V Video

R Recensione

7,5/10

Jim O'Rourke

Simple Songs

Capita, a volte, che certi incontri mettano in discussione alcune certezze importanti. Come quella volta in cui il sottoscritto e "Mister 30elode" decisero di preparare insieme un esame universitario. Io, che fino ad allora mi reputavo un genio, leggevo, sottolineavo e scrivevo. Ed ero convinto che lui, per ottenere l'ennesimo 30elode, facesse altrettanto per un periodo di tempo superiore. L'equazione era matematica. Il mio potenziale 27 contro il suo ineluttabile 30elode con applauso e genuflessione. Non consideravo le risorse di partenza, la genetica. C'era del metodo, certo, ma dietro il metodo c'era il genio. Mister 30elode se ne stava seduto, con il libro aperto sul banco, un foglio sulle ginocchia e una matita in bocca. Dopo un pomeriggio di studio il libro intero era transitato attraverso il suo cervello ed era stato depositato sul foglio sotto forma di una decina di righe collegate attraverso frecce e misteriosi simboli. Guardando quel papello scarabocchiato a matita sentenziò: "Il giorno prima dell'esame mi leggo questo e siamo a posto". Siamo a posto un cazzo amico mio, io ho 45 pagine di appunti da studiare.

Ecco, più o meno Jim O'Rourke dev'essere un tipo così. Metodico, preparato e professionale come tanti altri, ma con la scintilla del genio sempre pronta ad illuminarne le intuizioni. Lo dimostrava già agli inizi degli anni '90, quando con l'amico David Grubbs (e qui bisognerebbe aprire un capitolo a parte) spingeva la Chicago post-rock verso l'avanguardia jazz e la sperimentazione. E quel genio divenne conclamato (ed acclamato) nel 1999, quando virò verso un pop "artistico" e "sofisticato" esclamando e facendo esclamare un "Eureka!" di soddisfazione. E la stessa significativa ispirazione la ritrovammo pochi anni dopo in chiave rock. Era il 2001 è l'album si chiamava "Insignificance". Da quel momento il Jim O'Rourke "popular" aveva definitivamente lasciato il posto allo sperimentatore, al produttore, all'avanguardista. Seguirlo è diventato un'impresa: collaborazioni con Mats Gustafsson e Nurse With Wound, il periodo con i Sonic Youth (suonava, produceva, mixava) e quello con i Wilco, il trasferimento a Tokyo alla ricerca di nuovi stimoli e nuove collaborazioni, un paio di capolavori "alternativi" ("Two Nice Catholic Boys" con Loren Connors, "Unreleased?" con i Fire!) e una piccola finestra strumentale lasciata aperta nel 2009 con "The Visitor".

Proprio da lì, da quell'unica traccia che rivendicava tutta una serie di paternità musicali (sui Grizzly Bear, ad esempio) riparte il Jim O'Rourke cantautore. I colori e lo sfondo della copertina sono gli stessi, ma se in "The Visitor" potevamo vedere solo una sedia vuota, adesso Jim è seduto e fuma rilassato. Così rilassato che si concede (e ci concede) una manciata di "Simple Songs". Semplici si fa per dire, perché non dimentichiamoci che questo è "Mister 30elode", e quindi scrive tutto con una grafia raffinata e precisa, citando gli anni'70 ("All Your Love") e la loro influenza contemporanea (il pop colto di "Half Life Crisis"), concedendosi piccoli esercizi di stile come a dire "senti, è facile!" ("Friends with benefits"), usando gli archi per ricordarci la sua passione per Burt Bacharach ("Hotel Blue") e limando gli arrangiamenti con sapienza per riportarci indietro a quegli anni meravigliosi. Quelli che ci hanno lasciato almeno un cantautore geniale, in grado di avvicinarsi ai grandi del passato (c'è l'anima di David Bowie in "Hotel Blue"), creando canzoni "difficili" ma perfette come "End of the Road" e lasciandocele li, scarabocchiate su un foglio di carta stropicciato.

V Voti

Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 7 voti.
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B-B-B 7/10
REBBY 6,5/10

C Commenti

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Cas alle 11:18 del 30 giugno 2015 ha scritto:

alla faccia delle canzoni semplici!

ottima recensione, e ottima la disanima di Jim O'Rourke (un genio trasandato, sì), uno dei più grandi compositori in circolazione. qui se ne esce con un canzoniere chamber pop colmo di virate che sanno di prog, di musica contemporanea, ma sempre incanalate in un godibilissimo easy listening. si conferma l'incredibile sensibilità melodica, sempre trapelata anche nelle produzioni più sperimentali (si prenda lo stupendo "I'm Happy, and I'm Singing, and a 1, 2, 3, 4").

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 0:23 del 30 maggio 2016 ha scritto:

Immagino il titolo sia ironico, visto che il canzoniere qui proposto è alquanto sofisticato.