più impegno civile, che gli anni '60 li abbiamo dimenticati.

p.s. Vedder in tutte le tv me lo devi far vedere scusa! Dai su...

ozzy(d) alle 17:55 del 4 giugno 2011 ha scritto:

beh ad esempio i pearl jam sono stati anni lontano da MTV non facendo video, e nel periodo di massima fama; i concerti li facevano non appoggiandosi agli usurai di ticketmaster che praticano prezzi da strozzini per i fan. bono si è sempre impegnato in tante cause nobili ma sempre facendo modo di avere la massima visibilità personale, penso simone alludesse a questo. comunque il disco non mi è piaciuto, ben altre le vette raggiunte da into the wild, alla prossima eddie.

simone coacci, autore, alle 19:20 del 4 giugno 2011 ha scritto:

RE:

Grazie Gulliver. è esattamente quello che intendevo dire. Mi pareva che: a) fosse chiaro b) non vi fosse alcun elemento denigratorio nè nei confronti di Bono nè in quelli di Vedder, ma evidentemente mi sbagliavo. Ho parlato di un profilo caratteriale, di un modo di porsi, ho detto di preferire, a titolo strettamente personale, l'uno all'altro, non ho lanciato accuse di fraudolenza contro nessuno.

The musical box (ha votato 9 questo disco) alle 20:26 del 4 giugno 2011 ha scritto:

evidentemente non è stato capito come da molti in altri siti o riviste lo scopo e il senso di questo disco. Eddie, amante dell'ukulele, ci regala 16 melodie tra cover nuovi pezzi e vecchie incisioni che riescono a toccare il cuore. Nessuna evoluzione ma semplicemente la capacità davvero rara di emozionare attraverso uno strumento apparentemente insignificante e una voce poetica come poche nella storia della musica

ozzy(d) alle 12:16 del 5 giugno 2011 ha scritto:

questo è un disco che come tu stesso dici si basa tutto sulle emozioni, quindi l approccio è molto più soggettivo del solito. mi sembra inutile lamentarsi del fatto che non venga capito allora......vedder ha fatto grandi cose in passato, ma questo è un progetto un po' troppo sfilacciato. ci sono le emozioni, ma se mancano le canzoni non ci si puo' far molto.

swansong (ha votato 4 questo disco) alle 11:10 del 6 giugno 2011 ha scritto:

Noioso..

Mi spiace perlar male di Vedder (detto per inciso, fra lui e Bono, c'è un abisso in tutti i sensi. Basta poco per rendersene conto direi e certo non mi riferisco ai loro conti in banca, fra i quali, forse, c'è un abisso pure lì!), ma questo lavoro solista non mi convince per nulla. Lo trovo veramente monotono e poi, l'ukulele, in sottofondo su qualche canzone vabbè, ma quale elemento portante di tutto un album diventa proprio un tedio..

4AS alle 13:28 del 6 giugno 2011 ha scritto:

RE: "detto per inciso, fra lui e Bono, c'è un abisso in tutti i sensi."

Un abisso mi sembra eccessivo. Tutto sommato il confronto non è tra i Genesis e Paolo Meneguzzi, ma tra 2 band importanti. Questione di gusti. Cmq quello che volevo far notare è che le considerazioni che vanno oltre la musica (l'unica cosa che si può realmente giudicare, basta avere le orecchie) le trovo superficiali perché troppo spesso non basate sui fatti. Non so cosa fa nel privato Vedder, non lo conosco. So solo che ha appoggiato alcune cause nobili (lo fa anche Totti e, ahimè, pure Edoardo Costa), ma è un po' poco per stabilire lo "spessore della persona" al di fuori delle sue capacità musicali. Bono indubbiamente ha deluso molto con la questione del fisco, ma rimane il fatto che nessuno di noi può stabilire con certezza quanto ci sia di vero e quanto ci sia di falso nelle sue presunte "opere pie" . Detto questo, la recensione è ottima e mi sembra obiettiva. E mi sono pure messo ad ascoltare il disco (alla fine ho trovato la voglia...). Lo trovo noiosissimo, persino più degli ultimi U2. Questione di gusti.

swansong (ha votato 4 questo disco) alle 16:03 del 6 giugno 2011 ha scritto:

Lo trovo noiosissimo, persino più degli ultimi U2. Questione di gusti.

L'hai detto..perchè vedi, nemmeno io a priori ho alcun tipo di pregiudizio nei confronti dei due artisti, nè delle due band. Quello che contesto agli U2, a Bono, non è tanto che gli ultimi lavori siano brutti, ma che siano "finti", prodotto di un'immagine riflessa (la loro) che si specchia sui desideri delle radio e delle TV. Non c'è null'altro nella loro musica e nei loro spettacoli, solo finzione! Quello che respiro, invece, negli album dei PJ e nei loro concerti, ancora oggi, è un'attitudine più "vera", riescono ancora ad incarnare, pare, e nonostante siano arcimiliardari, l'epopea del gruppo rock come piace a me: niente fronzoli o effetti speciali, solo tanta musica e, live, improvvisazione. Voglio credere almeno che sia così e che loro siano come li vedi (guarda, se non lo hai fatto, il dvd "Immagine in Cornice") e non un prodotto di marketing come sono invece, da molti anni, gli U2..

luca_hagakure (ha votato 7 questo disco) alle 13:49 del 10 giugno 2011 ha scritto:

sicuramente non è un capolavoro, ma io lo trovo molto bello. è vero, c'è sempre l'idea di un non finito, del fatto che vedder non sfrutti le sue potenzialità fino in fondo, ma èbello anche per questo. resta tremolante e un pò oscuro, il che contrasta con uno strumento particolarissimo come l'uku. sicuramente lo consiglierei, non fosse per altro per la caratura artistica di eddie vedder

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 20:44 del 15 giugno 2011 ha scritto:

No, non è un capolavoro, specie se paragonato alla scrittura ben più incisiva della colonna sonora di Into The Wild, un disco (formalmente) perfetto. Qui si respira infatti un'aria di perpetuo work in progress, di brani terminati ma non del tutto, di sfizioso album di raccordo, quasi di divertimento. L'uso dell'ukulele non sposta più di tanto le coordinate di quello che, a conti fatti, è un classicissimo disco di folk americano, dagli immarcescibili incastri di accordi in minore e arpeggi a ruota libera. Tuttavia io lo trovo (ancora) emozionante. Sarà la sua voce, che proprio non riesce a lasciarmi indifferente, saranno brani come "More Than You Know", saranno gli archi in "Longing To Belong". Sarà. Però per me è 7. Pieno. Senza che Cat Power condizioni più di tanto. Bravo Simone!

gigino (ha votato 6 questo disco) alle 15:06 del 27 agosto 2011 ha scritto:

Per soli veri Fan

In assoluto spiace ammetterlo, ma è noioso. Sarà apprezzato (ed io lo apprezzo) solo dai veri Fan.